Crema – Trofeo Dossena: convegno sull’aritmia e l’arresto cardiaco nello sport

Il tavolo dei relatori e degli ospiti al convegno

Nell’ambito del Trofeo Dossena, nei giorni scorsi il Comitato organizzatore della manifestazione calcistica ha promosso, con la collaborazione dell’assessorato allo Sport del Comune di Crema, il convegno Sudden Death dedicato all’aritmia e all’arresto cardiaco nello sport. Ospitato presso la Sala Bottesini del Teatro San Domenico, l’evento ha richiamato diverse persone, in particolare sportivi e allenatori.

Dopo il saluto di Angelo Sacchi, presidente del Comitato organizzatore del Trofeo Dossena, è intervenuto il dottor Walter Della Frera, medico dello sport, docente del Coni e componente della Commissione antidoping della Federcalcio, che ha trattato il tema La visita di idoneità medico-sportiva obbligatoria per legge.

A seguire la relazione del dottor Giuseppe Inama, cardiologo e medico dello sport, direttore dell’Unità operativa di Cardiologia dell’Istituto Figlie di San Camillo di Cremona, nonché apprezzato docente universitario e presidente, dal 2012 al 2014, della Società Italiana di Cardiologia dello Sport. Il dottor Inama ha riflettuto sul tema Il rischio aritmico nell’atleta competitivo e amatoriale: prevenzione primaria e secondaria. Obbligo e utilità del defibrillatore.

Al termine delle relazioni, un’interessante tavola rotonda con la partecipazione di Gianni De Biasi (allenatore di calcio e opinionista sportivo), Sergio Porrini (allenatore di calcio) e Francesco Acerbi (calciatore-difensore del Sassuolo e della Nazionale Italiana).

LA RELAZIONE DEL DOTTOR INAMA

L’esercizio fisico praticato con regolarità è oggi considerato indispensabile per conservare l’efficienza dell’organismo e ritardare l’inizio della disabilità. Lo sport è salutare, raccomandato, previene patologie di usura, assicura un polso cardiaco lento e regolare, una fisiologica ipertrofia cardiaca con una portata cardiaca adeguata allo sforzo, ma gli sforzi fisici violenti e bruschi in soggetti fisicamente non preparati incidono per l’11% sul totale delle morti improvvise della popolazione generale (1 su 1.000 abitanti/anno).

Il fumo, gli abusi alimentari e gli alcolici vanificano i benefici dell’attività fisica influenzando negativamente su Ipertensione arteriosa, assetto dei grassi e circolazione coronarica.

Lo sport in sostanza in questi casi può favorire l’accelerazione di patologie cardiache silenti e latenti che in determinate situazioni consentono l’eversione di aritmie di ogni tipo, di solito da sforzo.

Un’attività sportiva anche agonistica intensa protratta per anni in soggetti sani e controllati con idonei stili comportamentali allunga la vita. In uno studio inglese pubblicato su BMJ nel 2012, quindicimila (15.000) campioni olimpici provenienti da 9 diversi gruppi di Paesi sono stati esaminati nel corso di decenni dopo la loro prima medaglia. Si è dimostrato un progressivo aumento della sopravvivenza per i campioni olimpici che era più grande nei partecipanti agli sport di resistenza.

L’evidenza di una aumentata sopravvivenza in atleti di resistenza d’elite è stato dimostrata più volte, ed è stata più recentemente rafforzata da uno studio su 800 ciclisti partecipanti al Tour de France che hanno dimostrato una riduzione della mortalità (40%) rispetto al gruppo di controllo di francesi maschi non ciclisti.

In Italia accurate indagini eseguite dai medici dello sport, affiancati dai cardiologi, permettono di identificare i soggetti con malattie cardiache anche minime e di selezionare con accuratezza gli idonei all’attività atletica. Tuttavia situazioni scatenanti che favoriscono l’ipertono adrenergico come l’esasperato stress psico-fisico, l’ischemia acuta, uno stato infiammatorio transitorio del cuore come la miocardite o malattie dei canali ionici, non riconosciute o sospettate nel corso dello screening, possono intervenire, in casi eccezionali, anche su cuori apparentemente perfetti.

E in questi sia pur rari casi, ma tragici e purtroppo imprevedibili, deve subentrare il ruolo della prevenzione secondaria con l’uso del defibrillatore semiautomatico che deve essere presente dove si fa sport. La pratica clinica e la letteratura ci dicono che si può avere una sopravvivenza fino al 70% dei casi negli arresti cardiaci da sport se trattati correttamente col defibrillatore semiautomatico.

A Crema già dal 2011 abbiamo cominciato a lavorare in questa direzione col progetto Crema vita. È stato un progetto pilota, volontario, ora c’è una Legge dello stato che regolamenta questa attività.

C’è poi il problema troppo sottovalutato dagli interessati e anche dai media degli “energy drinks” di uso frequente in sportivi giovani e meno giovani; caffeina in gel, eleuterococco (noto come ginseng siberiano) in tintura e gocce, guaranà bacca del Rio delle Amazzoni ricco di caffeina e tanti altri. Queste sostanze sono facilmente reperibili sul mercato anche su internet e possono essere fortemente aritmogene. Non sono considerate sostanze illecite! Sono bevande stimolanti largamente usate negli adolescenti anche giovanissimi, troppo immaturi per metabolizzare alte dosi di caffeina ma anche negli atleti master amatoriali! Possono provocare un vasto spettro di aritmie anche severe, atriali, ventricolari, sincope fino anche alla morte improvvisa. Possono rappresentare la porta di accesso per uso di droghe di abuso!!! La loro tossicità è sottovalutata dai media! Sono attese restrizioni internazionali al loro impiego.

In conclusione, in letteratura sono stati riportati diversi eventi avversi cardiovascolari dopo aver consumato “energy drinks”. I medici devono indagare di routine, approfondire nell’anamnesi quando si presenta un atleta con aritmie cardiache, superando reticenze ed omertà, sul consumo di “energy drinks” e soprattutto in consumatori vulnerabili come i giovani. I giovani sportivi devono essere avvisati che è necessaria cautela per il consumo pesante e/o con l’assunzione concomitante di alcol o droghe.

Concludo la mia relazione con queste considerazioni:

  • In primo luogo sappiamo che l’arresto cardiaco durante sport è un evento raro che aumenta con l’età (0.5 – 2,1 per 100.000 persone/anno, molto meno frequente dall’arresto cardiaco non da sport che si verifica in 35.5 per 100.000 persone/anno). Queste informazioni devono essere utilizzate per ridurre la preoccupazione e l’ansia per possibili eventi fatali legati all’esercizio fisico, incoraggiando in tal modo l‘attività fisica e sportiva nella popolazione come sostenuto dalle Linee Guida.
  • In secondo luogo, gli studi mostrano una buona sopravvivenza dopo arresto cardiaco correlato allo sport trattato con successo col defibrillatore semiautomatico sul campo di gara o di allenamento, soprattutto in confronto con la sopravvivenza dell’arresto cardiaco non correlato allo sport che di solito non è testimoniato, non ha “spettatori” e quindi è più difficile da trattare in tempo utile (prevenzione secondaria con DAE).
  • Grande attenzione nei confronti degli “energy drinks”.