Se è vero che alcune delle donne presenti al vertice del G20 per l’empowerment femminile di Santa Margherita Ligure per la prima volta hanno potuto partecipare a un incontro di respiro internazionale in cui si discuteva del loro futuro, come Chantal Mulop, Special Advisor del Presidente della Repubblica democratica del Congo per i giovani e la violenza contro le donne, è altrettanto vero che migliaia di donne rischiano di perdere in queste ore non solo la libertà, ma la vita, in Afghanistan.
Negli stessi istanti in cui sulla Riviera ligure di Levante si descriveva l’agenda dei prossimi anni per valorizzare la parità di genere e la cancellazione di stereotipi e violenza, con uno sguardo per la prima volta univoco, sui telefonini dei cronisti rimbalzavano i lanci di agenzia che portavano, a pochi metri dai lettini stesi al sole, la disperazione delle migliaia di persone ancora intrappolate all’aeroporto di Kabul, che sarebbero state colpite direttamente, toccate o sfiorate, dall’attacco kamikaze che ha causato decine di vittime.
L’agenda dei lavori del vertice, fortemente voluto dal Governo italiano nel corso dell’anno di Presidenza del G20, è stata forzatamente spostata verso l’emergenza internazionale, che il premier Draghi vorrebbe portare sul tavolo di una riunione dei Primi ministri del gruppo già alla fine di settembre; non si è sottratta alle domande dei cronisti la Commissaria europea all’Uguaglianza, la maltese Helena Dalli, che, ha sottolineato la comunanza di intenti delle partecipanti al vertice, ugualmente preoccupate per il destino di donne che rischiano di perdere libertà e diritti, quando non la sua stessa esistenza.
La forte presa di posizione e la richiesta corale di un impegno dei singoli governi per un incremento delle azioni a sostegno della parità di genere, nella formazione quanto nella società, è forse l’esito più pragmatico del vertice ligure che ha focalizzato l’attenzione su due diversi temi: da un lato la necessità di investire sull’educazione delle bambine e dei bambini, per scardinare l’insinuarsi di stereotipi di genere già dalla prima infanzia, e per garantire anche alle ragazze una accesso alle discipline tecniche, scientifiche, digitali ed economiche che, ad oggi, risultano sbilanciate, con una predominanza maschile fra gli iscritti; e dall’altro l’urgenza di un riequilibrio salariale e di opportunità di accesso a posizioni di vertice nel sistema produttivo che, se amalgamate con una rete irrobustita di servizi e di infrastrutture sociali, possono offrire al mondo del lavoro la possibilità di godere anche dell’apporto femminile, oltre che di quello maschile, nell’esplicarsi delle sue più complesse declinazioni.
“Non è solo una emergenza, ma un’opportunità”, è stata infatti la conclusione della ministra italiana, Elena Bonetti che, a chiusura dei lavori, ha voluto sottolineare la concretezza degli impegni assunti. Per il nostro Paese, in particolare, certificazione di genere per le imprese, family act e formazione nelle materie tecnico scientifiche.