Rubrica a cura di Roberta Jacobone, commercialista del lavoro. Stress sul lavoro: chi ne risponde?

Rubrica commercialista lavoro
Roberta Jacobone

Sono molte le sentenze in materia di stress sul luogo di lavoro che si sono succedute nel tempo, soprattutto correlate a situazioni di mobbing o legate ad atteggiamenti vessatori (straining).
Una recente pronuncia della Cassazione a mio parere merita una riflessione più attenta quando stabilisce che, affinché il dipendente maturi il diritto a un risarcimento, è sufficiente che il datore di lavoro tolleri condizioni di lavoro stressogene oppure adotti delle condotte favorevoli alla creazione di un ambiente logorante e produttivo di ansia, tali da generare un pregiudizio per la salute.
È utile ricordare che, tra i doveri del datore di lavoro, la salvaguardia della sicurezza e dell’integrità del dipendente ha un ruolo prioritario.
Lo stabilisce l’art. 2087 del Codice Civile quando impone al datore di lavoro di “tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” ma anche il Testo Unico della sicurezza sul lavoro che lo obbliga a valutare tutti i rischi dell’ambiente di lavoro, compresi quelli legati allo stress da lavoro correlato.
Un’altra sentenza del mese scorso del Tribunale di Padova accerta la responsabilità datoriale nel rischio da stress causato dal lavoro straordinario oltre il limite previsto dalle norme vigenti e dai contratti nazionali di lavoro. Si ricorda che la legge consente il ricorso allo straordinario nel limite massimo di 250 ore per anno solare.
Un pensiero (preoccupato) va alle realtà dei numerosi imprenditori a oggi impegnati nella vana ricerca di personale da assumere e, in mancanza, costretti a pianificare orari extra in capo ai dipendenti già in forza, col rischio quindi di causare eccessi lavorativi stressogeni.
Lo stress da lavoro è inteso come un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose, che si manifestano quando il lavoro da svolgere non è commisurato alle capacità o alle esigenze dei lavoratori e questi percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per farvi fronte.
I lavoratori, per rendere al meglio, hanno bisogno di coordinamento, formazione, ascolto, coinvolgimento, motivazione e gratificazione. È importante quindi prevenire situazioni di stress dei dipendenti osservando non solo quanto lavorano ma anche come lo fanno, per individuare i segnali di allarme che precedono una situazione di burn out: irritabilità, irrequietezza, disattenzione, insoddisfazione oppure, al contrario, apatia, assenteismo, isolamento e disinteressamento.

Quali sono le soluzioni?

Il datore di lavoro può anticipare situazioni di disagio intervenendo sulla distribuzione dei carichi di lavoro, allentando i ritmi produttivi, verificando i ruoli nell’ambito dell’organizzazione, intercettando le tensioni interpersonali, favorendo l’evoluzione della carriera, incoraggiando il dialogo.
Un ruolo primario lo riveste anche il cosiddetto welfare aziendale a costo zero che porta il datore di lavoro ad adottare delle soluzioni organizzative, semplici ma estremamente efficaci: autorizzare orari di lavoro elastici che rispettino gli impegni familiari dei dipendenti, organizzare formazione professionale on the job per ampliare le conoscenze, favorire momenti di condivisione e confronto anche oltre l’ambito professionale.
Tutto questo richiede impegno e dedizione ma, tra tutti gli investimenti materiali che normalmente si pianificano nelle aziende, quello sulle risorse umane è sicuramente il più prezioso e anche il più redditizio.
Un dipendente gratificato e non stressato lavora di più e lavora meglio. Ma soprattutto non cerca altrove.

Roberta Jacobone
Commercialista del lavoro – Crema