Il gesto di offrire il pane e il sale ai visitatori “è un messaggio forte per il nostro vivere comune: ci dice che la ricchezza vera non consiste tanto nel moltiplicare quanto si ha, ma nel condividerlo equamente con chi abbiamo intorno”. Parlando alle autorità slovacche, dal palazzo presidenziale di Bratislava, il Papa ha preso spunto dal tradizionale gesto dell’ospitalità slava per ricordare che “il pane, che spezzandosi evoca la fragilità, invita in particolare a prendersi cura dei più deboli”.
“Nessuno venga stigmatizzato o discriminato”, il monito: “Lo sguardo cristiano non vede nei più fragili un peso o un problema, ma fratelli e sorelle da accompagnare e custodire. Il pane spezzato ed equamente condiviso richiama l’importanza della giustizia, del dare a ciascuno l’opportunità di realizzarsi”.
“È necessario adoperarsi per costruire un futuro in cui le leggi si applichino equamente a tutti, sulla base di una giustizia che non sia mai in vendita”, l’appello: “E perché la giustizia non rimanga un’idea astratta, ma sia concreta come il pane, è da intraprendere una seria lotta alla corruzione e va anzitutto promossa e diffusa la legalità”.
L’appello del Pontefice: “Siamo creativi”
“Trovare nuovi alfabeti per annunciare la fede”. È questo, per il Papa, “il compito più urgente della Chiesa” non solo in Slovacchia, ma “presso i popoli dell’Europa”. Incontrando i vescovi nella cattedrale di San Martino Bratislava, dopo aver parlato con le autorità, Francesco ha affermato: “Abbiamo sullo sfondo una ricca tradizione cristiana, ma per la vita di molte persone, oggi, essa rimane nel ricordo di un passato che non parla più e non orienta più le scelte dell’esistenza”. Secondo il Pontefice “dinanzi allo smarrimento del senso di Dio e della gioia della fede non giova lamentarsi, trincerarsi in un cattolicesimo difensivo, giudicare e accusare il mondo cattivo; serve la creatività del Vangelo”, che “non è chiuso, è ancora vigente”.
“Davanti a una generazione che non ci crede, che ha perso il senso della fede o l’ha ridota ad abitudine o cultura più o meno accettabile, cerchiamo di aprire un buco, siamo creativi”, l’appello a braccio: “Che bello quando sappiamo trovare vie, modi e linguaggi nuovi per annunciare il Vangelo! Noi possiamo aiutare con la creatività umana, ma il grande creativo è lo Spirito Santo, è lui che ci spinge ad essere creativi”.
“L’omelia non deve andare oltre i 10 minuti” è la raccomandazione del Papa, che nel discorso rivolto ai vescovi slovacchi ha dedicato un’ampia parte a braccio al tema della predicazione. “L’omelia non è un sacramento, ma un saramentale: non è una predica, è un’altra cosa” ha raccontato.
L’invito: “Lo dico a sacerdoti e vescovi: pensate bene a come preparare l’omelia, perché ci sia un contatto con la gente, e che prenda ispirazione da un testo biblico. Non deve andare oltre i 10 minuti, perché la gente dopo 8 minuti perde l’attenzione. Un professore di omiletica diceva che un’omelia deve avere una coerenza interna: un’idea, un’immagine e un affetto”.
Le parole del Santo Padre sono state salutate da un caloroso applauso dei presenti. E il Papa ha scherzato, sempre a braccio: “Permettetemi una malignità: l’applauso lo hanno cominciato le suore, che sono le vittime delle nostre omelie”.
Il Papa al Centro Betlemme
“Buonasera a tutti voi! Sono contento di visitarvi, di essere tra voi. Grazie di ricevermi”. È il saluto del Papa, a braccio, agli ospiti del Centro Betlemme, gestito alla periferia di Bratislava dalle Suore della Congregazione di Madre Teresa. “E ringrazio tanto le suore, il lavoro he fanno”, ha proseguito Francesco parlando sempre a braccio nel piazzale antistante il Centro: “Lavoro di accoglienza, di aiuto, di accompagnamento. Grazie tante! Anche ringrazio le mamme e i papà e tutti i ragazzi di essere qui in questo momento. E anche il Signore è con noi: quando noi siamo insieme, così felici, il Signore è con noi. È con noi anche quando c’è il momento della prova. Mai ci abbandona. Possiamo vederlo o non possiamo vederlo, ma il Signore sempre ci accompagna nei momenti della vita. Non dimentichiamolo questo, soprattutto nei momenti bui”.
Poi la visita alla struttura e l’incontro con i senzatetto.
Chi distrugge un solo uomo distrugge il mondo intero
“Non sono la distruzione e la morte ad avere l’ultima parola, ma il rinnovamento e la vita. E se la sinagoga in questo sito è stata demolita, la comunità è ancora presente. È viva e aperta al dialogo”. Il Papa ha concluso il discorso rivolto alla comunità ebraica slovacca usando accenti di speranza. “Qui le nostre storie si incontrano di nuovo”, le parole dalla Piazza Rybné námestie: ”Qui insieme affermiamo davanti a Dio la volontà di proseguire nel cammino di avvicinamento e di amicizia”.
“Conservo vivo in me il ricordo dell’incontro a Roma nel 2017 con i Rappresentanti delle vostre comunità ebraiche e cristiane”, ha rivelato Francesco: “Sono lieto che in seguito sia stata istituita una Commissione per il dialogo con la Chiesa cattolica e che abbiate pubblicato insieme importanti documenti. È bene condividere e comunicare ciò che unisce. Ed è bene proseguire, nella verità e con sincerità, nel percorso fraterno di purificazione della memoria per risanare le ferite passate, così come nel ricordo del bene ricevuto e offerto”.
Secondo il Talmud, la citazione del Papa, “chi distrugge un solo uomo distrugge il mondo intero, e chi salva un solo uomo salva il mondo intero. Ognuno conta, e conta molto quello che fate attraverso la vostra preziosa condivisione. Vi ringrazio per le porte che avete aperto da entrambe le parti. Il mondo ha bisogno di porte aperte. Sono segni di benedizione per l’umanità”.
“Qui, in questa terra slovacca, terra d’incontro tra est e ovest, tra nord e sud – la consegna finale – la famiglia dei figli di Israele continui a coltivare questa vocazione, la chiamata a essere segno di benedizione per tutte le famiglie della terra. La benedizione dell’Altissimo si riversa su di noi quando vede una famiglia di fratelli che si rispettano, si amano e collaborano. Vi benedica l’Onnipotente, perché in mezzo a tanta discordia che inquina il nostro mondo possiate essere sempre, insieme, testimoni di pace. Shalom”.