IL RACCONTO DI NONNA VENERANDA
(di madre Silvana)
La nonna Veneranda aveva tutta una sua filosofia di vita racchiusa nei proverbi e una “sua” religiosità mutuata naturalmente dall’ambiente culturale del tempo e dal carattere.
Non ricordo sgridate o lunghi discorsi: bastava una sua sentenza a risolvere i piccoli problemi quotidiani. Per esempio, se mi rifugiavo da lei per un litigio, la medicina era: Al suldat an per lü, ’l fa mia la guèra1. Quindi, attenta: tu avrai fatto la tua parte! Se qualche volta noi bambine avevamo pretese sui dolci, sul cibo, sulla frutta da mangiare solo come companatico….ecco il suo: Bagàe, dumà l’è amò da ’ste mis2. Cioè: non esagerate, perchè bisogna arrivare a fine mese. E così via: per i lavori fatti in fretta e andare poi a giocare: La gata fresùsa la fa i mignì orb3. Oppure Prèst e bèl ’l sta mia ’nsèma4. Per i giudizi sulle persone: Töcc i bu i ga ’l so gram (e töcc i gram i ga ’l so bu)5. Per le nostre piccole furbizie: Quant i tò i naa, i mé i turnaa ’n dré6.
Mi sono rimasti impressi una ventina di questi concentrati di saggezza e, chissà come, ogni tanto, all’occasione me ne affiora uno e lo assaporo con l’ esperienza che la vita ha dato anche a me ormai… nonna a mia volta!
E la religiosità di nonna Veneranda?! Sono piuttosto rari i ricordi degli ultimi anni della sua vita, in casa con i miei genitori. Aveva in mano spesso la corona del Rosario e pregava la sua “Madonna delle Funtane” e se io, ormai suora e con esami di teologia, osavo darle qualche suggerimento o nuova idea, lei si difendeva tranquilla, ma ferma: “Te disturba mia la mé fede!”
Tantissimi, invece, i flash degli anni dell’infanzia là nella cascina di Passarera Corta a cominciare dalle urasiù (preghiere) della mattina e della sera.
Sì, perché, dormendo nella stessa camera, la nostra giornata cominciava immancabilmente con l’odore del latte e con la cantilena della nonna che diceva le urasiù. So che comprendevano i Comandamenti, i Precetti della Chiesa e tante altre preghiere che non ho mai voluto imparare perché talmente lunghe che sentivamo il suo borbottio prima vicino al letto, poi giù giù per le scale, fino al loro disperdersi nella cucina sottostante, insieme all’odore del latte spesso “scappato” sulla stufa.
La sua preghiera speciale per la mattina era comunque questa:
Signùr, va ringrasie da imm dacc ‘na buna e santa notte.
Va preghe da damm ‘na buna e santa giurnàda.
Sempre ‘l me dulur, sempre al Signur.7
Non ricordo bene le preghiere mattutine, con la levataccia, la colazione e un Km di strada da fare a piedi per arrivare alla scuola del paese.
Le preghiere della sera, invece, purtroppo, cadevano di più sotto il controllo venerando. A quei tempi non avevamo ancora la TV e si andava a letto presto. Le preghiere in edizione ridotta erano il Vi adoro, un Pater, Ave, Gloria e l’Angelo di Dio con, alla sera, l’O Gesù d’amore acceso, in più. A disturbare la religiosità della nonna Veneranda non era tanto la nostra preghiera in pillole (“Me so mia cuma sa fa a dì le urasiù ansè ‘n frésa”8), bensì l’arbitraria confidenza che ci permettevamo con Dio. Lei saliva piano piano le scale, stanca della giornata, e trovava quasi sempre noi sorelle inginocchiate…sul letto! Quasi un sacrilegio: subito giù dal letto, per una dignitosa preghiera! Ma, secondo noi, tra il pavimento nudo e freddo e il morbido materasso, si pregava molto meglio così…
Anche per la sera c’era una formula, mai trovata su alcun libro di Chiesa:
An lècc me o, ses angei troe: tri dal pé e tri dal co.
La Madona l’è’n mess e la diss:
Franca, Silvana,… (tutti i componenti della famiglia)
dorma e riposa,
pènsa nisüna cosa,
perchè la nòcc l’è tanto scüra,
al corp al dorma e l’anima l’è sicüra.8
Tralascio qui alcuni riti tipici della gente di campagna, ben richiamati nel film “L’albero degli zoccoli”. Condivido, invece, ancora un ricordo di preghiera domestica, cioè la recita del Rosario. Niente di speciale, perché lo si recitava in quasi tutte le famiglie, quando non c’era quello alla Madonna delle Fontane o alla cappelletta della frazione. Ma il nostro Rosario aveva due peculiarità. La prima era che la nonna, finite le cinque decine, iniziava un “secondo” Rosario fatto dalle preghiere più strane:
per chèi ché ghè mort an guèra… Ave
per chèi ché ghè nisü che prega per lur… Ave
per i malacc an da l’uspédal…Ave
per lo zio x…
per lo zio y…
per la neòda da…. e così via.10
L’altra peculiarità era che, finalmente arrivate le Litanie, sentivamo bene quando cominciavano, mentre non ascoltavamo mai la preghiera finale perché inesorabilmente distratte da altre due voci: quella dello zio Anania che, sordo, continuava imperterrito Ora pro nobis, Ora pro nobis, Ora pro nobis e un’altra voce a turno che si incaricava di fermarlo con un tocco sul braccio:” Zio, ‘ié finide le Litanie!”.
Una chicca finale? Il decalogo tipico di noi bambini, ricavato dai dettami dei genitori, ma soprattutto dalla indimenticabile (come tutti i nonni!) nonna Veneranda.
- Dire le orazioni mattina e sera.
- Ubbidire ai genitori.
- Fare tutti i compiti della scuola.
- Andare a catechismo.
- Lavarsi bene tutti i giorni il collo e le orecchie (i denti non erano previsti).
- Non prendere caramelle o altro da estranei.
- Non andare a vedere la monta delle mucche.
- Non mangiare frutta acerba o senza pane .
- Non litigare o tirare sassi.
- Non dire le bugie.
Come potrebbe essere il decalogo di un bambino di oggi?! Curiosità legittima.
NOTE
1 – “Il soldato da solo non fa la guerra”.
2 – “Ragazze, domani è ancora lo stesso mese.”
3 – “La gatta frettolosa fa i micini orbi.”
4 – “Presto e bello non stanno insieme.”
5 – “Tutti i buoni hanno il loro gramo e tutti i grami hanno il loro buono.”
6 – “Quando i tuoi andavano, i miei tornavano indietro.”
7 – “Signore, vi ringrazio di avermi dato una buona e santa notte.
Vi prego di darmi una buona e santa giornata.
Sempre il mio dolore, sempre al Signore.”
8 – “Io non so come si fa a dire le preghiere così in fretta.”
9 – “A letto io vado, sei angeli trovo: tre dalla pate dei piedi, tre dalla parte del capo.
La Madonna è in mezzo e dice:
Franca, Silvana, (tutti i membri della famiglia).
dorma e riposa,
non pensare a nessuna cosa,
perchè la notte è tanto scura,
il corpo dorme e l’anima è sicura.”
10 – “per quelli che sono morti in guerra…. Ave
per quelli per i quali nessuno prega…. Ave
per i malati negli ospedali…. Ave
per lo zio x…. Ave
per lo zio y…. Ave
per la nipote di…. Ave.”