Papa Francesco in Myanmar – Il primo discorso pubblico. L’incontro con le autorità e il corpo diplomatico.

Questa mattina Papa Francesco ha incontrato Htin Kyaw, il presidente della Repubblica del Myanmar. Prima di un colloquio privato tra i due e lo scambio dei doni, il Pontefice ha firmato il Libro d’Onore con le seguenti parole vergate in inglese: “Upon all the beloved people of Myanmar, I invoke the divine blessings of justice, peace and unity” (Sull’amato popolo del Myanmar, invoco le benedizioni divine della giustizia, della pace e dell’unità).
Alle ore 16 (11) è stata la volta dell’incontro con Aung San Suu Kyi (il consigliere di Stato-ministro degli Esteri e premio Nobel), le autorità e il corpo diplomatico nella sala del Corpo diplomatico del palazzo presidenziale.“Grazie per essere arrivato qui da noi – ha affermato San Suu – Le sfide che deve fronteggiare il Myanmar sono molte, ed ognuna richiede forza, pazienza e coraggio. La nostra nazione è un ricco mosaico di diversi popoli, lingue e religioni, ed è obiettivo del nostro governo far emergere la bellezza della nostra diversità e trasformarla in forza, proteggendo i diritti, promuovendo la tolleranza e assicurando la sicurezza per tutti. La strada per la pace non è semplice, ma è l’unica che condurrà il nostro popolo a realizzare il suo sogno di una terra giusta e prospera, in grado di assicurare uno sviluppo sostenibile per le future generazioni. Siamo orgogliosi e felici di averla qui solo sei mesi dopo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Myanmar”. Dopo aver auspicato un grande successo per questo viaggio apostolico, ha assicurato l’impegno del governo per un futuro in cui ci sia “un popolo unito e in pace, sicuro nella sua capacità di crescere e prosperare in un mondo che cambia”. “I figli della Chiesa sono anche i figli del Myanmar – ha concluso – Continuiamo a camminare insieme con fiducia”.
“Sono venuto, soprattutto, a pregare con la piccola ma fervente comunità cattolica della nazione, per confermarla nella fede e incoraggiarla nella fatica di contribuire al bene del Paese”. Queste sono le prime parole del primo discorso pubblico del Pontefice in Myanmar. “Sono molto lieto che la mia visita si realizzi dopo l’istituzione delle formali relazioni diplomatiche tra Myanmar e Santa Sede. È segno dell’impegno della nazione a perseguire il dialogo e la cooperazione costruttiva all’interno della più grande comunità internazionale, come anche a rinnovare il tessuto della società civile. Vorrei che la mia visita potesse abbracciare l’intera popolazione del paese e offrire una parola di incoraggiamento a tutti coloro che stanno lavorando per costruire un ordine sociale giusto, riconciliato e inclusivo”.
“Il Myanmar – ha proseguito – è stato benedetto con il dono di una straordinaria bellezza e di numerose risorse naturali, ma il suo tesoro più grande è certamente il suo popolo, che ha molto sofferto e tuttora soffre, a causa di conflitti interni e di ostilità che sono durate troppo a lungo e hanno creato profonde divisioni. Poiché la nazione è ora impegnata per ripristinare la pace, la guarigione di queste ferite si impone come una priorità politica e spirituale fondamentale”. Il monito di Francesco: “Il futuro del paese dev’essere la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità, sul rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo – nessuno escluso – di offrire il suo legittimo contributo al bene comune”. Ne è convinto il Papa, che durante l’incontro con le autorità ha affermato che “l’arduo processo di costruzione della pace e della riconciliazione nazionale può avanzare solo attraverso l’impegno per la giustizia e il rispetto dei diritti umani. La sapienza dei saggi ha definito la giustizia come la volontà di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto, mentre gli antichi profeti l’hanno considerata come il fondamento della pace vera e duratura”. Il Papa ha proseguito il suo discorso affermando che “Le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e di diffidenza, ma piuttosto una forza per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese. E le religioni possono svolgere un ruolo significativo nella guarigione delle ferite emotive, spirituali e psicologiche di quanti hanno sofferto negli anni di conflitto. Attingendo ai valori profondamente radicati, esse possono aiutare ad estirpare le cause del conflitto, costruire ponti di dialogo, ricercare la giustizia ed essere voce profetica per quanti soffrono. È un grande segno di speranza che i leader delle varie tradizioni religiose di questo Paese si stiano impegnando a lavorare insieme, con spirito di armonia e rispetto reciproco, per la pace, per soccorrere i poveri e per educare agli autentici valori religiosi e umani. Nel cercare di costruire una cultura dell’incontro e della solidarietà, essi contribuiscono al bene comune e pongono le indispensabili basi morali per un futuro di speranza e prosperità per le generazioni a venire”.
Il Pontefice ha posto l’attenzione sui giovani e di loro ha detto che ” il futuro è ancora oggi nelle loro mani. Sono un dono da amare e incoraggiare, un investimento che produrrà una ricca rendita solo a fronte di reali opportunità di lavoro e di una buona istruzione”. Nella parte finale del discorso alle autorità, il Papa ha parlato anche di “giustizia intergenerazionale. Una giustizia che richiede altresì che le generazioni future possano ereditare un ambiente naturale incontaminato dall’avidità e dalla razzia umana. È indispensabile che i nostri giovani non siano derubati della speranza e della possibilità di impiegare il loro idealismo e i loro talenti nella progettazione del futuro del loro Paese, anzi, dell’intera famiglia umana”.  Al termine un’auspicio: “È mia speranza che, nella cooperazione rispettosa con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, tutti contribuiscano ad aprire una nuova era di concordia e di progresso per i popoli di questa amata nazione. Lunga vita al Myanmar!”.