Domenica 2 luglio. Don Gabriele commenta il Vangelo: l’atteggiamento dell’accogliere

Don Gabriele Frassi

Dal Vangelo secondo Matteo 10, 37 – 42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Don Gabriele commenta il Vangelo

La radicalità di questa pagina evangelica è esplicitata da Cristo nel suo entrare senza mezze misure in quelli che sono gli affetti fondativi di ogni persona umana: la figliolanza e la genitorialità fino a toccare il senso ultimo della vita stessa.
È bene precisare che di fatto la predicazione itinerante di Cristo ha portato persone a lasciare la famiglia, a mettere in crisi quel legame che era così fondante e basilare nella società dell’epoca e che comportava dimensioni sociali ed economiche non indifferenti.
Inoltre a una prima lettura Gesù sembra palesare la pretesa di un primato di sé in ogni relazione d’amore rivendicando quasi un diritto esclusivo su ogni persona.
Nel corso dei secoli questo ha portato nell’ambito della cristianità a percorsi di spiritualità dove il baricentro della scelta poteva apparire maggiormente incentrato nella sfera della rinuncia come luogo privilegiato dell’incontro con il divino a scapito di una relazione matura e costruttiva con il prossimo, per certi versi più dispendiosa e rivelatrice del proprio limite. Ma la prospettiva evangelica di fatto è ben diversa: “Dio è amore” ci dice infatti Giovanni nella sua prima lettera rimarcando per noi il luogo della nostra origine e della nostra stessa destinazione nella generatività dell’amore, del quale Dio stesso ne è il fondamento e il cuore pulsante.

Dio Padre, Colui che dona

Del resto nella salvezza che Gesù viene a realizzare con l’offerta di sé, Dio Padre si rivela come Colui che dona, concede, quasi antepone noi al Figlio affinché possiamo essere rigenerati in Lui e riappropriarci di quella dignità che ci rende figli nel Figlio.
In altri termini è come se Cristo ci dicesse: “Se tu partecipi dell’amore di Dio, realmente vivi l’amore autentico con l’altro, a iniziare da coloro che ti sono più cari”.
Lo dice in maniera straordinaria e profetica Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano tedesco, nello splendido libretto Vita Comune: “L’amore psichico ha come fine solo se stesso, fa di se stesso opera e idolo da adorare, a cui subordina inevitabilmente qualsiasi cosa. Non si cura d’altro, non coltiva e non ama nient’altro che se stesso al mondo. Mentre l’amore spirituale viene da Gesù Cristo, lui solo serve, e sa di non aver alcun accesso immediato all’altro uomo. Cristo è tra me e l’altro”.

L’accogliere

Non a caso Gesù nel passaggio successivo del Vangelo di questa domenica pone come fondamentale nella dinamicità dell’amore l’atteggiamento dell’accogliere: “Chi accoglie voi, accoglie me”.
Accogliere ha un significato veramente grande. Contiene al suo interno diversi aspetti: libertà, consapevolezza, reciprocità, prendersi cura e, in ultima analisi, Amare con la A maiuscola.
È interessante come la formulazione del consenso nel matrimonio, oggi venga espresso con “Io accolgo te”.
Accogliere contiene, come prerogativa fondamentale, l’ospitare l’altro in noi nella sua complessità, senza appropriazione o prevaricazione ma nel rispetto della sua alterità che è luogo prezioso della sua libertà, di ogni libertà. È sicuramente un incontro che converte dall’autoreferenzialità alla dimensione più alta dell’amore che è oblatività, è verità che fa liberi e spazio rivelativo del divino.
Inoltre, sa accogliere l’altro chi innanzitutto sa accogliere se stesso, non per assecondare il proprio limite, quanto piuttosto per mettersi in gioco, lavorarci sopra e permettere così alla Grazia di divenirne corresponsabile nella conversione del cuore.
Infine, la citazione del bicchiere d’acqua fresca appare come una perla di inestimabile valore consegnataci dal Maestro: poiché noi non sappiamo mai chi incontriamo, chi ci è inviato, chi riceviamo, il lavoro di accoglienza richiede attenzione e discernimento, ascolto e osservazione per lasciarsi raggiungere e toccare dall’altro. Così l’incontro con l’altro diviene una visita che assomiglia a una rivelazione. Diviene una visitazione.

don Gabriele Frassi