Proclamare san Giovanni XXIII patrono dell'esercito italiano significa “ribadire il compito precipuo di questa istituzione in uno stato democratico: difendere il bene prezioso della pace imponendo la forza della legge”.
Così scrive il teologo don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII, sulle colonne de L'Osservatore Romano di oggi, commentando la decisione della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti di dichiarare san Giovanni XXIII “patrono presso Dio dell'Esercito italiano” (decreto del 17 giugno 2017).
A motivazione, scrive il teologo, “si cita il suo zelo, come cappellano militare, nel promuovere le virtù cristiane tra i soldati, il luminoso esempio di tutta la sua vita e il suo costante impegno in favore della pace”. Domani, 12 settembre a Roma, nel Palazzo dell'esercito, l'ordinario militare per l'Italia, l'arcivescovo Santo Marcianò, consegnerà la Bolla al capo di Stato maggiore, generale Danilo Errico. Nell'occasione verrà benedetto un busto di Papa Roncalli e inaugurata una mostra intitolata: “'Io amo l'Italia'. San Giovanni XXIII, uomo di pace”, curata dalla Fondazione Papa Giovanni XXIII di Bergamo e dall'Ordinariato militare per l'Italia.
Per Roncalli, afferma don Bolis, citando parole del Pontefice, “'l'amor di patria non è altro che l'amore del prossimo, e questo si confonde con l'amore di Dio'. A una condizione però: bandire dall'amor patrio quella retorica ipocrita con la quale spesso si farciscono i discorsi ufficiali, e tradurre le parole in generosa e fattiva disponibilità al sacrificio per il bene comune”. Il patronato di san Giovanni XXIII, continua il teologo, “costituisce anche una provvidenziale occasione per riflettere in modo ponderato sul significato e l'opportunità di una presenza, quella dei cappellani militari, all'interno di un'istituzione qual è l'esercito”. Per Papa Giovanni XXIII “i cappellani militari sono 'gli uomini della pace, che con la loro sola presenza portano serenità negli animi'.
Non si tratta di benedire armi, né di fomentare sentimenti bellicosi, al contrario. Con la sua presenza, il cappellano è chiamato a raccogliere i gemiti di chi soffre, a promuovere una forte volontà di pace, a far crescere persone che, animate da fede solida e carità sincera, combattano ogni forma di prepotenza e di ingiustizia”.