“Per le strade passavano in silenzio slitte e gruppi di uomini. Sembravano ombre che uscivano dalla neve” (Mario Rigoni Stern). Sabato prossimo, 1 aprile, presso il santuario di San Rocco in Dovera, vero gioiello cinquecentesco di storia, di arte e di cultura religiosa, che è tornato a risplendere nella sua bellezza primitiva da poco, avrà luogo l’annuale commemorazione della battaglia di Nikolajewka (Russia) del 26-1-1943, di 80 anni or sono, dove “il prezzo pagato dagli Alpini fu enorme: dopo la battaglia rimasero sul terreno migliaia di caduti. Tutte le ‘penne nere’, senza distinzione di grado e di origine, diedero un esempio di coraggio, di spirito di sacrificio e di alto senso del dovere”. L’iniziativa è della Rettoria San Rocco-Associazione ‘San Rocco e San Cassiano”, della Fondazione CRA Postino e Dovera onlus, degli Alpini, dell’Associazione Carabinieri, della Bcc Caravaggio e Cremasca.
Alle ore 10 è previsto il ritrovo presso il Santuario San Rocco; alle 10.10 ci sarà la presentazione delle Forze d’Armi e rappresentanze civili; alle 10.20 il passaggio in rassegna del generale di Corpo d’Armata, Marcello Bellacicco; alle 10.30 l’Alzabandiera; alle 10.40 è previsto il saluto del presidente dell’associazione San Rocco e San Cassiano alle autorità. Seguiranno il saluto del sindaco e la locuzione del generale Bellacicco. Alle 11 è in programma la santa Messa celebrata dal rettore don Carlo Granata, a suffragio dei Caduti, cui seguirà l’ammainabandiera. A impreziosire la cerimonia interveranno anche il coro Monte Cervino di Gessate e la banda di Cassano d’Adda. Saranno presenti rappresentanze dei gruppi Alpini di Crema, Castelleone, Cremona, Rivolta d’Adda, Lodi, una rappresentanza degli alpini paracadutisti, un gruppo delle crocerossine di Lodi-Crema, autorità locali, provinciali e regionali.
Il vero senso di questa commemorazione (quest’anno ricorre l’80esimo anniversario della campagna di Russia) è “di custodire la tradizione. Ma la tradizione non sta a significare che i vivi, quelli che un tempo sono stati vivi, sono morti, ma che i morti sono vivi. E che ancora raccontano e ci ammaestrano – riflette Giuseppe Scoglio, regista di questa cerimonia –. E ci raccomandano che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra Patria, né dalle sue vittorie, né dalle sue sconfitte, come ammoniva Benedetto Croce. Tuttavia sappiamo anche che la gloria di un Paese non è nella vittoria, ma nella grandiosità della lotta che ha sostenuto”.