ITINERARI DELLO SPIRITO/5 – Il santuario di Santa Maria Incoronata di Canepanova

Canepanova
La facciata del santuario
Con questo servizio visitiamo il santuario di Santa Maria Incoronata di Canepanova nella città di Pavia. Un santuario che, all’interno, presenta una impressionante somiglianza con la nostra basilica di Santa Maria della Croce. Analogo anche il messaggio spirituale che cercheremo di recepire. Nel contempo il santuario è punto di riferimento per tante persone nel bisogno che i frati Minori accolgono e aiutano. Ne viene dunque anche un grande messaggio di carità e amore.

La storia

Il nome Canepanova è quello di un’antica e nobile famiglia pavese. Aveva delle case dove ora sorge il santuario. Sul muro di una di esse un’immagine della Madonna che allatta il bambino.
Molti fedeli la veneravano e sostenevano che operasse miracoli; con loro anche il vescovo di Pavia, del casato Canepanova, divenuto poi papa Giovanni XIV nel 983 (lo ricorda una tela in santuario).
Alla fine del XV secolo Viscardo Canepanova donò il sito per costruirvi un santuario. La decisione sarebbe legata anche a un voto, fatto nel 1492, per la guarigione del duca milanese Gian Galeazzo Sforza (come testimonia un’altra tela di Francesco Pini). Si pose la prima pietra nel 1500. Progettista Antonio Amadeo, allievo di Bramante a Milano.
Era successo anche a Crema: pure Giovanni Battagio, l’architetto che disegnò il santuario di Santa Maria, era discepolo di Bramante. Allo stile del grande artista rinascimentale, si rifanno i due santuari: il nostro venne iniziato nel 1490; quello di Pavia dieci anni dopo. Ma il clima è lo stesso e il risultato bellissimo sia a Crema che a Pavia. Quest’ultimo comunque fu ampliato con l’aggiunta di altre parti: il presbiterio, due cappelle, il coro e la sacrestia.
Quasi conclusa l’edificazione, la chiesa venne affidata alla Congregazione dei Chierici Regolari di san Paolo (i Barnabiti) che la portarono a compimento con la costruzione della cupola. Nel 1564 si aggiunse il presbiterio con relativa cupola e, nei primi anni del Seicento, il coro dietro l’altare maggiore e l’ampia sacrestia. Nel 1621 i Barnabiti acquistarono le case davanti al santuario per demolirle e realizzare una piazza.
I Barnabiti provvidero alla decorazione pittorica del santuario, oggi una piccola pinacoteca del Seicento lombardo. I religiosi di san Paolo vennero soppressi da Napoleone (1810): il convento passò al Comune che vi collocò una scuola (ancora oggi presente) e il santuario divenne sussidiario della parrocchia di san Francesco. Fino al 1915, quando fu affidato ai frati Minori francescani che lo gestiscono tutt’oggi.

L’architettura

L’impianto architettonico del santuario di Santa Maria Incoronata di Canepanova è tipicamente bramantesco, molto simile alla basilica di Santa Maria della Croce a Crema e di altre chiese coeve.
La struttura è quadrata, in cotto a vista, con quattro torri angolari (di diversa altezza). La facciata è rimasta purtroppo incompiuta, come la rispettiva torre di sinistra (a nord): quella di destra porta l’orologio. Nella facciata si apre un portale centrale e due piccole porte laterali. In alto una bifora. Solo il lato sud (lungo via Negri) è compiuto, con decorazioni circolari in cotto, tipiche del Bramante.
Sopra l’impianto quadrato si alza la struttura ottagonale della cupola: doveva essere inglobata in un tiburio a loggia, ma non è mai avvenuto.

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L’interno del santuario

L’interno

L’interno tipicamente bramantesco è a ottagono con otto grandi archi separati da colonne su alti pilastri e capitelli dorati compositi che sostengono una trabeazione.
Negli spazi aperti dagli archi troviamo: l’ingresso dalla strada e, di fronte, quello al presbiterio; ortogonali sono la cappella di sant’Anna (a sinistra) e quella di san Giuseppe (a destra) con volte ad arco; negli altri quattro, gli angoli dell’impianto quadrato con gli ingressi delle facciate e confessionali, sopra i quali ammiriamo le tele delle otto eroine bibliche (di cui parleremo), e gli spicchi delle volte a catino, con figure di angeli festanti.
Nella parte alta, sopra la trabeazione, si sviluppa un loggiato di otto grandi bifore, divise anch’esse da colonne che s’appoggiano sulle sottostanti e sostengono un’ulteriore trabeazione, dalla quale parte la cupola di otto vele con otto finestre circolari alle basi. Al sommo, la lanterna.
La decorazione è a quadrature (che hanno cancellato interventi precedenti) realizzate nel 1741 da Antonio Longone, in occasione della beatificazione di Alessandro Sauli (1534-1592), generale dei Barnabiti, poi vescovo di Aleria in Corsica e infine di Pavia.

Le cappelle

La cappella di sant’Anna presenta una pala d’altare di autore anonimo del Cinquecento: raffigura Sant’Anna con La Madonna e il Bambino e i santi Pietro, Paolo, Giacomo e Margherita d’Antiochia.
Nella cappella di san Giuseppe, eretta nel 1507, la pala d’altare raffigura La Natività con sant’Antonio, un vescovo e un Papa (quest’ultimo forse il già citato Giovanni XIV). Nello scudo all’interno del timpano della cornice la scritta: Chi ha cura del suo Signore sarà glorificato (Prov. 27,19). La tela viene attribuita dai critici al Moncalvo (1568-1625) o a Simone Peterzano (1535-1599).
Nelle quattro cappelle d’angolo, sopra un basamento con due putti in stucco, sono poste le otto tele delle eroine bibliche che prefigurano le virtù della Madonna.
Da sinistra troviamo:
1 – Prima cappella:
– Rebecca disseta il servo mandato da Abramo a chiedere una sposa per il figlio Isacco (Gen 24,1-4. 9-18). Figura della Vergine mediatrice di tutte le grazie.
– Miriam che esulta dopo il passaggio del Mar Rosso, danza e assieme ai suonatori intona il famoso canto (Es 15,19-21) che richiama il Magnificat di Maria.
Le due tele sono opera di Camillo Procaccini (1561-1629), eseguite nel 1620-23.
2 – Seconda cappella:
– La profetessa Debora fa radunare l’esercito contro Sisara (Giud 4,4-9), prefigura la Vergine che guida il suo popolo.
– Rachele che fa abbeverare il suo gregge al pozzo (Gen 29,10-11), figura della Vergine che porta l’uomo a incontrare il Salvatore.
Le due tele sono state realizzate nel 1620 da Giulio Cesare Procaccini (1574-1625).
3 – Terza cappella:
– Ester che supplica il re Assuero per la salvezza del popolo ebreo (Ester 5,1-l2), è figura della Vergine che interviene presso Dio.
– Giuditta dopo aver tagliato la testa di Oloferne (Giudici 13,1-11), prefigura la Vergine che ha riportato vittoria sul nemico infernale.
Le due tele sono opera di Alessandro Tiarini (1577-1668) eseguite nel 1616.
4 – Quarta cappella:
– Abigail che offre doni per placare Davide (1 Sam 25) è figura di Maria che placa l’ira divina.
– Giaele che indica Sisara sconfitto (Giudici 4,17-24) è figura dell’Immacolata che schiaccia il capo al maligno serpente.
Le due tele sono del 1616, opera del Moncalvo.

Il presbiterio

Come si diceva, il presbiterio è stato aggiunto a partire dal 1564, introducendo un vulnus, a mio avviso, nell’equilibrio dell’impianto bramantesco.
È stato disegnato a pianta quadrata con cupola decorata a cassettoni e finte finestre, ma con una grande lanterna; fino al 2008 era chiuso con un cancellata, ora tolta. Entrando, sulle due pareti dell’accesso troviamo, all’interno di nicchie con cornici e angeli e un arco contenente un busto, due tele del Moncalvo: a sinistra San Carlo Borromeo (1538-1584), a destra Sant’Alessandro Sauli.

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Il presbiterio

Osservando il presbiterio notiamo una peculiarità: nei quattro pennacchi sui quali poggia la cupola, invece dei quattro Evangelisti, come avviene nella quasi totalità dei casi, troviamo dipinte otto sibille, due per pennacchio. È una delle opere più significative del Moncalvo.
Nelle nicchie dei pilastri vediamo invece le statue in gesso di quattro profeti: Davide ed Ezechiele (a fianco dell’altare con l’icona della Vergine), di fronte Isaia e Daniele.
Al fondo del presbiterio si trova il bellissimo, secentesco altare maggiore dello scultore Tommaso Orsolino, esponente del barocco genovese (1587-1675).
La mensa è decorata con la stupenda scena dell’Assunzione della Madonna, nella quale ammiriamo gli apostoli concitati, alcuni dei quali guardano il sepolcro vuoto, altri in alto… e su di un cartiglio si legge: È stata assunta (in cielo)!
Sopra i due gradini della mensa una grande alzata formata da quattro colonne in marmo su basamenti, che sostengono una trabeazione ad arco spezzato. All’interno un riquadro con angeli scolpiti che reggono l’antica, dolcissima immagine della Madonna del latte: due angioletti sostengono una corona sul suo capo. Sopra la scena, la colomba dello Spirito Santo e, sopra ancora, nell’arco spezzato del timpano, il Padre Eterno.
Non ci resta che visitare le due cappelle costruite a lato del presbiterio e comunicanti attraverso un grande arco. Quella di sinistra prende il nome da un Crocifisso ligneo posto in loco, in una nicchia sopra l’altare, nel 1810. Nella volta sono dipinti gli strumenti della passione e alle pareti due tele: La Risurrezione di Gesù di Pietro Maggi (1660-1738) e L’Assunzione.
La cappella di destra è dedicata all’Immacolata. Sull’altare la tela appunto dell’Immacolata del pavese Bernardino Ciceri (1650-1728); sulla parete la bella tela dell’Incoronazione della Vergine.
Da questa cappella si passa nella sacrestia alle cui pareti ammiriamo una serie di splendidi armadi settecenteschi. Un’abside decorata da Antonio Longone (sec. XVIII), contiene una tela che raffigura sempre Alessandro Sauli che lascia il pastorale per prendere la croce.
Dalla sacrestia al coro, dove è visibile la parte retrostante dell’altare, simile a quella antistante con due colonne che contengono un’immagine della Madonna con Bambino, il simbolo francescano (due braccia incrociate davanti alla croce) e due epigrafi che documentano l’arrivo dei frati Minori e l’incoronazione della Madonna (1926). Belli gli stalli lignei con il leggio nel mezzo. Alla parete una nicchia con la Madonna Assunta.

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Fra’ Enrico e due collaboratori nel refettorio dei poveri

L’accoglienza francescana

Ma i segni dell’amore di Dio qui al santuario della Madonna di Canepanova, non sono solo architettonici e pittorici. Vi sono anche segni veri e vissuti. È l’impegno di frati Minori verso i poveri. Qui gestiscono dal 1945 – ci racconta fra’ Franco – una mensa che dà il pasto ogni giorno a 150 poveri. Responsabile è fra’ Enrico. I fondi per sostenerla vengono spontaneamente dai pavesi, molto generosi.
I frati seguono anche la pastorale universitaria e dei migranti. Il terz’ordine francescano e tantissimi giovani della Gioventù Francescana (Gifra) hanno come punto di riferimento il santuario.
La comunità è di cinque frati. Visitiamo il refettorio dove è dipinto san Francesco e, all’ingresso una grande lapide con il Cantico di frate sole. “Questa è la nostra vita: è una cosa bella”, conclude fra’ Franco. Bella come il loro santuario!