“Pietro e Paolo sono liberi solo perché sono stati liberati”. Così il Papa ieri nell’omelia per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, celebrata nella Basilica Vaticana, dopo aver benedetto i palli presi dalla Confessione dell’Apostolo Pietro e destinati agli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’anno.
“Pietro, il pescatore di Galilea, è stato anzitutto liberato dal senso di inadeguatezza e dall’amarezza del fallimento, e questo è avvenuto grazie all’amore incondizionato di Gesù”, ha proseguito Francesco: “Lo ha incoraggiato a non arrendersi, a gettare ancora le reti in mare, a camminare sulle acque, a guardare con coraggio alla propria debolezza, a seguirlo sulla via della Croce, a dare la vita per i fratelli, a pascere le sue pecore. Così lo ha liberato dalla paura, dai calcoli basati sulle sole sicurezze umane, dalle preoccupazioni mondane, infondendogli il coraggio di rischiare tutto e la gioia di sentirsi pescatore di uomini”.
Anche Paolo “ha sperimentato la liberazione da parte di Cristo”: “È stato liberato dalla schiavitù più opprimente, quella del suo io, e da Saulo, nome del primo re di Israele, è diventato Paolo, che significa ‘piccolo’. È stato liberato anche dallo zelo religioso che lo aveva reso accanito nel sostenere le tradizioni ricevute e violento nel perseguitare i cristiani. È stato liberato. L’osservanza formale della religione e la difesa a spada tratta della tradizione, invece che aprirlo all’amore di Dio e dei fratelli, lo avevano irrigidito: era un fondamentalista”.
E papa Frajncesco ha aggiunto: “Abbiamo sempre bisogno di venire liberati, perché solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile. Pietro e Paolo ci consegnano l’immagine di una Chiesa affidata alle nostre mani, ma condotta dal Signore con fedeltà e tenerezza; di una Chiesa debole, ma forte della presenza di Dio; l’immagine di una Chiesa liberata che può offrire al mondo quella liberazione che da solo non può darsi: la liberazione dal peccato, dalla morte, dalla rassegnazione, dal senso dell’ingiustizia, dalla perdita della speranza che abbruttisce la vita delle donne e degli uomini del nostro tempo”. “Quante catene vanno spezzate e quante porte sbarrate devono essere aperte!”, ha esclamato il Santo Padre: “Noi possiamo essere collaboratori di questa liberazione, ma solo se per primi ci lasciamo liberare dalla novità di Gesù e camminiamo nella libertà dello Spirito Santo”. Infine un pensiero alla delegazione del Patriarcato Ecumenico inviata da Bartolomeo: “La vostra gradita presenza è un prezioso segno di unità nel cammino di liberazione dalle distanze che scandalosamente dividono i credenti in Cristo”.
“Questo interessa al Signore: stare al centro dei nostri pensieri, diventare il punto di riferimento dei nostri affetti; essere, in poche parole, l’amore della nostra vita. Non le opinioni che noi abbiamo su di Lui: non interessa, a Lui. Gli interessa il nostro amore, se Lui è nel nostro cuore”. Lo ha detto il Papa prima della recita dell’Angelus nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo: “I Santi che festeggiamo oggi hanno fatto questo passaggio e sono diventati testimoni. Il passaggio dall’opinione ad avere Gesù nel cuore: testimoni. Non sono stati ammiratori, ma imitatori di Gesù. Non sono stati spettatori, ma protagonisti del Vangelo. Non hanno creduto a parole, ma coi fatti.”
“Il 1° luglio ricorrerà il 160° anniversario della prima edizione de ‘L’Osservatore Romano’, il ‘giornale del partito’, come lo chiamo io. Tanti auguri e grazie tante per il vostro servizio. Continuate il vostro lavoro con fedeltà e creatività”. Così il Papa dopo la recita dell’Angelus.
Quindi il ricordo di “un anniversario che tocca il cuore di tutti noi: 70 anni fa, Papa Benedetto veniva ordinato sacerdote. A te, Benedetto, caro padre e fratello, va il nostro affetto, la nostra gratitudine e la nostra vicinanza. Lui vive nel monastero, un luogo voluto per ospitare le comunità contemplative qui in Vaticano, perché pregassero per la Chiesa. Attualmente, è lui il contemplativo del Vaticano, che spende la sua vita pregando per la Chiesa e per la diocesi di Roma, della quale è vescovo emerito. Grazie, Benedetto, caro padre e fratello. Grazie per la tua testimonianza credibile. Grazie per il tuo sguardo continuamente rivolto verso l’orizzonte di Dio: grazie!”.