Preghiera, comunione, ma anche scelta dei poveri. Era questo l’impegno che come gruppo giovanile e comunità parrocchiale di San Pietro i giovani si eravamo presi. Sulla scorta del primo Convegno della Chiesa italiana che si era tenuto in quegli anni (30 ottobre – 4 novembre 1976) per tradurre nella realtà italiana lo spirito del Concilio Vaticano II, si chiedevano come poter realizzare un impegno, oltre che di Evangelizzazione, anche di Promozione Umana.
PER RISPONDERE ALLE VARIE ESIGENZE
Ma chi erano i poveri? Si sino posti molte volte questa domanda i giovani nelle loro riunioni, alla ricerca di una risposta adeguata. Erano quegli gli anni della lodevole “scoperta” degli handicappati. La parrocchia di San Giacomo faceva scuola con il parroco don Agostino Cantoni che aveva schiacciato l’acceleratore proprio in questo senso.
San Giacomo era diventata il punto di riferimento di questa scelta di servizio agli ultimi e vi facevano capo disabili non solo della comunità, ma anche di altre zone della città. L’organizzazione era, in effetti, ineccepibile.
Insomma, l’handicap era “diventata di moda”, grazie anche alla forte personalità di don Agostino, al punto che molti rincorrevano l’idea.
Ma i poveri non si identificano solo con i portatori di handicap. I giovani se lo chiedevano parecchie volte: si mettiamo anche loro a formare un gruppo di handicappati, magari rubandoli a qualche altra parrocchia? Avevano dei disabili in comunità che si stavano molto a cuore: in particolare una giovane che frequentava il gruppo e un ragazzo – Luigi – che visitavo settimanalmente, portandogli Famiglia Cristiana di cui era appassionato.
Si chiedevamo quale fosse la scelta che San Pietro richiedeva, perché gli impegni di carità non dovevano inventarli loro a seconda dei propri gusti, ma dovevano rispondere alle vere esigenze della popolazione, anche se non li garbavano, anche se richiedevano scelte nuove.
Non fu difficile capire che la povera parrocchia di San Pietro, ubicata nella zona più disastrata della città, aveva un bisogno primario: quello della casa. Era un impegno tutto diverso dai soliti, esigeva competenze e metodologie nuove, impegno socio-politico, chiedeva il coinvolgimento di tutti gli abitanti del Borgo, ormai paurosamente fatiscente.
La ristrutturazione del Borgo di San Pietro per dare case ai poveri e permettere che questi potessero abitare in centro fu l’obiettivo di servizio che la comunità e il gruppo giovani si propose.
E ne venne un’esperienza di primo piano.
UN BORGO DISASTRATO
Il Borgo era un antico quartiere della città, cuore della parrocchia di San Pietro che, assieme ad altri tre, si era formato in epoca longobarda appena fuori delle mura di Crema, in corrispondenza di una delle porte della città. Inglobato poi nel tessuto urbano ai tempi della ricostruzione di Crema da parte del Barbarossa (1185) che l’aveva distrutta nel 1160, mantenne le sue caratteristiche “borghigiane”, nonché le caratteristiche di unità urbanistica molto spiccata.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale andò incontro ad un pauroso degrado, con conseguente spopolamento. Molti abitanti ottennero alloggi popolari in periferia. Intanto la speculazione mise gli occhi sulla zona, acquistò gran parte degli immobili con l’intenzione di radere tutto al suolo e realizzare progetti di speculazione edilizia. Le prime demolizioni iniziarono negli anni ‘68/‘69 con la successiva costruzione di un condominio di livello, al limite meridionale del Borgo. Il progetto era di continuare a pettine con altre costruzioni, presumibilmente fino alla chiesa parrocchiale, posta a nord del borgo stesso. Alcune leggi in materia urbanistica, pubblicate in quegli anni, permisero al Comune di bloccare per un decennio la speculazione, che peraltro non si era arresa.
Intanto, dopo l’assegnazione di ulteriori case popolari agli abitanti, il Borgo si spopolò quasi del tutto: rimasero poche famiglie di anziani, di piccoli proprietari tenacemente attaccati alle loro casette che avevano resistito alle sollecitazioni della speculazione, di meridionali immigrati. Il resto fu abbandonato a se stesso, diventò un immondezzaio: vi fu persino un caso di tifo, mentre cominciavano i crolli.
LE PRIME INIZIATIVE
Dal 1969 si erano interessati al problema casa e, in particolare, al degrado del Borgo di San Pietro il giornale In Mezzo a Noi e il Gruppo Scout Crema I. Avevano organizzato diverse feste nel quartiere; mendiante un’inchiesta sulla condizione di alcune abitazioni del Borgo, individuarono quelle in condizioni peggiori che necessitavano di interventi immediati.
Nel 1973 venne organizzata una mostra sul tema Crema da salvare dal 22 al 28 giugno, conclusa con una grande festa del Patrono la sera del 28. Ai partecipanti venne donata una bella cartolina realizzata dal pittore (abitante borghigiano) Giannetto Biondini.
IL GRUPPO OPERATIVO
Ci volle parecchio tempo di preparazione prima di far partire la macchina, da parte del Gruppo giovanile di San Pietro. Il primo passo fu la costituzione di un Gruppo operativo formato non solo da giovani, ma anche da adulti della comunità cristiana, da esponenti della società civile, da rappresentanti degli abitanti e da alcuni architetti coordinati dall’arch. Miro Boselli.
La prima grande opportunità che si era infatti presentata, e che aveva contribuito, in maniera determinante, alla scelta, era appunto la tesi di laurea in architettura di un ex-abitante della parrocchia, l’architetto Casimiro Boselli, proprio sulla ristrutturazione del Borgo di San Pietro.
Il Gruppo Operativo per la ristrutturazione di Borgo San Pietro iniziò la sua battaglia nel settembre 1978. Ne era l’animatore Don Giorgio assieme a due altre persone alle quali sarebbe rimasto strettamente legato per tutta la vita, una giovane, Annunciata Barbaglio, e un adulto, Erminio Beretta.
I PRIMI PASSI
Si iniziò il 13 settembre 1978 con giochi per i bambini, il 17 con una festa popolare, il 19 con una grande Assemblea popolare sul Ponte della Crema con la partecipazione dell’assessore all’urbanistica del Comune l’avv. Aiello, l’arch. Graziosi di Milano e l’arch. Boselli che propose alla popolazione il suo progetto di ristrutturazione.
Il 31 ottobre il Gruppo Operativo presentò una petizione ufficiale al sindaco Noci perché il comparto del Borgo di San Pietro venisse inserito nella Legge 457 detta Piano decennale della casa. La petizione venne firmata da 363 abitanti della parrocchia. Il giorno dei Santi effettuammo un volantinaggio in tutta la città con il quale chiedevamo la ristrutturazione del Borgo.
Innumerevoli furono le feste di borgo, le assemblee con amministratori ed architetti, gli incontri con gli assessori e il sindaco, con l’arch. Bacigalupo di Milano, incaricato del PRG del Comune di Crema. I giornali locali e nazionali seguirono la nostra vicenda.
OBIETTIVI E METODI
Chiare le idee che guidavano il Gruppo, nonché le metodologie da adottare, maturate nell’ambito della comunità giovanile e parrocchiale.
– Gli obiettivi di fondo erano ristrutturare le case per il popolo che vi abitava e far vivere i poveri in centro: il Borgo doveva tornare ad essere quello che era un tempo: espressione della gioia di vivere che il popolo ha come sua ricchezza originale, un polmone di vitalità nell’ambito della città. In opposizione alla tendenza di terziarizzare i centri storici con la conseguente morte delle città.
– La seconda idea era quella della salvaguardia della tipologia edilizia del borgo: si doveva quindi intervenire con un lavoro di conservazione urbanistica di un comparto d’origine addirittura medievale. A tal proposito il Gruppo era andato a visitare esperienze di ricupero paradigmatiche realizzate in altre città, in particolare Ferrara.
– Determinata era di conseguenza l’opposizione alla speculazione edilizia. I giovani trattarono in un bar di piazza Garibaldi con il comm. Manenti la cessione delle sue proprietà edilizie in Borgo al Comune perché potesse realizzare le nostre idee. Il ricco impresario si dimostrò d’accordo con i nostri progetti, vendette di fatto al Comune le proprietà di Borgo San Pietro, ma in cambio ottenne il placet per una speculazione edilizia in periferia della città, zona Ombriano.
– Volevano dar vita a un movimento che venisse dal basso, un movimento popolare che coinvolgesse davvero la gente.
– La comunità cristiana si faceva carico del problema, non per gestire in prima persona la ristrutturazione, ma aveva creato un movimento di popolo che spingesse ad intervenire chi di dovere, in questo caso l’Amministrazione Comunale. Spesse volte – si diceva – la Chiesa svolge un lavoro di supplenza. È molto meglio che si faccia coscienza critica perché chi ha la responsabilità intervenga.
– Quindi non un lavoro di supplenza da parte delle comunità cristiana (non era neanche concretamente possibile), ma un lavoro di coscientizzazione della popolazione perché, tramite la partecipazione alla gestione della cosa pubblica, ottenesse risultati positivi.
– L’impegno nasceva dal nostro entusiasmo cristiano di far del bene a tutti il più possibile. Quindi un impegno che nasceva dalla fede.
– Ben precisa e chiara era la scelta di non appoggiarsi a nessuna forza politica. Il movimento volle essere da subito apolitico. Del resto il Gruppo era formato da persone di ogni estrazione politica: comunisti, simpatizzanti di estrema destra, democristiani. I maggiori partiti fecero la corte, offrendo il loro appoggio… rifiutammo gentilmente.
– Pensando al futuro la richiesta al Comune era di proporre tre graduatorie per ripopolare il Borgo, una volta ristrutturato: per i precedenti residenti, per le giovani famiglie, per famiglie con portatori di handicap. Lo scopo era quello di mescolare le età e non fa di San Pietro un ghetto di anziani. In questo il Comune non ci darà ascolto.
VERSO LA RISTRUTTURAZIONE
Intanto il lavoro del Gruppo Operativo procedeva. Il 5 gennaio 1979 l’assessore all’urbanistica Aiello convocò i rappresentanti del Gruppo Operativo per garantire che il comparto del Borgo San Pietro sarebbe stato inserito nella Legge 457. Assicurava che, una volta ottenuto il finanziamento (che sarebbe stato di un miliardo di lire) i lavori sarebbe iniziati entro l’anno, come voleva la legge. Insomma, anche per l’Amministrazione cremasca il Borgo San Pietro era diventato un fiore all’occhiello! Il sindaco Noci il 13 gennaio informò la stampa dello stanziamento da parte della Regione Lombardia del miliardo di lire per la casa: tutto destinato al Borgo.
Importantissimo incontro quello del successivo 25 gennaio tra il Gruppo Operativo, l’arch. Boselli estensore del progetto di ristrutturazione i funzionari del Comune e l’arch. Bagicalupo, incaricato dall’Amministrazione di redigere il nuovo Piano Regolatore della città.
Gli architetti del “Gruppo” avevano studiato in numerose “notturne” a casa mia, tenendosi forti con bottiglie di whisky, il piano di risanamento del Borgo partendo appunto dallo studio di Boselli.
Nella riunione l’appassionato architetto sampietrino presentò il lavoro a Bacigalupo, raccontando la storia del progetto di ristrutturazione e le conclusioni a cui il gruppo era giunto: si sarebbero realizzati 108 nuovi alloggi con 333 locali, 113 bagni, 27 soffitte e 3 cantine. Inoltre 4 negozi e un ufficio per complessivi 9 locali, persino un piccolo albergo con 10 camere: un obiettivo alto che teneva conto anche degli immmobili ancora di proprietà privata, frutto della passione ideale dell’arch. Boselli. Sarebbe stato in seguito ridimensionato.
Sia l’assessore che l’arch. Bacigalupo manifestarono il loro compiacimento per l’iniziativa e si dichiararono perfettamente d’accordo con le linee esposte, dicendosi disponibili ad accogliere la collaborazione concreta dei nostri architetti per arrivare assieme ad un piano particolareggiato definitivo. E gli architetti del Borgo ricevettero l’incarico di studiare appunto i piani particolareggiati e di seguire poi i lavori veri e propri di ristrutturazione. Ne veniva così una forma nuova ed originale di collaborazione tra Amministrazione pubblica e cittadini che sarebbe stata di notevole soddisfazione per tutti.
Il 23 marzo organizzammo un’assemblea popolare per raccontare alla gente il lavoro svolto e i successi ottenuti.
PARTE LA RISTRUTTURAZIONE
Passò ancora quasi un anno per arrivare finalmente, il 20 dicembre 1979, alla definitiva approvazione della ristrutturazione del Borgo di San Pietro in Consiglio Comunale: per il 90% si dava ragione al nostro piano che avevamo letteralmente ragalato all’Ufficio tecnico del Comune. L’Amministrazione convocò tutti gli abitanti del Borgo per illustrare il progetto.
Accettate le osservazioni avanzate dagli abitanti del Borgo nei tempi prestabiliti, studiati i progetti particolari dei quattro lotti, nei quali furono divisi i lavori, l’appalto ebbe luogo il 25 marzo 1980. Ma le ruspe entrarono in opera solo nel successivo mese di ottobre. Il nostro Gruppo Operativo, l’11 di ottobre organizzò alla presenza della gente del Borgo e delle autorità una cerimonia d’inizio ufficiale dei lavori.
La ristrutturazione durò due anni, nel mentre il Gruppo Operativo affrontò il problema di chi sarebbe dovuto ritornare ad abitare nelle case ristrutturate.
IL BANDO PER GLI ALLOGGI E IL RITORNO DEI BORGHIGIANI
La nostra idea era quella che, a una ristrutturazione edilizia, dovesse anche corrispondere una ristrutturazione sociale del Borgo consistente nel favorire il mantenimento degli attuali abitanti (spostati provvisoriamente per permettere i lavori) e il reinserimento dei precedenti.
Al proposito vi furono discussioni con l’Amministrazione Comunale. Essa ci convocò nel maggio del 1981 per studiare assieme la pubblicazione del bando di assegnazione degli alloggi. Temevamo che gli ex abitanti non venissero favoriti, infatti il Comune aveva adottato le regole generali dello IACP. Il bando venne pubblicato il 1° giugno 1981. Le graduatorie definitive il 4 marzo 1982 e il Gruppo si ritenne in parte soddisfatto perché più della metà dei 53 appartamenti ristrutturati toccò ad abitanti nel Borgo, per la stragrande maggioranza anziani.
Si tennero i sorteggi pubblicamente nella Sala degli Ostaggi, garantiti dal notaio Ferrigno.
E finalmente sabato 12 giugno, nell’ambito di una settimana di festa popolare organizzata dal Gruppo Operativo vennero consegnate le chiavi ai sampietrini che tornavano ad abitare le proprie case ristrutturate. E fu una grande emozione vedere queste persone gioire per il ritorno a casa: il Gruppo aveva speso volentieri un sacco di tempo e di energie per farli felici.
Dalla diocesi e in particolare dal vescovo non fu capito. Mons. Manziana aveva forse paura che svoltasse a sinistra, come altri gruppi giovanili avevano fatto. Al proposito disse a Don Giorgio un giorno – quando ormai si era in dirittura d’arrivo – “Tu non crederai che io ti appoggi..?” LO deluse, ma gliel’ha perdonato, riconoscendogli il diritto di temere qualche sua sbandata politica. Avevano sì trattato con un’amministrazione di sinistra che – nonostante tutte le battaglie – alla fine dette ragione a loro, ma nessuno del gruppo si mischiò in faccende politiche.