Con grandissima affluenza di pubblico non solo cremasco, si è svolta sabato 28 gennaio nella sala Cremonesi del Museo di Crema e del Cremasco, a cura della Delegazione FAI di Crema nell’ambito della rassegna Il Sabato del Museo, la conferenza di Valerio Ferrari, storico del territorio, dedicata al Mito del “Mare Gerundo” nel contesto storico-geografico del territorio cremasco.
Una vicenda che ha dell’incredibile
Dopo i saluti introduttivi della Capo Delegazione Annalisa Doneda e dell’Assessore all’Ambiente del Comune di Crema Franco Bordo, l’illustrazione dell’argomento è partita dall’inquadramento geomorfologico della pianura lombarda e delle valli fluviali che la solcano, tutte contemporanee tra loro e formatesi in modo analogo a quella dell’Adda (e tuttavia prive di analoghe tradizioni ‘lacustri’), ed è poi passata a delineare un breve excursus storico-climatico relativo alle vicende occorse a questo vasto territorio dall’ultima glaciazione in poi.
Alla luce di tali evidenze, l’esposizione puntualmente documentata di Valerio Ferrari – seguita da un pubblico attentissimo – si è poi concentrata sulla concreta eventualità che un bacino lacustre di così imponenti dimensioni, secondo le fantasiose ricostruzioni grafiche riportate da diversi volumi ed ora da chiunque rintracciabili in internet, sia potuto veramente esistere.
Secondo la narrazione tradizionale, infatti, sono ancora molte le persone che ritengono che questo mitico ‘lago’, sia veramente esistito in epoca imprecisata, ma che la mitografia letteraria cremasca e lodigiana riferirebbe ai primi secoli del Basso Medioevo.
La scomparsa miracolosa
Scomparso miracolosamente, come asseriva l’erudito lodigiano Defendente Lodi, il primo gennaio dell’anno 1300, unitamente al malefico ‘drago’ che ne infestava le acque ‒ per intervento soprannaturale, mercé l’intercessione di San Cristoforo ‒ della sua esistenza non sarebbero rimaste altre tracce se non nella sua leggendaria evocazione, rinnovata di generazione in generazione dai racconti di schiere di nonni, genitori e insegnanti che ogni volta ne rinfocolano l’immaginifica figura a tutto favore di una platea di nipoti, figli e alunni che a loro volta, divenuti adulti, ne perpetueranno l’epopea.
La singolare saga, diffusa per la prima volta a stampa dal cremasco Alemanio Fino negli ultimi decenni del XVI secolo, da quel momento in poi avrebbe trovato un’insperata fortuna ad opera di altri eruditi e letterati delle varie epoche successive. In tal modo il mitico lago prese ad espandere progressivamente le sue immaginarie dimensioni, finendo per configurarsi come il più vasto bacino lacustre che il suolo italiano avesse mai visto in epoca storica, coprendo una presunta superficie lunga una sessantina di chilometri, dalla confluenza tra i fiumi Adda e Brembo, per giungere sino al Po.
Alla luce di meglio ponderate riflessioni, non è difficile comprendere come una simile bacino lacustre, tanto dilatato da coprire un’area che segna una dislivello superiore all’ottantina di metri da un capo all’altro della sua estensione, configurerebbe un ‘lago in pendenza’, del tutto inverosimile, poiché contrario alle leggi della fisica, e, dunque, impossibilitato, per sua natura, ad esistere.
Qualche considerazione anche sul mitico “drago Tarantasio”, il cui nome dev’essere ritenuto di non antica origine, poiché mai menzionato in tale forma dagli autori passati almeno sino al secolo scorso, ha chiuso la conversazione.
La visita alle piroghe
A seguire i visitatori sono stati accompagnati dai volontari FAI e dal personale del Museo nella sezione di Archeologia fluviale che ospita quattro delle tredici piroghe trovate nei fiumi Adda, Oglio e Po appositamente trattate per poter resistere fuori dall’acqua, grazie anche all’ambiente ad umidità e temperatura controllate della sala.
Undici imbarcazioni monossili (così vengono definite dagli studiosi le piroghe) furono ritrovate tra il 1972 ed il 1976 e costituiscono il nucleo più significativo della collezione.
Per informazioni sulla sala, molto apprezzata dai nostri visitatori, che vi consigliamo di visitare ecco il link al website del Museo
< http://www.museocrema.it/sezioni.html >
Per ripercorrere le vicende del ritrovamento delle prime undici piroghe ecco il link all’articolo liberamente scaricabile di Lidia Cesarani Ermentini in «Insula Fulcheria», 13, 1983 <https://www.comunecrema.it/sites/default/files/insula_fulcheria_n_13_83_ermentini_undici_piroghe_0.pdf>
Per approfondimenti sul tema della conferenza il volume di riferimento è: Valerio Ferrari, Il “Mare Gerundo” tra mitografia letteraria e realtà geografica, (Tessere di geostoria cremasca e dintorni, 2), Edizioni Fantigrafica, Cremona 2022.