CREMA – Giornata del Ricordo: per porre fine a silenzi e ambiguità sulla tragedia delle foibe

La cerimonia dell'anno scorso

Celebrata stamattina, anche a Crema, a Giornata del Ricordo: “per porre fine a silenzi e ambiguità durati troppo a lungo su una pagina tragica di una  storia che oggi consideriamo pienamente nostra”, come ha sottolineato nel suo intervento davanti alla lapide incastonata nella parete nord del San Domenico, in piazza Istria e Dalmazia, a perenne ricordo appunto dell’eccidio delle foibe.

Un nutrito gruppo di cittadini s’è ritrovato in piazza Duomo, insieme ad alcune classi di studenti della Media Galmozzi e degli istituti superiori Galilei e Racchetti-scienze umane, hanno affiancato il sindaco, gli assessori Michele Gennuso ed Emanuela Nichetti, il presidente del consiglio comunale Gianluca Giossi, diversi consiglieri, i parlamentari Cinzia Fontana e Franco Bordo, il consigliere regionale Agostino Alloni, rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma e delle forze dell’ordine.

 

La testimonianza di Nino Caizzi, profilo dalmata profugo

Con alla testa una formazione della banda cittadina “Giuseppe Verdi” di Ombriano, il corteo ha sfilato per via XX Settembre, Benzoni, Lucini, piazza Trento e Trieste, per poi confluire in piazza Istria e Dalmazia. Dove, dopo l’esecuzione del “Canto degli Italiani”, del “Silenzio fuori ordinanza” e della “Leggenda del Piave”, il sindaco ha deposto una corona d’alloro sotto la lapide commemorativa.

L’esule dalmata Nino Caizzi ha quindi portato la testimonianza dell’esperienza vissuta in prima persona – da bambino – insieme alla sua famiglia, costretta al pari di altri circa 350 mila istriano-dalmati a lasciare le proprie case e gran parte dei loro averi, per sfuggire alle retate dell’esercito titino. Commovente, in particolare, il ricordo del padre, già destinato a essere infoibato e sottratto all’ultimo agli aguzzini da un conoscente, che ne ha attestato la probità.

E nel ringraziare il presidente Mattarella per le espressioni utilizzate in una recente commemorazione di questa “pagina di storia strappata dai libri di scuola”, ha ribadito il significato del momento: “Siamo qui per ricordare e onorare le vittime delle foibe.

Ha quindi preso la parola il sindaco per la commemorazione ufficiale.

L’INTERVENTO DEL SINDACO STEFANIA BONALDI

L’intervento del sindaco Stefania Bonaldi

Buon giorno a tutti

con legge dell’anno 2004 “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Questo il senso della giornata del Ricordo, che con gli studenti delle scuole superiori noi celebreremo anche il prossimo 9 marzo con il professor Fabio Todero,  dottore di ricerca dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, con un convegno nell’ambito del percorso “Essere cittadini Europei” intrapreso per il sesto anno consecutivo, per fare in modo che queste ricorrenze si affranchino dalla ritualità e diano motivo di senso e di approfondimento e crescita anche per le nuove generazioni. Una legge, quella del 2004, che ha posto fine a silenzi e ambiguità durati troppo a lungo su una pagina tragica di una  storia che oggi consideriamo pienamente nostra. Una pagina lungamente e colpevolmente stralciata dalla memoria collettiva e dalla coscienza nazionale, con una omissione che ancora oggi colpisce.

Ragioni di malinteso realismo politico, legate alla collocazione internazionale della federazione Jugoslava, imbarazzi politici per la gestione delle questioni relative al confine orientale, la pesante eredità del fascismo che in quei luoghi distrusse le basi della convivenza tra culture, hanno cospirato a tenere da parte, per anni, la tragedia consumatasi nelle regioni giuliano dalmate a cominciare dai primi anni ’40, ma con particolare violenza in due terribili stagioni, quella del ’43 e del ’45 ed oltre. Un’ondata di aggressioni verso italiani indifesi, colpevoli solo d’essere italiani, da parte degli jugoslavi, per un disegno agghiacciante: risolvere, “in un modo o nell’altro” ogni possibile opposizione alla presenza jugoslava – come ha raccontato Milovan Gilas, lo storico poi divenuto oppositore di Tito –. Una epurazione voluta per eliminare le presenze italiane che avrebbero potuto mettere in discussione il controllo da parte dell’esercito di Tito; oggi sappiamo che il disegno comunista e stalinista utilizzò, in tutto l’est europeo , la nazionalità e le etnie per realizzare i propri fini di prevaricazione.

Questa la ragione di una strage ingiustificabile, che coinvolse intere comunità e di un esodo di cittadini inermi, famiglie, bambini, anziani. Centinaia di migliaia di profughi, espulsi, sradicati, privati della propria patria e accolti nel nostro paese con diffidenza, riserve ideologiche e culturali, ignoranza.

Oggi questo va ricordato, esprimendo la nostra solidarietà e vicinanza alla comunità giuliano dalmata, il cui dramma di allora esige delle scuse, ed obbliga invece ad una memoria condivisa. Fatti non isolati, questi del confine orientale negli anni ’40 e nel decennio successivo, consumatisi  in un tempo ed in uno spazio, la nostra Europa del ‘900, straziata dagli orrori impressi dal razzismo, dai totalitarismi, dalle degenerazioni ideologiche.

Non a caso  proprio l’Europa, il palcoscenico nel quale nel secolo scorso è andato in scena il copione peggiore della storia dell’umanità, può e deve essere la risposta. L’Europa come culla dei popoli, casa comune, laboratorio di convivenza e di tolleranza.

Ai nostri ragazzi noi stiamo cercando di insegnare quanto sia importante “essere e sentirsi cittadini europei”, in un continente che proprio sulle macerie delle due guerre mondiali ha costruito un percorso di unione per traguardare un orizzonte di pace e di prosperità, di tolleranza e di civile convivenza,  riconoscendo come pilastri il valore delle differenze ed il rispetto reciproco.

Un sentimento che non può certo sedimentare, tuttavia, se per disinformazione o malafede siamo europeisti ad intermittenza o di comodo, pronti a rivendicare l’attenzione e la responsabilità dell’Europa su temi sensibili, ma altrettanto capaci di rifiutarne i dettami quando ritenuti scomodi. La nostra Città annovera fra i “grandi” del suo passato un uomo come Lodovico Benvenuti, che non solo fece parte della Costituente, ma, Parlamentare per diverse legislature e sottosegretario agli Affari Esteri, entrò a far parte della prima delegazione italiana all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e alla Commissione che preparò i primi progetti di Unione europea. Dobbiamo andare  orgogliosi di questo contributo che la comunità cremasca ha offerto in quegli anni al percorso europeista, e dobbiamo guardare con speranza e con fiducia all’Europa quale luogo di incontro, di dialogo, di pace e di reciproca accettazione.