“Questa domenica è davvero bella e provvidenziale, perché ci permette di celebrare insieme la Giornata della Vita e di fare memoria del Beato Alfredo Cremonesi”. Ha iniziato così la sua toccante omelia padre Gigi Maccalli, che questa mattina ha presieduto la Messa in chiesa a Ripalta Guerina, dopo aver sostato un attimo presso la casa natale del missionario martire, di cui proprio oggi si ricorda il 68° della morte.
Accolto dal parroco don Elio Costi e dai tanti guerinesi presenti, padre Gigi – e tutti con lui – ha avuto la gioia di condividere la bella celebrazione anche con il vescovo Daniele, arrivato per vivere il momento nella comunione di fede: monsignor Gianotti è rimasto tra la gente, lasciando la presidenza della Messa a padre Gigi.
Guardando alla testimonianza del Beato Alfredo, il missionario madignanese ha detto che “il martire è colui che dà la vita” e che “il sangue dei martiri è seme di cristiani”: è così che la Chiesa si rinnova sempre. Padre Gigi ha sottolineato come durante i due anni nei quali è stato rapito in Niger ogni giorno ha pregato padre Alfredo: “Non sapevo che era Beato, mi rivolgevo a lui come a un ‘collega’ missionario e a un conterraneo chiedendogli d’intercedere per me”.
Parlando della sua prigionia, padre Gigi ha confidato delle molte volte in cui s’è rivolto a Dio: “Perché mi hai abbandonato?… Fino a quando?… Una preghiera che sentivo essere in sintonia con tante altre vittime innocenti”.
Ma il Dio di Gesù è il Dio della vita: in lui, ogni giorno, padre Gigi ha sperato per tornare a vivere. “Nei due anni di silenzio e catene ho dato un valore diverso alla vita e alla missione: i miei piedi di missionario erano incatenati, ma il mio cuore no! Il cuore ‘pompava’ preghiere per tutte le periferie del mondo e, con l’intercessione di Santa Caterina, patrona delle missioni, sono andato libero nei villaggi che prima visitavo. La preghiera è il fondamento della missione”.
E l’esempio è sempre Gesù, uomo “contemplattivo” – proprio con due t – che agiva di giorno ma sapeva pure trovare spazi di solitudine e preghiera dai quali scaturivano gli orizzonti della sua missione.
Padre Gigi ha ricordato quanto ha fatto nella sua esperienza missionaria e come tutto sia andato perduto la notte del suo sequestro. “Ma – ha rimarcato – la missione è di Dio, che fa sempre grandi cose. I miei due anni prigioniero sono stati i più fecondi: dalla sofferenza è nata la vita; è stato un tornare all’essenzialità del Vangelo che è un abbraccio di fraternità, di perdono e di pace”.
Tra il perdono e la pace in mezzo c’è sempre Gesù in croce, le cui braccia aperte abbracciano il mondo. “Si – ha concluso padre Gigi – perché siamo tutti fratelli! Io ho seminato questo e anche il Beato Alfredo, col suo martirio, ha spezzato le catene dell’odio. Come ho detto ai miei rapitori: possiamo un giorno capire che siamo tutti fratelli“.
Al termine della Messa il saluto del vescovo Daniele, che ha infine impartito la benedizione con la reliquia del missionario martire.