Il Papa è arrivato con venti minuti di anticipo, alle 15.40 circa, davanti alla basilica di Santa Maria degli Angeli. All'atterraggio dell'elicottero, al campo sportivo “Migaghelli”, poco prima circa c'erano ad accoglierlo monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria, Raffaele Cannizzaro, prefetto di Perugia, e Stefania Proietti, sindaco di Assisi.
Dall'eliporto, il Papa ha raggiunto in auto la Porziuncola, dove è stato accolto da padre Michael Anthony Perry, ministro generale dell'Ordine Francescano dei Frati Minori, da padre Claudio Durighetto, ministro provinciale, e da padre Rosario Gugliotta, Custode della Porziuncola. Nella piccola chiesa, il primo Papa ad aver scelto di portare il suo nome ha fatto il suo ingresso a piedi, calpestando il tappeto floreale preparato per lui da 60 infioratori di Spello.
Si raccoglie in preghiera silenziosa, “pellegrino tra i pellegrini”, come lo ha chiamato mons. Sorrentino, per ricevere anche lui il “Perdono di Assisi”, cioè l'indulgenza plenaria dopo la confessione e il perdono dei peccati, ottocento anni dopo il dono chiesto da san Francesco a Onorio III. Dopo la meditazione silenziosa, sul brano evangelico di Matteo 18.35, il Papa ha salutato i vescovi presenti e i superiori generali degli Ordini francescani; quindi nell'infermeria del Convento ha incontrato i religiosi ammalati con gli assistenti.
Infine si è recato sul sagrato della Basilica di Santa Maria degli Angeli per salutare i fedeli raccolti nella piazza antistante. Conclusa la visita, verso le ore 18, il Papa si è trasferito in auto al campo sportivo “Migaghelli” per far rientro in Vaticano.
“Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Nella sua meditazione alla Porziuncola, il Papa è partito dalle parole del Santo di cui ha scelto, primo Papa nella storia, di portare il nome: “Cosa poteva chiedere di più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione?”, si è chiesto Francesco a proposito delle parole pronunciate dal Santo proprio qui, davanti al vescovo e al popolo. “Il paradiso, d'altronde, che cos'è se non quel mistero di amore che ci lega per sempre a Dio per contemplarlo senza fine?”, ha ricordato il Papa: “La Chiesa da sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi”. “Non siamo mai soli nel vivere la fede”, ha assicurato Francesco: “Ci fanno compagnia i santi e i beati, e anche i nostri cari che hanno vissuto con semplicità e gioia la fede e l'hanno testimoniata nella loro vita”. “C'è un legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere un solo corpo, in forza dell'unico Battesimo ricevuto, animati da un solo Spirito”, ha ricordato il Papa: “Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il dono dell'indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente quelle parole di Gesù ai discepoli: 'Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”.
“Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia!”. È l'ammonimento del Papa, che nella meditazione alla Porziuncola ha affrontato il problema che nasce “quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto”. “Tutti noi facciamo così”, ha aggiunto a braccio. “Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani”, la denuncia di Francesco: “Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: 'Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette'. Insomma, quello che ci propone è l'amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell'amore del Figlio di Dio”. “Non dimentichiamo le parole severe con le quali si chiude la parabola”, l'invito: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”.
“È difficile perdonare, quando costa a noi perdonare gli altri! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare, o almeno la voglia di perdonare”, ha continuato il Papa a braccio, per spiegare che “quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso”. “Abbiamo ascoltato poco fa la parabola con la quale Gesù ci insegna a perdonare”, ha proseguito Francesco a proposito del brano scelto per la sua meditazione (Mt 18,21-35): “Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: 'Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori'. I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare”. “Pensiamo, in silenzio, alle cose brutte che abbiamo fatto e che il Signore ci ha perdonato”, ha proseguito Francesco ancora a braccio: “È la carezza del perdono, tanto lontano da quel gesto: 'me la pagherai!'. Il perdono è un'altra cosa”.
“Ognuno di noi potrebbe essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma talmente grande che non potrebbe mai farcela”. Ha contonuato il Papa, attualizzando la parabola di Matteo in cui Gesù ci chiede di perdonare “settanta volte sette”. “Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto del servo”, ha proseguito Francesco: “Diciamo: 'Signore, abbi pazienza con me'. Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo. È un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, lui ha pietà di noi e non smette di amarci”.
“Come il padrone della parabola – ha spiegato il Papa – Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un'espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell'intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato”.
“In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo”. Così il Papa ha concluso la sua meditazione alla Porziuncola, in cui ha fatto notare come il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” continua a “generare paradiso”.
“Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi”, il compito assegnato al Papa – ripetendo la frase due volte – nell'anno del Giubileo della Misericordia, legato con un “filo rosso”, grazie a questa visita privata di Bergoglio, al primo Giubileo di Francesco, che iniziò quando ottocento anni fa venne concessa da Papa Onorio III il dono dell'indulgenza senza oboli, accessibile cioè anche ai più poveri.
“Il mondo ha bisogno di perdono”, ha esclamato il Papa: “troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia”.
“Andare al confessionale”. È l'invito, pronunciato a braccio, a conclusione della meditazione alla Porziuncola. Destinatari dall'invito: i vescovi, i sacerdoti, i frati e i fedeli presenti, ma anche il Papa stesso. “Anche io ci andrò”, ha assicurato, e subito dopo il discorso si è recato al confessionale, con uno dei “fuori programma” a cui ormai ci ha abituato. E lì ha confessato alcuni fedeli. “Anche io ci andrò – la frase del Papa – per essere a disposizione del perdono. Ci farà bene riceverlo oggi, qui, insieme”. “Il Signore ci dia la grazia di dire quella parola con cui il Padre non ci lascia finire”, ha proseguito Francesco sempre fuori testo, facendo riferimento alla sua parabola evangelica preferita: “Quella che ha detto il figliol prodigo: 'Padre ho peccato.'. Il padre gli ha toccato la bocca e lo ha abbracciato”. “Ma, padre, ho paura di fare lo stesso”, la possibile obiezione: “Torna!”, la risposta del Papa. “Il padre sempre guarda la strada in attesa che torni il figliol prodigo. E tutti noi lo siamo. Che il Signore ci dia questa grazia”.