Domenica 14 luglio. Don Giorgio commenta il Vangelo: “Dobbiamo farci tutti profeti e apostoli “

don Giorgio Zucchelli

Dal Vangelo secondo Marco 6, 7-13

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Le caretteristiche del profeta

La Parola di Dio parla anche oggi di profeti. Domenica scorsa abbiamo visto i profeti inascoltati: oggi vediamo quali debbono essere le caratteristiche del profeta, cioè di colui che parla in nome di Dio, di colui che Dio manda a testimoniare suo Figlio Gesù.
Innanzitutto il profeta non è un grande personaggio, famoso, in vista, che tutti ascoltano e di cui hanno soggezione. Oppure un uomo che con la ricchezza “compra” chiunque vuole.
Il profeta, come Amos (Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro) è una persona semplice, di umili origini. Insomma profeta possiamo essere tutti, anche la gente del popolo.
Dobbiamo sentirci chiamati dal Signore. Perché il Signore chiama tutti coloro che sono battezzati a essere suoi profeti, a seconda delle vocazioni che abbiamo seguito: genitori che comunicano la parola di Dio ai loro figli; sacerdoti che dedicano tutta la vita proprio alla predicazione del vangelo, in semplicità; insegnanti che trasmettono i valori cristiani ai propri alunni; catechisti o animatori parrocchiali che educano alla fede i ragazzi della comunità;… eccetera.
Ciascuno di noi nella sua semplicità è chiamato a portare il Signore Gesù agli altri. Gesù manda i dodici: i dodici significano tutti i componenti della comunità cristiana. Siamo quindi tutti inviati.

Povertà dei mezzi e libero da interessi umani

Una seconda caratteristica è la povertà dei mezzi del profeta. “E ordinò loro – dice Gesù nel Vangelo – di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura.”
Il profeta deve essere innanzitutto libero da interessi umani, da ideologie da difendere, da compromissioni con le potenze di questo mondo. Quante volte invece confondiamo il Vangelo con qualche ideologia mondana, o addirittura magari con l’appartenenza a un partito, svuotando il vero messaggio.
Ma il Signore vuole anche dirci che la forza del suo Vangelo non sta nei mezzi umani e tanto meno nei denari: la fede non si compra in nessun modo, ma nemmeno si comunica con grandi mezzi. Certo dobbiamo organizzarci anche con mezzi umani… pensiamo ad esempio agli oratori, per i quali le comunità cristiane spesso fanno grandi sacrifici economici. Pensiamo alle stesse chiese che abbiamo fatto sempre più belle per accogliere la comunità in preghiera.
Le chiese e gli oratori possono restare vuoti se non si è in grado di comunicare davvero il Vangelo del Signore e convertire il cuore di giovani e adulti.

Andare casa per casa

Un’altra caratteristica del profeta ce la indica ancora Gesù che ha mandato i dodici casa per casa, a due a due. Il Signore ci invita ad andare casa per casa. E invece noi stiamo qui ad aspettare che la gente venga da noi. Abituati a un cristianesimo diffuso per il quale tutti venivano in chiesa, forse non ci siamo ancora accorti che alle celebrazioni euristiche viene una grande minoranza di persone. Che la maggior parte della gente non entra più in una chiesa.
E che dobbiamo fare? Alzare le spalle e dire: “Pazienza”? No, bisogna capovolgere il nostro modo di pensare e di essere cristiani in parrocchia, non accontentandoci di gestire il nostro ormai minoritario gruppo di partecipanti, ma uscire, fare in modo – con diversi mezzi e strumenti – di contattare tutti gli altri che non vengono più, parlare loro, riproporre loro il messaggio di Cristo. Molti non sono morti nella fede, ma sono solo assopiti e aspettano qualcuno che li svegli, come faceva Gesù.

La testimonianza della Parola

Questo è uno dei punti centrali della nostra vita di comunità: farci tutti profeti e apostoli e andare, a due a due (per aiutarci e non essere soli) in tutte le case a riportare il Vangelo, a ricucire rapporti, a invitare gli amici, a chiamare chi si è allontanato da Signore e vive come se Dio non esistesse. I metodi? Sono da studiare insieme (appunto “a due a due”), ma bisogna farlo e la missione, non solo in Africa o altrove, ma nei nostri quartieri e nella nostra città.
Un’altra caratteristica: assieme alla predicazione della parola bisogna portare l’olio della guarigione, come faceva Gesù. La testimonianza della Parola si accompagna alla testimonianza della carità, dell’amore concreto verso coloro che hanno bisogno, che sono sofferenti e bisognosi. Le opere di carità sono il segno concreto e visibile dell’amore di Gesù che predichiamo con le parole. Del resto ha fatto anch’egli così.
Al termine di tutto questo impegno il Signore mette in guardia coloro che non ascoltano: scuotete la polvere sotto i vostri piedi. Quando avremo fatto tutto quanto possibile, la responsabilità del rifiuto cadrà su coloro che non ci ascoltano.

don Giorgio Zucchelli