Padre Giuseppe Mizzotti, dopo un periodo di permanenza in Italia, ritornerà nella sua comunità di missione in Perù il prossimo 31 ottobre. Nei giorni scorsi è stato salutato dall’Unità Pastorale di Crema Nuova, San Carlo e Mosi. Missionario della Congregazione dei Monfortani, ci racconta la sua esperienza pastorale in quel lontano Paese.
“Sono partito per il Perù nel 1983 e vi sono ancora oggi, afferma. Ho svolto un lavoro di animazione pastorale e biblica in diverse parrocchie, in quella della Visitacion al centro di Lima, poi Huaycán (250.000 abitanti) in periferia. Esperienze sempre in comunità con altri confratelli monfortani.”
Come è organizzata la vostra Pastorale?
“Come gruppo monfortano abbiamo quattro parole che definiscono il nostro sogno di Chiesa: una Chiesa comunitaria, sinodale, missionaria (di annuncio) e una Chiesa samaritana, cioè solidale.
Comunitaria: la nostra scelta è di lavorare con le piccole comunità ecclesiali di base. Le nostre parrocchie sono divise in vari settori in ciascuno dei quali c’è una piccola comunità di base. Questa vive le dimensioni della vita comunitaria con incontri settimanali, con le celebrazioni liturgiche che si realizzano non solo al centro ma anche nei quartieri; con l’annuncio perché loro scelgono, nominano e preparano i catechisti per le differenti tappe della catechesi, in special modo la catechesi familiare.”
Le piccole comunità funzionano?
“Funzionano! Sono un elemento che ci dà molto aiuto anche per le dimensioni delle nostre parrocchie. La mia attuale è di circa 40.000 abitanti, da solo non sarei in grado di raggiungere tutti. Le piccole comunità ci permettono una presenza significativa nei differenti settori, che si traduce anche in sinodalità. Infatti i responsabili di queste comunità e delle differenti aree di lavoro sono coloro che insieme a noi sacerdoti decidono gli orientamenti per l’anno pastorale e il piano che si vuole realizzare. Ci troviamo tutte le settimane per un cammino di ascolto dei bisogni e delle necessità reali, per un discernimento e per assumere insieme le decisioni.
Il terzo aspetto è quello dell’annuncio: è la dimensione dell’animazione biblica di tutta la pastorale. Cerchiamo di impostare sia la vita delle comunità, sia dei differenti servizi a partire da una formazione biblica e facciamo in modo che gli agenti pastorali abbiano la capacità di ascolto della Parola di Dio: che non sia solo ascoltata ma soprattutto vissuta.
La quarta dimensione è quella della Chiesa samaritana, cioè solidale. Abbiamo differenti servizi, sempre animati dai laici della parrocchia, che rispondono ai due bisogni fondamentali: alimentazione e salute. Alimentazione attraverso una mensa comunitaria gestita da alcune volontari, e un progetto di pacchi di viveri e di alimenti che ogni mese condividiamo con 130 famiglie, non scelte da noi ma dai responsabili delle diverse comunità che ci presentano i casi più bisognosi. Poi la dimensione della salute, con un poliambulatorio dove lavorano come volontari una ventina tra medici e infermieri. Il che ci permettere di rispondere ai bisogni di salute della nostra gente che altrimenti resterebbe esclusa.”
Lo Stato non fa nulla per la salute?
“C’è una specie di Mutua per chi ha un lavoro fisso. Ma chi lavora è solo il 30% della popolazione, l’altro 70% deve pagare, se può, altrimenti resta fuori.”
E la struttura sanitaria?
“C’è, ma è fatiscente. Il Perù è il Paese dei grandi contrasti: ci sono cliniche specializzate all’ultimo grido con professori preparatissimi, ma pochissimi se le possono permettere e poi c’è la struttura statale dove… è meglio non entrare!”
E la situazione politico-sociale?
“Il Perù è un Paese molto insicuro. In questo momento sta governando chi ha perso le elezioni. Il vincitore ha tentato un colpo di Stato che è durato un’ora e poi è subentrata la sua vicepresidente che governa insieme a chi ha perso le elezioni. Ci sono molta resistenza e incertezza, la gente non sa che pesci prendere, esplodono proteste da un momento all’altro: ci sono già stati un sessantina di morti. In tre anni abbiamo avuto cinque presidenti: si può immaginare quale instabilità politica!”
Parliamo dell’esperienza biblica che caratterizza la tua missione.
“L’esperienza è cominciata nella nostra parrocchia quando, nel 1987, abbiamo organizzato una grande missione di tutta la diocesi di Lima. Abbiamo preparato alcuni laici per comprendere il cammino di Israele, di Gesù e delle nostre piccole comunità di oggi. Ne è nato un grande desiderio della Parola. Finita la missione, la gente ci chiedeva: vogliamo più Bibbia, vogliamo conoscere di più.
Allora siamo andati a prepararci per alcuni mesi in Brasile seguendo un corso biblico intensivo con Carlos Mesters e alcuni teologi ed esegeti esperti. Dopo questi sei mesi, abbiamo organizzato un primo corso a livello parrocchiale, tutti i venerdì: frequentava un centinaio di persone. Di seguito sono venuti agli incontri anche da alcune parrocchie vicine, poi ci hanno invitato altre parrocchie e pure la Conferenza dei religiosi; hanno cominciato a chiamarci le varie congregazioni che lavorano in varie parti del Perù. E noi ci siamo organizzati per rispondere agli inviti. Ma non abbiamo mai voluto creare un movimento, ci siamo sempre sentiti come un gruppo di servizio alla Parola e alle diverse parrocchie.
Il gruppo centrale attualmente è formato da una ventina di persone, religiosi e laici, abbiamo fatto un cammino di formazione di 20/25 anni insieme, con incontri nazionali di formazione due volte all’anno. Inizialmente eravamo noi che andavamo nelle varie parrocchie, poi è nata l’idea di rafforzare i gruppi locali. Siamo riusciti a formarli in una decina di anni. Ora ci sono cinque o sei gruppi locali che assumono l’animazione biblica della loro zona. Noi prepariamo gli agenti pastorali perché possano animare il loro lavoro pastorale alla luce e con la forza della Parola.”
Come mai questo desiderio nella gente?
“Ha sorpreso anche noi, ma, entrati in questo cammino, abbiamo scoperto che la gente ha davvero sete della Parola di Dio e anche una facilità grande a entrare in sintonia con essa: quando tu l’aiuti a mettere la Parola nel contesto in cui è nata, la gente con grande facilità la connette con la realtà che viviamo oggi. Quello che hanno vissuto nel passato risponde anche ai nostri bisogni, diversi, ma con molti punti in comune.”
In concreto come fate questi incontri?
“Alcuni sono specificamente di formazione, sono delle lezioni dirette agli agenti pastorali. Poi suggeriamo la Lectio Divina, la lettura orante della Parola di Dio che aiuta i gruppi. Si parte da un problema reale che si sta vivendo e si cerca di illuminarlo con un testo che risponde al tema: si riflette sul brano, prima inquadrandolo nelle sue origini, per ricuperare il messaggio che contiene per oggi.”
Per concludere Giuseppe, come è possibile rinnovare oggi la missione?
“La missione non può essere più, come nel passato, centrata su missionari che andavano all’estero e annunciavano qualcosa di differente e cercavano di proporre un cammino di sacramentalizzazione e liturgia che a volte risultava strano alla gente del posto. Oggi è più un cammino di presenza, di ascolto delle esigenze della gente e della loro religiosità popolare per arricchirla con il Vangelo. Dobbiamo ritornare all’origine.