Caffè Letterario. Magnificat, di Sonia Aggio

“Questo stupefacente Magnificat è il romanzo d’esordio di una ragazza nata a Rovigo nel 1995, che non ha paura di raccontare la sua terra, ricca, misteriosa e senza tempo, percorsa dal Grande Fiume. Perché non narra il presente, forse troppo scivoloso e torbido, ma lascia che il tempo calmi le acque, e racconta con cura e affetto gli anni dell’alluvione del 1951. Perché in epigrafe appare una citazione dal Don Camillo di Guareschi, e questo mi commuove e mi consola. Perché, infine, è ben riconoscibile la centralità del paesaggio: il marchio di qualità forse più evidente di una narrativa veneta che affonda le radici tra i grandi maestri del Novecento, ma che prova, in tanti modi e con tante voci, a dire ancora oggi qualcosa di nuovo e, perché no, di bello”. Queste parole di Paolo Malaguti, grande narratore di storie della sua terra sono la migliore presentazione del romanzo d’esordio di Sonia Aggio, che nel suo “carnet” ha una serie di racconti pluripremiati e una segnalazione al Campiello Giovani, prossima protagonista del Caffè Letterario di Crema: ne parlerà la sera di lunedì 21 novembre con il giornalista Riccardo Maruti in sala Bottesini del teatro San Domenico, con inizio alle 20.45 e ingresso libero. La serata vede, come da tradizione, l’accompagnamento musicale a cura di Chiara Marinoni e Matteo Bacchio.

Il libro

In Magnificat c’è anche un senso molto mistico di legame con il territorio, con una forte impressione di realismo magico che sposta l’attenzione dal terreno all’ultra terreno.

Il titolo è un omaggio a un’opera di Sandro Botticelli, La Madonna del Magnificat, opera molto intima probabilmente destinata a un uso domestico, che mi ha colpito per la presenza di cherubini, belli e androgini, che mi hanno ispirato nella fisicità delle protagoniste, Nilde e Norma”, spiega Sonia. Nilde e Norma sono cugine, ma è come se fossero sorelle. Sono coetanee e, crescendo, il loro legame è diventato sempre più forte, fino a trovare rifugio l’una nell’altra dopo la morte dei rispettivi genitori avvenuta durante i bombardamenti del 1944. Un pomeriggio Norma rientra a casa visibilmente sconvolta: ha le ginocchia sbucciate, delle ferite sui gomiti. A Nilde racconta di essere caduta mentre percorreva l’argine del fiume Po in bicicletta per rientrare a casa. Ma Nilde sin da subito sospetta che non si tratti della verità. I comportamenti di Norma, da quel momento, si fanno sempre più bizzarri: a ogni temporale raggiunge il fiume correndo sotto la pioggia, fa in modo che Nilde perda le sue tracce per giorni; ha uno sguardo sconvolto e si nega all’aiuto di chiunque. Un giorno, mentre la pioggia non dà segno di volersi placare, il Po è in piena e minaccia di rompere gli argini, Nilde scopre il segreto che ha allontanato Norma da lei. Ai lettori il piacere di scoprirlo a loro volta. L’alluvione del 1951 travolse il Polesine cambiandone completamente lo scenario geografico, urbano e umano. “È un evento che ha segnato un punto di rottura con il passato, quindi anche con una serie di tradizioni: una società è collassata nel giro di una notte. Ho voluto dare un tributo proprio a questa società, alle centinaia di migliaia di persone emigrate per non tornare mai più, ricordandogli ultimi mesi prima dell’alluvione”. Un evento raccontato attraverso le parole e la vita di due cugine la bella e dolce Nilde e la bellissima ma contrastata Norma.

Il territorio diventa il mezzo attraverso cui fare accadere delle cose che banalmente possiamo considerare soprannaturali, che trascendono la comprensione umana. Di fatto non c’è mai una spiegazione di questi fenomeni. C’è da parte della comunità una condivisione di questo retaggio di leggende, di percezione di tradizioni che, non viene effettivamente messo in discussione e che si trasmette di madre in figlia. Tutti gli abitanti del paese lo condividono. Il mio territorio mi rappresenta, l’ho sempre trovato molto affascinante, inoltre con questo romanzo cancello una serie di stereotipi che si applicano al Polesine, considerata zona depressa. Ho voluto comunicarne la bellezza e il piacere di viverci nonostante la drammaticità dell’argomento.