Il Commissariato di Crema nei giorni scorsi ha dato esecuzione alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, emesso dal GIP del Tribunale di Cremona, nei confronti di un cittadino Albanese di 35 anni residente a Crema resosi responsabile di atti persecutori nei confronti dell’ex fidanzata.
“Il provvedimento – spiega il vicequestore Bruno Pagani – è stato adottato al termine di una complessa e mirata attività d’indagine svolta a seguito della querela presentata dalla donna che presso il Commissariato ha denunciato di subire condotte persecutorie da alcuni anni da parte dell’ex fidanzato, pregiudicato per reati di varia natura tra cui lo spaccio di sostanze stupefacenti”.
Stando a quanto raccontato dalla giovane, i comportamenti illeciti consistiti in aggressioni, ingiurie ed umiliazioni “avvenivano – continua il dottor Pagani – per strada o nelle vicinanza dell’abitazione della donna provocando un fondato timore per la propria incolumità e quella della sua famiglia, costringendola a modificare le proprie abitudini di vita e limitando quindi le frequentazioni e le uscite di casa che avvenivano sempre in compagnia di familiari”.
L’ultimo episodio, quello che ha convinto la ragazza a rivolgersi alla Polizia, è avvenuto alla fine del mese scorso quando l’albanese “si è fatto trovare trovare sotto casa della ex fidanzata e al suo arrivo ha minacciato pesantemente lei e il fratello. La persona offesa dopo aver subito per anni questo genere di condotte, stremata dalla situazione ormai irrisolvibile, si è fatta coraggio e ha richiesto l’intervento del Commissariato per aver un aiuto”.
Le investigazioni svolte dai poliziotti hanno permesso agli stessi di acquisire elementi comprovanti le responsabilità dell’indagato nelle vicende in questione. E’ stata così attivata la prevista procedura denominata ‘Codice rosso’ che ha consentito all’Autorità Giudiziaria di emettere in breve tempo la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. “Visto il crescendo delle condotte poste in essere dall’indagato – conclude il vicequestore -, sempre più gravi e pericolose, si ritiene che il provvedimento restrittivo abbia evitato ulteriori fatti criminosi a danno della donna.