Il documento, siglato con uno scarabocchio illeggibile sotto la dicitura Società Cremasca Reti e Patrimonio, è stato inviato nei giorni scorsi tramite posta certificata oltre che a loro anche al legale che li rappresenta e a tutti gli altri sindaci soci della società messa in liquidazione.
“Possibile che nessuno si sia preso la responsabilità del contenuto?”, si chiedono i diretti interessati, ovvero Marco Arcari sindaco di Ticengo, Rosolino Bertoni di Palazzo Pignano, Luca Cristiani di Casaletto di Sopra, Gabriele Gallina Soncino, Antonio Grassi di Casale-Vidolasco, Nicola Marani di Salvirola e Attilio Polla di Romanengo. “Un dettaglio, ma sono i dettagli che fanno la differenza. In questo caso – aggiungono nella nota inviata alla stampa – il dettaglio darebbe un nome e cognome all’interlocutore, che invece così resta fantasma.”
Lasciando quindi all’avvocato il compito di “disquisire a livello tecnico e giuridico su quanto affermato dallo sconosciuto estensore del testo”, i sette si concentrano sull’ultimo capoverso della lettera, di valenza “politica”, nel quale il fantomatico estensore scrive: “Con la presente Scrp diffida i Recedenti (chissà perché nell’originale in maiuscolo, corsivo neretto) e i relativi esponenti nel reiterare attività mediatiche a discredito di Scrp, siccome dal porre in essere condotte ostative al proseguimento dei pubblici interessi sottesi all’attività sociale”.
“Quali sarebbero le azioni ostative e quali i pubblici interessi sottesi all’attività sociale di Scrp?”, s’interrogano perplessi; rilevando al contempo “l’ossessione e il disappunto di Scrp di leggere sui media le vicende che la coinvolgono”. Rammentando come già lo scorso luglio l’allora presidente di Scrp aveva risposto con lo stesso tono “d’avvertimento” al sindaco di Casaletto di Sopra, che in assemblea aveva sollevato alcune osservazioni in merito alla gestione della società.
“Per ora, in Italia – commentano – esiste ancora la libertà di espressione e chi ha scritto la lettera si rassegni al fatto che altri non siano d’accordo con lui e lo affermino pubblicamente. Non esiste ancora il pensiero unico.”
“Per ora, in Italia – commentano – esiste ancora la libertà di espressione e chi ha scritto la lettera si rassegni al fatto che altri non siano d’accordo con lui e lo affermino pubblicamente. Non esiste ancora il pensiero unico.”
“Da parte dei sottoscritti – precisano – non sono mai state pubblicate fake news, ma sono sempre stati riportati i fatti comprovati con citazioni estratte da documenti redatti da Scrp o suoi consulenti. Nello specifico, Scrp non ha mai contestato una virgola sulle informazioni o comunicazioni dei sottoscritti riportate dai media. Anzi i recedenti, attraverso i mezzi di comunicazione hanno sollecitato risposte senza averne mai ricevute.”
E ripropongono la serie di domande, auspicando che il “fantasma” dia una risposta: “Perché non è stato inviato ai soci il bilancio 2017 come era sempre avvenuto in passato? Perché Scrp è ricorsa a consulenze e incarichi esterni per un ammontare superiore, nel 2017, ai 600 mila euro? Perche il costo (non lo stipendio) annuo medio del personale è di circa 71 mila euro per dipendente?
E ripropongono la serie di domande, auspicando che il “fantasma” dia una risposta: “Perché non è stato inviato ai soci il bilancio 2017 come era sempre avvenuto in passato? Perché Scrp è ricorsa a consulenze e incarichi esterni per un ammontare superiore, nel 2017, ai 600 mila euro? Perche il costo (non lo stipendio) annuo medio del personale è di circa 71 mila euro per dipendente?
In un’azienda diversa da Scrp, cosa succederebbe se la predisposizione di una gara d’appalto (rifiuti) si prolungasse per oltre tre anni come è avvenuto con Scrp? Se un progetto (varchi) presentato ai soci, pronto per partire, venisse modificato più volte nel corso dell’anno successivo e risultasse completamente diverso da quello iniziale? Se i soci approvassero una delibera proposta dal consiglio di amministrazione (Caserma vigili del fuoco) e un mese dopo venisse annullata? Se si scegliessero consulenti che suggeriscono soluzioni impraticabili (delibere comunali con allegati secretati)? Se un consulente respingesse (28 maggio e 5 giugno 2015) la richiesta di un socio perché giudicata incompatibile con la legge e quindici giorni dopo (18 giugno) un altro consulente la ritenesse percorribile? Se per evitare il possibile conflitto d’interessi di un dipendente si spendessero migliaia di euro per un parere legale e si incaricasse una persona esterna per svolgere un lavoro di competenza del dipendente stesso? Se il consiglio di amministrazione di una società delle stesse dimensioni di Scrp vendesse il 2 gennaio azioni in portafoglio per un ammontare di alcuni milioni di euro e i soci apprendessero della cessione -legittima sia chiaro- solo il 25 maggio successivo da un quotidiano nazionale, notizia confermata dalla società lo stesso giorno, durante un’assemblea, ma solo a seguito di espressa richiesta di delucidazioni di un socio?”.
Rigettano poi all’anonimo mittente il rilievo che ci sia “incompatibilità tra le delibere consiliari dei soci recedenti e le scelte successivamente assunte dai comuni”. Facendo osservare innanzitutto che “non compete a lui e a Scrp giudicare le scelte dei consigli comunali, ma soprattutto perché è ridicolo che Scrp parli di contraddizioni quando a giugno la dirigenza di Scrp sosteneva fino alla nausea che la società avrebbe assorbito la sua controllata Consorzio.it e pochi giorni fa è avvenuto il contrario e cioè che Scrp è confluita in Consorzio.it”.
E questo, ribadiscono, senza che qualcuno abbia “spiegato in maniera esaustiva per quale motivo una società di oltre 30 milioni euro di capitale e in splendida forma olimpica viene liquidata per essere inglobata in una sua controllata di 105 mila euro di capitale e di salute precaria (dati estrapolati dalla relazione redatta dai consulenti di Scrp al 31 dicembre 2017)”.
“Chi ha scritto la lettera invece di mandare avvertimenti – replicano a muso duro i sette sindaci recedenti – si chieda il motivo per il quale alcuni Comuni soci se ne sono andati da Scrp e si dia una risposta.”
E questo, ribadiscono, senza che qualcuno abbia “spiegato in maniera esaustiva per quale motivo una società di oltre 30 milioni euro di capitale e in splendida forma olimpica viene liquidata per essere inglobata in una sua controllata di 105 mila euro di capitale e di salute precaria (dati estrapolati dalla relazione redatta dai consulenti di Scrp al 31 dicembre 2017)”.
“Chi ha scritto la lettera invece di mandare avvertimenti – replicano a muso duro i sette sindaci recedenti – si chieda il motivo per il quale alcuni Comuni soci se ne sono andati da Scrp e si dia una risposta.”
Stigmatizzando quindi “la pervicacia di Scrp di creare una frattura tra i soci: quelli buoni che sono rimasti, e quelli cattivi che sono usciti”, incalzano a chiedere: “Se non ci sono problemi per la liquidazione delle quote dei soci recedenti, perché tanta preoccupazione per la loro fuoriuscita?”, Stante, oltretutto, che si tratta di una “minoranza”.
“Se fino a sei mesi fa – si chiedono ancora – tutto andava bene e a gonfie vele, come pubblicizzato con enfasi e giusta soddisfazione dal Cda l’assemblea di bilancio, perché si liquida Scrp? Cosa è cambiato da luglio nella società da imporre una inversione a U?”
E concludono auspicando che “non si sostenga che la colpa è dei recedenti e degli articoli apparsi stampa scritta e online”.
“Se fino a sei mesi fa – si chiedono ancora – tutto andava bene e a gonfie vele, come pubblicizzato con enfasi e giusta soddisfazione dal Cda l’assemblea di bilancio, perché si liquida Scrp? Cosa è cambiato da luglio nella società da imporre una inversione a U?”
E concludono auspicando che “non si sostenga che la colpa è dei recedenti e degli articoli apparsi stampa scritta e online”.