Missione in Brasile (2) – A Jardim Capela: il progetto di suor Rosali Paloschi

La casa sede del progetto e, nel riquadro, suor Rosali e suor Perciliana

Secondo appuntamento con il “racconto” del viaggio in Brasile di Enrico Fantoni, direttore del Centro Missionario Diocesano. Dopo l’incontro della scorsa settimana con la comunità di Botuverà, dove vivono tante persone di origini cremasche, oggi la tappa in un quartiere di San Paulo dove opera suor Rosali Paloschi, conoscenza della nostra diocesi. Il viaggio proseguirà poi presso le missioni dove lavorano missionari cremaschi. Ne parleremo nei prossimi resoconti.

Dopo una notte trascorsa in pullman, S. Paulo ci accoglie in un fresco di un mattino di fine giugno. Siamo in ritardo di due ore, a causa di un incidente accaduto sulla Serra che divide gli stati di Santa Catarina e Sn Paulo. Caotica e rumorosa come sempre, la città si presenta in tono minore e la cosa ci viene confermata dal taxista: c’è poca animazione con la Coppa del mondo di calcio, a causa della congiuntura.

Congiuntura è una parola magica che indica una situazione politica delicatissima con un presidente, Michel Temer, che ha sostituito quello legittimo, Dilma Roussef, accusata di corruzione, e che gode del 22% di gradimento e una situazione economica a dir poco difficile. Nel mese di maggio 400mila lavoratori hanno perso il lavoro. Un mix davvero esplosivo.

Il viaggio dura un’ora, poi finalmente arriviamo a destinazione, Jardim Capela. È uno dei tantissimi quartieri che circondano San Paulo e si trova nella parte più meridionale della metropoli. Come la maggior parte di questi quartieri, è sorto rapidissimamente, senza un piano regolatore, mal collegato al centro della città (2 ore e mezzo di autobus vari), senza verde e senza servizi. Una specie di deserto umano dove ognuno cerca di trovare una soluzione ai propri problemi di sussistenza.

In questa realtà si colloca il progetto di suor Rosali Paloschi – che ci ha accompagnato in questo viaggio – e delle sue consorelle Teresa Valler e Perciliana Santana, della Congrgazione delle Catechiste Francescane.

La prima scelta è stata di abitare in una casa come le altre. Si tratta di due case contigue: nella prima abita la comunità di suore, mentre le seconda è la sede del progetto. La seconda scelta è stata quella di creare un luogo di incontro per rompere la solitudine che domina la vita di chi abita in quartieri come questo. La terza scelta è stata di offire opportunità, a costi bassissimi, per migliorare la qualità della vita.

Una volta entrati ci si trova nella sala delle riunioni, ricavata dal garage che non viene più usato (le suore usano i mezzi pubblici). La sala è senza dubbio uno dei luoghi più importanti del progetto, non solo perché sala di attesa, ma soprattutto perché è il luogo in cui la gente, soprattutto donne, si incontra, parla, discute; si fanno terapie comunitarie, si lavora insieme sia per imparare sia per aiutare il progetto,

L’altro ambiente importante e frequentato è l’erboristeria. Si tratta di una stanza nella quale sono presenti sia sotto forma di foglie sia di olio essenziale una grande quantità di essenze, con le quali, secondo la medicina naturale, si possono guarire infinite malattie. Vale la pena ricordare che spesso da queste parti accedere al medico è difficile, costoso e non sempre salutare per l’abuso di antibiotici. Al contrario, nel progetto “Seminare il bene” l’attenzione a chi soffre è la cosa principale, senza contare che i prezzi sono bassissimi, praticamente alla portata di tutti.

Può sembrare poco e forse, nell’oceano di problemi di una megalopoli come San Paulo, fa l’effetto della goccia d’acqua. Eppure, un progetto come “Seminare il bene”, ha il grande pregio che, con un costo minimo, smuove una realtà fatta di psicologi fitoterapisti, omeopati, sociologi, senza contare le stesse donne spesso coinvolte nella ricerca, nella coltivazione e nella conservazione delle erbe stesse. Un bell’esempio di apprendere facendo.

Ora partiremo alla volta di Imperatriz, dove incontreremo la nostra madre Amelia Marchesini.