Per i “potenti in terra” che non sono ancora riusciti a trovare una soluzione pacifica ai conflitti. “Per i fratelli che soffrono e per gli amici di ogni popolo e credo”. “Per Gerusalemme, città santa amata da Dio e ferita dagli uomini”… “Su te sia pace!”. Più volte, e scandendo con solennità le parole del Salmo, Papa Francesco ha ripetuto questa invocazione facendola risuonare come un grido potente di pace, dal palco allestito sul lungomare di Bari. Da una sponda all’altra del Mediterraneo. “Su te sia pace!”.
Si è aperta così la preghiera per la pace in Medio Oriente, qui a Bari, città ponte tra Oriente e Occidente. “L’indifferenza uccide – ha affermato Francesco – e noi vogliamo essere voce che contrasta l’omicidio dell’indifferenza. Vogliamo dare voce a chi non ha voce, a chi può solo inghiottire lacrime”, perché
“il Medio Oriente oggi piange, soffre e tace, mentre altri lo calpestano in cerca di potere e ricchezze”.
È questa preoccupazione per la sorte dei cristiani in questa terra, per le ombre di guerra che oscurano il sole della pace, ad aver spinto tutti i Capi delle Chiese cristiane del Medio Oriente ad accettare l’invito di Papa Francesco. Ci sono tutti. Il patriarca ecumenico Bartolomeo I e il metropolita Hilarion del Patriarcato di Mosca. Tawadros II, patriarca greco ortodosso di Alessandria e Ignazio Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia e Tutto l’Oriente: due Chiese, quella di Egitto e di Siria, fortemente colpita da attentati, guerre, rapimenti, distruzione. Si sono dati appuntamento nella basilica di san Nicola dove hanno venerato le reliquie del Santo e acceso la lampada uniflamma. Le due coppe che la alimentano, rappresentano l’una la Chiesa d’Oriente e l’altra la Chiesa d’Occidente. La scritta, sia in greco che in latino, recita la preghiera di Gesù al Padre, prima di morire: “Che siano uno”.
“Pace ai lontani e ai vicini”. Pace “fino agli estremi confini”. “Pace per il Medio Oriente”. Le invocazioni vengono lette da tutti i Patriarchi in tutte le lingue. Riecheggiano canti e parole dall’arabo al greco, dall’assiro e all’armeno. “Tu Re celeste, buono e amico degli uomini – ha detto Bartolomeo I – ispira cose buone nei cuori di coloro che vogliono la guerra e pacifica le loro menti tormentate”. Tawadros II riesce addirittura a pronunciare parole di gratitudine a Dio perché “tu ci hai protetti, ci ha aiutati, ci hai preservati”. E Mar Gewargis III, catholicos-patriarca della Chiesa assira dell’Oriente, aggiunge: “Ti preghiamo di elargire abbondantemente tranquillità, pace e riconciliazione in un mondo agitato e afflitto”.
“Illumina i cuori dei capi delle nazioni perché collaborino a far avvicinare sempre più i popoli tra loro per il bene di tutta l’umanità e a preservare la nobile immagine dell’uomo che le tue mani hanno plasmato”.
Per i cristiani del Medio Oriente, per “l’armonia senza discriminazione e ingiustizia”, “gli emigrati e i rifugiati, per coloro che sono perseguitati a causa delle loro idee e delle loro convinzioni, affinché Dio illumini coloro che governano il destino delle nazioni e la comunità internazionale con pensieri di pace e di giustizia”. La preghiera non lascia fuori nessuno. A leggere l’intercessione di preghiera in lingua italiana, è Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. E dopo la recita del Padre Nostro, è seguito un momento di silenzio. Soffia un vento forte su Bari. La speranza è che aiuti a portare questo messaggio di pace dall’altra parte del Mediterraneo.
Alla fine alcuni giovani hanno consegnato ai Capi delle Chiese una lampada accesa. È “simbolo della volontà di diventare portatori della luce della pace nel mondo”. E quando il gruppo dei leader religiosi ha lasciato il lungomare ed è salito sul pulmino per raggiungere di nuovo la basilica di san Nicola, è rimasto un clima forte di fraternità e di gioia. Ora le porte si chiudono. Riuniti attorno ad un tavolo per due ore, i Capi religiosi si confronteranno sulla loro presenza in Medio Oriente, sulle sfide delle migrazioni, soprattutto dei cristiani, sul ruolo che le religioni possono svolgere per la pacificazione di queste terre. È la prima volta che lo fanno insieme e con il Papa di Roma. È il segno di una sinodalità aperta al mondo. È il segno di un ecumenismo che di fronte alla sofferenza dei popoli vittime di guerra e al sangue dei martiri cristiani, è riuscito a superare le difficoltà delle discussioni teologiche e non solo, per farsi cammino con la storia degli uomini.