In tanti, anche fuori paese, sono accorsi lunedì sera al centro civico di Vailate per l’incontro, organizzato dalla presidente della Commissione Cultura Claudia Zanoncelli, con il giornalista, scrittore e reporter di guerra Toni Capuozzo.
Tra il folto pubblico anche rappresentanti delle varie istituzioni locali, tra cui il sindaco Paolo Palladini, il vicesindaco Pierangelo Cofferati e il parroco don Natalino Tibaldini.
Così per la terza volta in pochi mesi Capuozzo ha fatto tappa nel Cremasco per parlare di guerra, per rispondere alle curiosità degli accorsi e per presentare il suo ultimo libro, dal titolo Balcania. L’ultima guerra europea (Edizioni Biblioteca dell’immagine).
A Sarajevo due storie si intrecciano. Il ricordo a 30 anni dall’anniversario
“A 30 anni dall’assedio di Sarajevo, ho pensato di tracciare un bilancio e un ricordo di quanto vissuto” ha spiegato così le origini del volume.
Un anniversario, quello dell’inizio dell’assedio di Sarajevo, importante per Capuozzo. Lo si è compreso molto bene anche grazie alla visione del suo speciale Sarajevo 1992-2022, ritorno all’inferno, documentario realizzato per Mediaset.
“Qui – ha tenuto a sottolineare – ci sono due storie che si intrecciano: l’assedio a Sarajevo, una tragedia collettiva, e la storia personale, il legame con quel bambino che ho portato in Italia quando aveva solo 7 mesi e ora compie 30 anni”.
Si tratta di Kemal, nato nel 1992, quando nel suo Paese scoppia il caos e una granata uccide la sua mamma e causa la perdita della sua gamba destra. L’incontro tra Capuozzo e quella piccola creatura avviene per caso, ma è una svolta per entrambi. Per il giornalista per sentirsi finalmente utile, dopo la difficile presa di coscienza che “con gli articoli e i servizi non fermavamo la storia, al massimo facevamo compagnia alle persone”. Per Kemal, invece, la possibilità di una vita migliore (grazie a una protesi) anche se la sorte non gli ha mai sorriso (oltre alla ferita, anche un tumore quando era solo un ventenne).
La cruda sostanza della guerra: il caos, la morte, l’odio
“Il conflitto civile a Sarajevo è stata una guerra anche attorno ai simboli religiosi, soprattutto a quelli etnici. Le divisioni di allora sono rimaste, anzi sono ancora più profonde. Così accadrà anche tra russi e ucraini – ha proseguito –. L’odio degli uni per gli altri proseguirà per due generazioni. Non siederanno insieme ai tavoli delle istituzioni per tanto tempo”.
Nel ricordare gli episodi salienti dell’assedio, Capuozzo non ha potuto fare a meno di pensare ai recenti conflitti: sia quello che si sta svolgendo in Ucraina, sia quello avvenuto in Afghanistan. Paesi, questi e tanti altri, accomunati dalla stessa “cruda sostanza della guerra, una sorta di pallottoliere delle vite spezzate. La guerra schizza odio ovunque. Una guerra non lascia mai un mondo migliore, ma solo tanto altro caos”.
Il dono della pace e il mancato ruolo di mediatore per l’Italia
La serata vailatese ha offerto altri spunti di riflessione. Come il tema della pace, per Capuozzo “è un regalo e l’Italia, che la sta vivendo da oltre 70 anni, è una minoranza”. Incalzato, poi, dal pubblico anche sulla vicenda dell’invio delle armi in Ucraina da parte del nostro Governo, ha offerto la sua personale posizione: “A me sarebbe piaciuto che l’Italia non avesse inviato le armi. Avremmo potuto aderire solo alle sanzioni. Non fornendole avremmo ricavato quel ruolo di mediatore, che invece ha ottenuto Erdogan (la Turchia infatti non ha dato armi agli ucraini, ndr): mentre sta mediando per la pace tra russi e ucraini, sta bombardando i curdi”.
Per Capuozzo tanti applausi, seguiti da altrettanti apprezzamenti dai numerosi fan, che nonostante la tarda ora si sono messi in fila per il firmacopie.