24-30 luglio il Papa in visita nel Canada. Un pellegrinaggio sui luoghi del dolore

Malta-Roma
Il Papa durante il viaggio di ritorno da Malta a Roma risponde alla domande dei giornalisti (Foto Vatican Media/SIR)

“È un momento storico importante per i sopravvissuti del sistema scolastico residenziale e del danno causato dalla Chiesa cattolica. Siamo stati colpiti tutti da questo sistema, direttamente o indirettamente. Queste scuse riconoscono quanto abbiamo vissuto e creano un’opportunità per la Chiesa di riparare ai rapporti con i popoli indigeni in tutto il mondo. Non finisce qui: c’è molto da fare. È un inizio”.
Prendono la parola a uno a uno, per la prima volta in terra canadese, alla vigilia della visita di papa Francesco. Sono i capi delle First Nations, Ermineskin Cree Nation, Louis Bull Tribe, Sioux Nation. All’incontro con la stampa, ci sono anche gli anziani e i sopravvissuti alle scuole residenziali. A parlare per primo è il Gran Capo George Arcand Jr., della Confederazione delle Prime Nazioni del Trattato n. 6 (Confederacy of Treaty Six). Le loro dichiarazioni vengono distribuite alla stampa dalla Conferenza episcopale canadese.

Il viaggio in Canada del Papa, un pellegrinaggio sui luoghi del dolore

Nella terra delle “scuole residenziali”, sostenute purtroppo anche dalla chiesa cattolica. Saranno numerosi gli incontri che il Papa avrà con le popolazioni indigene.
A Maskwacis, comunità nel centro di Alberta, a circa 70 km a sud di Edmonton, Francesco incontrerà le popolazioni indigene First Nations, Métis e Inuit, una rappresentanza delle quali era stata ricevuta in Vaticano dal 28 marzo al 1° giugno scorsi. A loro aveva promesso che sarebbe andato personalmente in terra canadese per esprimere parole di perdono e sostenere un percorso di riconciliazione.
Nell’Arcivescovado a Québec, il Papa incontrerà per circa un’ora e mezza una delegazione di indigeni presenti nella città francofona. Da qui il Pontefice partirà in aereo per Iqaluit, capitale del Territorio Canadese di Nunavut, situata a sud del Circolo Polare Artico. Qui Francesco si recherà nella locale scuola elementare per incontrare privatamente un gruppo di alunni delle ex scuole residenziali.
Si stima che, a partire dal 1883 fino agli anni ‘60 del secolo scorso, circa 150 mila bambini delle Prime Nazioni, Métis e Inuit sono stati obbligati a frequentare una delle 139 scuole distribuite in tutto il Paese, rompendo il legame con le loro famiglie, con la loro lingua e cultura. La decisione rientrava nel quadro della politica di assimilazione. A causa di malattie, fame, freddo, almeno 4 mila di questi bambini hanno trovato la morte.

Il dolore, le testimonianze e il perdono

“Molte delle nostre persone hanno chiesto al Papa di visitare le nostre terre e di porgere le scuse”, ha detto il Gran Capo George Arcand Jr. “Questo atto è una parte importante del loro viaggio di guarigione”.
“Sono portatori di traumi inimmaginabili. Per molti, il riconoscimento di questo dolore è un passo importante verso la riconciliazione”. Il Gran Capo racconta di aver avuto l’opportunità di trascorrere del tempo con molte delle persone sopravvissute alle scuole residenziali. Ascoltare le loro storie e la sofferenza che hanno vissuto, è molto doloroso. Molti non sono riusciti purtroppo a tornare a casa. Nelle tombe recentemente ritrovate, molti corpi di bimbi giacciono senza nome. Il loro ritrovamento ha suscitato un’onda di choc e orrore in tutto il mondo.
“Anche se questi danni non possono mai essere annullati, per dimenticare, credo che ci debba essere il perdono”, dice il Gran Capo. I popoli canadesi hanno voglia di voltare pagina ma sanno che “solo attraverso il perdono possiamo costruire nuovi ponti e ricostruire le nostre comunità”.

Che cos’è la giustizia?

Il Capo Randy Ermineskin, della Ermineskin Cree Nation, chiede giustizia. È la nazione che ospiterà a Maskwacis una tappa della visita del Papa.
“Anche se ci è voluto troppo tempo – dice – siamo grati che questo giorno sia finalmente arrivato e che si stia svolgendo nella nostra comunità”. Non sarà facile ricordare.
“Come sopravvissuto, so che ciò che accadrà, sarà doloroso. Solo vedere le foto delle scuole, ricordare i corridoi, le aule, come siamo stati trattati, è doloroso. Cos’è la giustizia?”, chiede.
“Vogliamo che la verità su ciò che è successo in queste scuole, sia condivisa con il pubblico. Tutti devono sapere cosa ci è successo in modo che non accada mai più”. Anche Desmond Bull, capo della tribù Louis Bull, è un sopravvissuto.
“Sono stato derubato della mia lingua, che ora sto lentamente reimparando”, dice. “Gli eventi della prossima settimana potrebbero pesare molto e aprire vecchie ferite. Chiedo ai sopravvissuti di essere forti”.

Il Fondo per la riconciliazione indigena

Nei giorni scorsi, la Conferenza episcopale canadese ha fatto sapere che il Fondo per la riconciliazione indigena ha già raccolto 4,6 milioni di dollari dalle diocesi cattoliche in tutto il paese, come parte di un impegno nazionale volto a raccogliere 30 milioni di dollari nei prossimi cinque anni.
Il Fondo – assicurano i vescovi – è stato progettato per soddisfare i più elevati standard di trasparenza e buon governo ed è supervisionato da un Consiglio di Amministrazione composto da leader indigeni di tutto il Canada.
Al Consiglio di Amministrazione si è aggiunto recentemente anche Graydon Nicholas. È stata la prima persona indigena nel Canada atlantico a conseguire una laurea in giurisprudenza e ha prestato servizio come consulente in molti casi importanti che coinvolgono i diritti delle persone indigene.
Il Fondo servirà per finanziare il processo di guarigione e riconciliazione, il lavoro di ricerca nei cimiteri sui siti di ex scuole residenziali, e la promozione di iniziative educative e e culturali.