Domenica 7 ottobre. Don Gianfranco commenta il Vangelo: “L’atteggiamento diffuso nei confronti di Gesù è l’assuefazione e l’indifferenza”

don Mariconti
Don Gianfranco Mariconti

Dal Vangelo secondo Luca 10, 17-24

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Don Gianfranco commenta il Vangelo

Gesù non è morto di vecchiaia, ma perché criticava personaggi che si servivano della religione per dominare sugli altri e fare i propri interessi. La parabola dei vignaioli omicidi ci conferma che Gesù non solo ha previsto la sua passione e morte, ma ha tentato inutilmente di dissuadere i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo (i vignaioli della parabola) dal perseguire questa decisione terribile, ingiusta e assurda perché se c’era uno che faceva solo del bene e a tutti era proprio lui.
Incomprensibile risulta questo rifiuto che torna a danno nostro. “L’amore non è amato”, andava in giro gridando Maddalena de’ Pazzi. Fatto per essere amato e amare l’uomo, rifiuta l’amore! Neanche Dio può farmi felice se io non lo voglio. Invece di essere riconoscenti verso il proprietario della parabola (Dio) i vignaioli, impersonati dalle autorità religiose, vogliono farla da padroni. Dio mi ha fatto dei doni e io li tengo per me invece di condividerli per la gioia di tutti. Questa possessività è causa di molti mali. I servi della parabola mandati a ritirare dai vignaioli il raccolto rappresentano invece i profeti inviati da Dio al popolo di Israele (la vigna) e ciononostante rifiutati e maltrattati fino al martirio.

La tendenza di seguire l’opinione dominante

Papa Francesco ha fatto visita al sepolcro di don Primo Mazzolari, di don Lorenzo Milani e di don Tonino Bello per onorarne la memoria. Ancora oggi quanti profeti Dio ci manda e perfino al di fuori dalla sua Chiesa (Gandhi, Martin Luter King… Greta Tumberg)! Ma chi li ascolta? Invece di andare in contro tendenza (pace, giustizia, custodia del creato) si preferisce seguire l’opinione dominante (mentalità e stili di vita segnati da individualismo e consumismo). Mentre il Figlio della parabola mandato per ultimo è Gesù stesso, liquidato dai capi della sinagoga invidiosi della sua influenza sul popolo e timorosi di perdere il loro potere. Un delitto religioso! Gesù è davvero l’ultimo, il definitivo, l’insuperabile. Una storia questa che si ripete anche oggi ogni volta che la Chiesa viene perseguitata. La cosa sconcertante è che nella risposta alla domanda conclusiva di Gesù i suoi interlocutori pronunciano, da se stessi, la propria condanna.

La fede cristiana

Con questa parabola il Signore intende mettere davanti alla loro responsabilità tutti quelli che, anche oggi, lo rifiutano ostinatamente perché si ravvedano. Basta pensare anche solo al mancato riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa. L’atteggiamento più diffuso nei confronti di Gesù è l’assuefazione e l’indifferenza.
“Le solite cose che già sappiamo – si dice – ma da cui non ci attendiamo nulla di nuovo”. La fede cristiana viene ridotta tuttalpiù ad alcuni valori generici ritenuti dai teocon capaci di rigenerare una cultura sempre più disumana. Se da una parte c’è ancora chi nega la storicità di questo ebreo marginale, dall’altra, all’ammirazione diffusa verso la sua umanità non segue, per i più, il riconoscimento della sua divinità. Ma la conclusione positiva della storia la scrive Dio stesso che, invece di vendicarsi, realizza il suo piano di amore nonostante l’invidia e la cattiveria umana: Gesù, la pietra scartata, diventa pietra d’angolo della comunità messianica e al popolo di Israele subentra il nuovo popolo di Dio: la Chiesa. L’ostinato rifiuto diventa occasione perché l’amore di Dio possa manifestarsi in tutto il suo splendore.

I frutti spirituali

Dio chiede oggi a ciascuno di noi l’impegno perché questa vigna fruttifichi, prima che la storia si ripeta e, le chiese stanche e appesantite della vecchia Europa, non vengano sostituite dalle giovani Chiese dell’Africa e dell’America Latina. La rivelazione è un dramma, ma mai una tragedia. Il criterio che verifica la nostra appartenenza reale alla Chiesa è dunque portare frutti. Di quali frutti spirituali da porre a servizio altrui poi si tratta ce lo dice san Paolo: “Quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno” (cfr Filippesi 4,8). Che cosa non ha fatto l’amore del Signore per coltivare la sua vigna, ma ora “Dio si attende da te cose grandi!” (S. Caterina).
La condizione infine per portare frutto è rimanere in Gesù attraverso la Parola e i sacramenti, proprio come i tralci e la vite (cfr Giovanni 15,5). “Teresa da sola è niente; Teresa con Gesù è tutto”. La vera riforma della Chiesa passa precisamente attraverso la nostra personale santità come pienezza di umanità. Solo i Santi, come la piccola Teresa di Lisieux, sono i veri profeti di quel mondo nuovo che ciascuno di noi sogna. Tutto il resto è solo commento.

don Gianfranco Mariconti