Giulia, addio. Le parole del vescovo,la lettera del padre

La piazza gremita di gente

Oggi a Padova oltre 10 mila persone, tra cui tantissimi ragazzi, hanno gremito la basilica di Santa Giustina per l’ultimo saluto a Giulia Cecchettin, la 22.enne di Vigonovo (Venezia), uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta.
Circa 1.200 le persone presenti all’interno della basilica, tra cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in rappresentanza del governo, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, il sindaco della città del Santo Sergio Giordani. Poi un’altra cinquantina di primi cittadini con la fascia tricolore, altre autorità civili e militari e tanta gente comune.
Un abbraccio corale, com’era stato chiesto dalla famiglia e dalle istituzioni.

All’esterno, in Prato della Valle, nonostante il freddo si è radunata sin dal primo mattino una folla composta che ha seguito la funzione dai due maxischermi. In tantissimi portavano un fiocco rosso appuntato sul cappotto per dire un “no” forte alla violenza di genere.

La gigantografia di Giulia, rimasta esposta in queste settimane davanti al municipio di Vigonovo, è stata portata in basilica a Santa Giustina. Ritrae la giovane con un vestito rosso, sorridente, in altalena. La Messa è iniziata alle ore 11. Il feretro era composto da una bara bianca ricoperta di rose bianche. Per l’addio alla giovane sono arrivate le corone di fiori del presidente della Repubblica Mattarella, della premier Meloni e dei presidenti di Senato e Camera La Russa e Fontana.

Ad accompagnare la bara, stretti in un dolore lancinante ma compostissimo, c’erano il papà Gino, la sorella Elena, il fratello Davide, la nonna, gli zii e altri parenti. A celebrare le esequie è stato il vescovo di Padova monsignor Claudio Cipolla, presenti molti sacerdoti diocesani.

Una giornata struggente tra dolore e preghiera

Per tutta la giornata è stato lutto in Veneto, con le bandiere a mezz’asta. L’Università patavina ha sospeso le lezioni e chiesto a tutti i docenti e studenti un momento di raccoglimento in memoria di Giulia. Il 16 novembre la ragazza si sarebbe dovuta laureata in Ingegneria biomedica. All’uscita da Santa Giustina, il feretro è stato accolto da un applauso lunghissimo e dal “minuto di rumore” con grida, campanelli e i mazzi di chiavi agitati per lanciare un messaggio contro la violenza di genere.

Dopo Padova, una seconda veglia di preghiera riservata a parenti e amici, si è tenuta a Saonara, la parrocchia dove la Giulia è cresciuta, ha ricevuto i sacramenti e svolto servizio come animatrice. Ora riposerà nel vicino cimitero, nella tomba accanto alla mamma Monica scomparsa prematuramente per malattia lo scorso anno.

LE PAROLE DI MONS. CIPOLLA

Molto toccanti le parole in omelia del vescovo di Padova Claudio Cipolla, che si è soffermato su tre parole: attesa, speranza e amore. Quest’ultimo è tale quand’è liberante, mai opprimente. “Non avremmo voluto vedere quello che i nostri occhi hanno visto né avremmo voluto ascoltare quello che abbiamo appreso nella tarda mattinata di sabato 18 novembre – ha detto –. Per sette lunghi giorni abbiamo atteso, desiderato e sperato di vedere e sentire cose diverse. E invece ora siamo qui, in molti, con gli occhi, anche quelli del cuore, pieni di lacrime e con gli orecchi bisognosi di essere dischiusi ad un ascolto nuovo. Ora servono parole e gesti di sapienza che ci aiutino a non restare intrappolati dall’immane tragedia che si è consumata, per ritrovare anche solo un piccolo spiraglio di luce”.

“La conclusione di questa storia – ha proseguito il presule – lascia in noi amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia. Ma quanto abbiamo vissuto ha reso evidente anche il desiderio di trasformare il dolore in impegno per l’edificazione di una società e un mondo migliori. Che abbiano al centro il rispetto della persona (donna o uomo che sia) e la salvaguardia dei diritti fondamentali di ciascuno. Specie quello alla libera e responsabile definizione del proprio progetto di vita”.

La preghiera per la famiglia Turetta

Monsignor Cipolla ha riaffermato che non si può “più consentire atti di sopraffazione e di abuso. Per questo abbiamo bisogno di concorrere per riuscire a trasformare quella cultura che li rende possibili”, rivolgendo poi anche un pensiero a Turetta. “Chiediamo la pace del cuore anche per Filippo e la sua famiglia. Il nostro cuore cerca tenerezza, comprensione, affetto, amore. La pace del cuore è pace con sé stessi, con il proprio corpo, con la propria psiche, con i propri sentimenti. Soprattutto quelli che riguardano il senso delle azioni che compiamo e il senso della vita. Il nostro cuore è il luogo dove il Vangelo e la Pasqua di Gesù di Nazareth bussano con delicatezza pronti a dispiegare la loro forza umanizzante”.

Infine, un messaggio per i tantissimi ragazzi presenti: “Forse voi giovani potete osare di più rispetto al passato. Avete a disposizione le università e gli studi, avete possibilità di incontri e confronti a livello internazionale. Avete più opportunità e benessere rispetto a 50 anni fa. Nella libertà potete amare meglio e di più: questa è la vostra vocazione e questa può e deve diventare la vostra felicità!”.

IL SALUTO DI PAPÀ GINO

 

“Noi uomini per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere”. Ad affermarlo è Gino Cecchettin, papà di Giulia, nel discorso letto nella basilica di Santa Giustina a Padova, al termine della messa funebre. Prendendo la parola al termine della celebrazione, Cecchettin ha esordito: “Mia figlia Giulia era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma”.

E “nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà. Il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti”. Il femminicidio, ha quindi osservato, “è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne. Vittime proprio di coloro che avrebbero dovuto amarle. E invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita”. Per Cecchettin, “ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione”.

“Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne. E non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto”.

GIULIA, UN PUNTO DI SVOLTA

“In questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele. Ma la sua morte può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne”. È uno dei passaggi conclusivi del discorso di Giulio Cecchettin.

“A chi è genitore come me – ha detto – parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro”.

Per Cecchettin “la prevenzione della violenza di genere inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche. Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza”. Anche i media, ha proseguito, “giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti”. Alle istituzioni politiche il padre di Giulia chiede di “mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere”.

Papà Gino ha così concluso: “Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Ti immagino abbracciata alla mamma. Salutacela. Impareremo a danzare sotto la pioggia. Grazie per questi 22 anni“.