Nel 2030 leggeremo ancora i giornali? Che ruolo avranno in un mondo in cui le notizie sembrano essere ormai ovunque, rimbalzando di cellulare in cellulare e da social a social? Sono alcuni degli spunti su cui si sono confrontati domenica 9 ottobre, in chiusura della decima edizione de I Mondi di Carta, Luciano Fontana, direttore de Il Corriere della Sera, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire e il giornalista cremasco Paolo Gualandris.
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Moderati da Walter Bruno in sala Pietro da Cemmo, gli intervistati sono stati tutti d’accordo su un fatto: il futuro dell’editoria si basa sull’alleanza tra lettori, sempre più educati allo spirito critico, e giornalisti, sempre più impegnati nel ruolo di certificatori delle notizie e di verità. Un lavoro che, come hanno confermato gli ospiti, impegna le redazioni ormai 24 ore su 24, con nuove regole, turni e mansioni. Nuovi esperti del mondo digitale e veri e propri “cacciatori di fake-news”. Perché se le opinioni possono mettere gli uni contro gli altri, i fatti parlano chiaro. Così, ad esempio, è stato vissuto l’impegno durante la pandemia, con la consapevolezza che ogni parla detta o scritta malamente avrebbe avuto ripercussioni importanti sulla società. “Quando si ha sete, si cercano pozzi di acqua potabile”, ha chiosato Tarquinio parlando delle fonti dell’informazione. “Durante la pandemia, le persone spaventate e confuse si sono abbeverate anche in pozzanghere”. Questo riconferma l’importante ruolo di chi vuole fare informazione seriamente, indagando a fondo e con coscienza prima di mandare l’articolo in stampa. In riferimento alla situazione internazionale contemporanea, sempre più tesa, i giornalisti hanno ricordato la responsabilità di raccontare le guerre, anche quelle dimenticate, perché solo così, guardando l’orrore in faccia ogni giorno, si può aprire la strada alle forze della pace. “Il mondo va avanti grazie a chi fa la cosa giusta”, ha ricordato Tarquinio, “anche se spesso sono quelli di cui nessuno parla”.
