Sistematizzare la presa in carico delle persone con dipendenze nella fase precedente all’avvio di un percorso riabilitativo e rilanciare l’opportunità offerta dagli appartamenti soprattutto per le persone più giovani, promuovendo la continuazione di un percorso a forte impronta psicoterapeutica ed educativa. Sono questi, in estrema sintesi, i principali obiettivi dell’Unità operativa di riabilitazione delle dipendenze di Asst Crema, attiva nel presidio Santa Marta di Rivolta d’Adda e diretta da Paolo Marzorati.
Sperimentazione con area detox
Come spiega il primario: “Il 2022 ci ha portato a ridisegnare alcune attività e ad aprire il reparto a un’utenza con bisogni acuti. Non solo, nella dimensione riabilitativa si fa sempre più forte la necessità di aiutare le persone anche in una fase preliminare, in cui molto spesso l’incapacità di staccarsi dalle sostanze impedisce l’avvio di un percorso di cura”.
L’idea è quella di avviare una sperimentazione con area detox, (due dovranno essere i posti letto dedicati), gestita in collaborazione tra medici e infermieri. L’obiettivo resta lo stesso: “L’attività proposta dal reparto punta ad aiutare le persone a cambiare il proprio stile di vita, purché abbiano una forte propensione alla sobrietà. Sappiamo che una dipendenza non è una condanna a una vita relegata e senza speranza. Si può fare molto per cambiare, ma prima di tutto deve volerlo la persona coinvolta”.
Il ruolo dell’equipe di educatori
Sul protagonismo lavora fortemente anche l’equipe di educatori attiva nell’esperienza residenziale degli appartamenti. “Sono tornati nella nostra gestione nel 2022. Il lavoro da parte dell’equipe e rivolto a giovani dovrà essere implementato per aiutare la responsabilizzazione, la costruzione e il consolidamento di autonomie nella vita quotidiana”.
Centrale da questo punto di vista è anche un supporto attivo nella ricerca di lavoro. Oltre a un primo percorso di residenzialità, finalizzato alla prosecuzione dopo il ricovero in reparto del percorso riabilitativo, viene offerta anche un’esperienza di co-housing: “Si rivolge a persone con una buona autonomia, in grado di mantenere l’astensione, ma che non hanno un sufficiente supporto familiare. In questa fase viene offerto loro un luogo protetto dove poter rientrare la sera, lontano da sostanze o da contesti abitativi inadatti”. L’esperienza in co-housing può durare fino a tre mesi. “Nel mentre viene garantito un supporto nella ricerca di una soluzione abitativa alternativa a quella di origine”.
Bisogni aumentati in fase post pandemica
Queste progettualità mirano a offrire soluzioni concrete a bisogni che hanno visto un incremento in fase post pandemica. “Il Covid – riprende Marzorati – ha disintegrato la dimensione relazionale. Lo scorso anno ci hanno chiesto aiuto più di 400 persone, che durante il Covid sono peggiorate gravemente”. L’incremento di richieste è stato pari al 25 per cento.
“Chi usa sostanze ha grosse difficoltà relazionali; la sostanza diventa una forma di contatto verso l’altro. I rapporti divengono mediati da una droga che spegne le emozioni o dissocia. In un periodo in cui siamo stati educati alla distanza le ricadute per persone fragili sono state rovinose, perché le persone sole si sono sentite ancora più sole. Quando una persona con fragilità viene messa in smart working può andare incontro a un crollo radicale. Significa operare un taglio dal mondo esterno per persone che sopravvivono agganciate al loro lavoro, agganciate all’attività che dà senso alla loro identità e alla loro vita. La pandemia ha portato alla luce un bisogno troppo sottovalutato: quello di essere ascoltati e valutati per ciò che abbiamo da dire e da raccontare, oltre che per quello che sappiamo fare”.
Forte l’impegno per il reparto
L’impegno per il reparto è notevole. Recente l’arrivo di un secondo medico per un’Unità operativa che dispone di 15 posti letto. “Riconosciamo l’impegno dell’Azienda e lo apprezziamo, ma lo sforzo condiviso deve continuare”. Per offrire una presa in carico adeguata alle richieste del territorio e, soprattutto, delle persone più giovani.
“Nella fascia giovane il disagio ha a che fare con comportamenti devianti, disadattati o dipendenza con disagio psichiatrico. Il nostro è un servizio di secondo livello, che subentra nella presa in carico di casi più gravi. Tuttavia, nel percorso riabilitativo che proponiamo la routine del reparto è scandita da diverse attività per rendere la persona protagonista, parte attiva di un percorso di cura”.
Il futuro sarà scandito anche “da una buona sinergia con gli altri servizi che si occupano della cura della salute mentale, a partire dalla considerazione che spesso le dipendenze sono associate a un disturbo psichiatrico”.