Domenica 4 febbraio. Don Gianfranco commenta il Vangelo: “L’amore fa miracoli, ma il vero miracolo è l’amore”

don Mariconti
Don Gianfranco Mariconti

Dal Vangelo secondo Marco 1, 29-39

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Il perfetto discepolo

Quando si ama una persona, non potendo stare tutto il tempo insieme, il cuore desidera sapere come organizza la giornata, dove si trova, cosa sta facendo in questo momento… per rimanere sempre uniti almeno con il pensiero. Sappiamo come scorrono le nostre giornate dal mattino alla sera… Ma come saranno state le giornate di Gesù?
Marco ci viene incontro offrendoci il resoconto fedele di una delle tante giornate che Gesù trascorreva, con i suoi discepoli, a Cafarnao perché possiamo fare un raffronto con le
nostre e tirarne le debite conseguenze.
In questa domenica si conclude la narrazione della prima giornata del ministero pubblico di Gesù iniziata di sabato nella sinagoga. Gesù è venuto innanzitutto a guarire la
nostra relazione con Dio perché da qui si possono poi curare tutte le altre relazioni, a partire da quelle in famiglia. Finita la fatica della predicazione, Gesù prende un po’ di riposo nella casa degli amici, Simone e Andrea, dimostrando di gradire la calda ospitalità di una famiglia che gli vuole bene. Ma prima del pranzo deve guarire la cuoca, l’anziana suocera di Simone, che si trova a letto con la febbre.
Può sorprendere che Gesù abbia dedicato il suo primo miracolo a un fatto così minimo, nascosto, quotidiano. E tuttavia neanche l’influenza è così banale se basta a escludere dalla preghiera nella sinagoga, farsi servire e chiudersi in se stessi. Dopo essere stata accostata da Gesù, presa per mano e rialzata, la casalinga subito dà una mano a preparare il pranzo. Questa donna, ristabilitasi dalla febbre per mettersi prontamente a servizio degli altri,
diventa così la figura del perfetto discepolo. La salute ci è donata non per andare a divertirci ma per fare volontariato altrimenti siamo ammalati di egoismo sebbene sani. Marco chiuderà la vita pubblica, prima della passione, con un’altra donna che profeticamente ungerà in anticipo il capo di Gesù con l’olio profumato per la sepoltura.

Gesù è sempre in cammino per annunciare il Regno di Dio

Appena il sole tramonta, cessa l’obbligo del riposo sabbatico, tutti perciò sull’onda della fama dei prodigi operati possono portare i loro infermi e gli indemoniati davanti alla porta
della casa (la piazza) senza violare la legge. E Gesù, assediato da tutto il dolore del mondo, già stanco della giornata intensa, non si nega a nessuno, anzi, si prende cura generosamente di ogni male fisico e spirituale per consolare, portare sollievo, risollevare. In una giornata così affollata Gesù trova, come sempre, il tempo per pregare.
Avrebbe potuto dire: “Tutta la mia giornata dedicata agli altri è una preghiera” oppure “Prego quando me la sento”. E in questo dialogo intimo, a tu per tu con il Padre suo, non solo riscopre le motivazioni profonde della sua vita, ricarica le energie per essere ancora più caritatevole ma riesce a fare discernimento così da superare la prima tentazione del successo: “Tutti ti cercano”, dice Pietro, perché vogliono approfittare della tua straordinaria capacità di guaritore.
La religione del benessere individuale che riduce Gesù a un terapeuta qualsiasi da mettere al proprio servizio è più che mai pervasiva oggi. Talvolta è bene dire anche dei no. “Andiamocene altrove… perché io predichi anche là: per questo sono venuto”, dice l’ansia missionaria di Gesù che non si lascia assorbire solo dall’attività nè si lascia sequestrare
dalla persone entusiaste di un unico luogo. Come il Verbo eterno è uscito dal Padre (cfr Giovanni 8,42) così Gesù è sempre in cammino per annunciare il Regno di Dio. Noi invece preferiamo accomodarci in una parrocchia, in un’aggregazione ecclesiale, tra le persone che la pensano nello stesso modo e da cui riceviamo il plauso. E da lì non ci smuove più nessuno.

L’azione di Gesù riempie ogni tempo e ogni spazio

Collocando i diversi avvenimenti nella totalità del tempo (compreso quello sacro del sabato e per 24 ore) e dello spazio (sinagoga, casa, piazza, luogo solitario, villaggi vicini) si vuole mettere in risalto che l’azione di Gesù per affermare il Regno di Dio riempie ogni tempo e ogni spazio, privato e pubblico, incontrando qualsiasi uomo nella condizione in cui si trova per illuminarlo, liberarlo, guarirlo e salvarlo. Molte volte proviamo la voglia di fuggire dalla casa, dall’ufficio, dalla scuola, dalla parrocchia perché il clima è diventato pesante e non ce la facciamo più. Il tempo e lo spazio sono in realtà pieni di Dio così che lo possiamo
trovare, dal mattino alla sera, in qualsiasi ambiente che frequentiamo, attraverso le stesse persone e nelle piccole cose di ogni giorno. Fin da subito emerge la priorità data da Gesù all’insegnamento sulle altre attività e l’importanza vitale che riveste il rapporto intimo con il Padre.
La giornata infatti, iniziata con la preghiera pubblica nella sinagoga, si chiude (aprendone un’altra) con la preghiera solitaria nel deserto. Oggi invece si inizia con il giornale o i social e si termina con la palestra o la discoteca. Solo chi ha incontrato Dio può parlare di lui per esperienza. La preghiera non è una perdita di tempo o evasione dalla dura realtà, ma il
segreto di una vita operosa. Dobbiamo diventare monaci nel cuore della città.

L’azione salvifica di Dio

Evangelizzazione e promozione umana formano una sola cosa perché l’annuncio, invece di fermarsi alle parole, fiorisce nella carità. La malattia, in tutte le sue costellazioni, domina la scena. Il primo sguardo di Gesù si posa sempre sulla sofferenza delle persone e non sul loro peccato. Gesù non guarisce tutti ma di tutti si prende cura, con i gesti più che con le parole. Chi soffre non cerca di farla finita se non è lasciato solo a lottare contro il male,
se chi gli vuole bene rivolge il suo sguardo verso di lui e mette la mano nella sua come una madre per dare fiducia al figlio. Questa azione di benevolenza rimanda al Padre e al suo amore di cui Gesù è il Figlio amato.
Dio è sempre vicino nel momento della fragilità e ci svela il senso della sofferenza, guarisce le ferite dello spirito, ci sostiene nella lotta contro il male e alimenta la speranza davanti alla morte. Anche l’uomo della tecnica, in preda al delirio di onnipotenza, davanti al limite creaturale tocca la propria impotenza ed è portato come Giobbe a interrogarsi sul senso della vita attraversata dal dolore e dalla morte, alternative al desiderio di vivere ed essere felici, diventando più aperto e disponibile all’azione salvifica di Dio.
La malattia non è il castigo di Dio per una colpa, come sostengono gli amici di Giobbe, ma una occasione per purificarci, un tempo di conversione, una prova attraverso cui abbandonarci con fiducia alla volontà di Dio e un’esperienza che ci rende più solidali con chi soffre, a partire dalla vicinanza, dalla tenerezza e dalla compassione (papa Francesco). Se così faremo la vita diventerà una festa senza fine.
Colpisce l’inarrestabile tensione missionaria per evangelizzare tutti che troverà in Paolo un esempio luminoso. La casa di Gesù è la strada. Ma pure la sua Chiesa deve essere continuamente “in uscita” per portare il vangelo nelle “periferie esistenziali” (papa Francesco). La casa, la scuola, l’ufficio, il negozio… possono diventare, dal mattino alla
sera, terra di missione. Al centro c’è sempre Gesù: maestro, esorcista, terapeuta, orante. Il protagonista è soltanto lui mentre i discepoli si mettono alla sua scuola per apprendere l’arte di pescare gli uomini.
Incomincia così ad emergere la bellezza dell’umanità di Gesù che suscita stupore e solleva la domanda sulla sua identità alla cui risposta sarà dedicato tutto il vangelo.

L’amore fa miracoli, ma il vero miracolo è l’amore

I miracoli di Gesù, raccontati nel Vangelo, non sono gesti spettacolari per farsi pubblicità o prove evidenti tali da costringere tutti a credere ma segni che rimandano al Regno, ossia alla potenza dell’amore di Dio manifestatasi in Gesù, con cui il tempo va a compimento. L’amore fa miracoli ma il vero miracolo è l’amore!
Un amore che non solo si prende cura del corpo, ma vince ogni male (fisico, psichico e spirituale) e salva (perdona e dona la vita divina). I miracoli più che generare la fede la presuppongono e si propongono di portare alla conversione. Invece di andare contro la ragione vanno oltre la ragione. Non trasgrediscono arbitrariamente le leggi della natura, ma le ristabiliscono quando sono alterate. Rigenerano dal di dentro ciò che è deformato.
La Chiesa oggi è cauta nel riconoscimento dei miracoli perché deve discernere la loro
compatibilità con queste finalità. Ma ci sono ancora i miracoli? Per molti no.
In realtà siamo ogni giorno spettatori inconsapevoli di miracoli strepitosi: dalle meraviglie della natura o dell’arte fino ai gesti più nascosti e disinteressati di gratuità. E’ una questione di occhi. Uno scrittore riferisce questo apologo: “Che miracoli ha operato il vostro maestro? Chiese un discepolo. Beh, c’è miracolo e miracolo. Nel tuo paese è considerato un miracolo che Dio faccia la volontà di qualcuno. Nel nostro paese è considerato un miracolo che qualcuno faccia la volontà di Dio”. Sempre di A. De Mello è questo suggerimento: “C’è un modo per vivere ed essere liberi: credere nelle cose impossibili e nei miracoli. Quelli che puoi fare anche tu!”

don Gianfranco Mariconti