“Ricordare e far ricordare a tutti il sacrificio di milioni di vittime innocenti – ebrei in maggior parte, ma anche rom e sinti, omosessuali, oppositori politici, disabili – esprime un dovere di umanità e di civiltà”. Lo ha affermato questa mattina il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria svoltasi al Quirinale, alla presenza delle più alte cariche dello Stato, della presidente dell’Ucei (Unione delle Comunità ebraiche italiane), Noemi Di Segni, e di Sami Modiano, sopravvissuto all’Olocausto.
Auschwitz: una costruzione che racchiude i termini di un tragico paradosso
“Ci accostiamo al tema della Memoria con commozione e turbamento; e sempre pervasi da inquietudine, dubbi e interrogativi irrisolti”, ha osservato il Capo dello Stato, perché “Auschwitz – che simboleggia e riassume tutto l’orrore e la lucida follia del totalitarismo razzista – racchiude in sé i termini di un tragico paradosso”.
“Si tratta, infatti, della costruzione più disumana mai concepita dall’uomo. Uomini contro l’umanità”, ha proseguito Mattarella, parlando della “spaventosa fabbrica di morte. Il non luogo, l’inaudito, il mai visto, l’inimmaginabile. Sono questi i termini ricorrenti con cui i sopravvissuti hanno descritto il loro tremendo passaggio in quei luoghi di violenza e di abiezione”.
“Un unicum, nella storia dell’umanità, che pur è costellata purtroppo di stragi, genocidi, guerre e crudeltà. Una mostruosa costruzione, realizzata nel cuore della civile ed evoluta Europa. In un secolo – ha ricordato – che pure si era aperto con la speranza nel progresso, nella pace e nella giustizia sociale e con la fiducia nella scienza, nella tecnica e nelle istituzioni della democrazia”.
“Sull’Europa intera sta tornando una nuvola nera”. Dobbiamo vigilare
“La memoria – che oggi celebriamo qui e in tante altre parti del mondo – non è gettare lo sguardo su una fotografia che sbiadisce con il trascorrere del tempo. Ma un sentimento civile, energico e impegnativo. Una passione autentica per tutto quello che concerne la pace, la fratellanza, l’amicizia tra i popoli, il diritto, il dialogo, l’eguaglianza, la libertà, la democrazia” ha affermato Mattarella.
“Nei giorni scorsi Edith Bruk ha detto che ‘sull’Europa intera sta tornando una nuvola nera’. Confido che non sia così”, ha auspicato il Capo dello Stato, “anche per la fiducia nella grande, storica costruzione di pace rappresentata dall’Unione europea, nata dando centralità alla persona umana, sulla base dell’amicizia tra i popoli del Continente e mettendo in comune il loro futuro”.
“Ma quell’appello, quell’avvertimento non va dimenticato”, ha ammonito il presidente: “Sta a noi impedire che quel che – di così turpe – è avvenuto si ripeta. Sta a noi vigilare e guidare gli avvenimenti e trasmettere alle future generazioni i valori della civiltà umana”.
Il fascismo e il nazismo: prodotti di pulsioni, correnti pseudo culturali
Nel suo intervento Mattarella ha evidenziato che “i totalitarismi della prima metà del Novecento – e le ideologie che li hanno ispirati – hanno arrestato la ruota dello sviluppo della civiltà, precipitando larga parte del mondo nella notte della ragione, nel buio fitto della barbarie, in una dimensione di terrore e di sangue”. Per il Capo dello Stato, “faremmo un’offesa grave a quegli uomini, a quelle donne, a quei bambini mandati a morire nelle camere a gas, se considerassimo quella infausta stagione come un accidente della storia, da mettere tra parentesi. Se, insomma, rinchiudessimo soltanto nella memoria quei tragici accadimenti, chiudendo gli occhi sulle origini che hanno avuto e sulle loro dinamiche”. Perché “il fascismo, il nazismo, il razzismo non furono funghi velenosi nati per caso nel giardino ben curato della civiltà europea. Furono invece il prodotto di pulsioni, di correnti pseudo culturali, e persino di mode e atteggiamenti che affondavano le radici nei decenni e, persino, nei secoli precedenti”.
La memoria è un fondamento della Repubblica
“La Costituzione Repubblicana, nata dalla Resistenza, ha cancellato le ignominie della dittatura. Ma non intende dimenticarle. Non vanno dimenticate” ha evidenziato il presidente della Repubblica.
“Per questa ragione – ha ammonito – la memoria è un fondamento della Repubblica che si basa sui principi di uguaglianza, di libertà, di dignità umana, con il riconoscimento, pieno e inalienabile, dei diritti universali dell’uomo, di ciascuna persona. Contro la barbarie dell’arbitrio, della violenza, della sopraffazione”.
Poco prima il presidente aveva fatto riferimento alle “leggi razziali” del regime fascista parlando dell’opera “Colui che sono” del maestro Emilio Isgrò esposta da alcuni mesi nei saloni del Quirinale. “Isgrò – ha spiegato Mattarella – vi ha cancellato a una a una le parole contenute negli articoli delle famigerate leggi razziali italiane del 1938”. Ma “quelle cancellature – ha precisato – non rappresentano una rimozione, tutt’altro. Le pagine di quel provvedimento infame e infamante rimangono infatti ben visibili, sia pure sotto fitti tratti di penna”.
Un crimine contro l’umanità
Il presidente ha ripercorso quanto successo nei decenni bui dei regimi totalitari in Italia e Germania, “Paesi di antica tradizione cristiana e umanista, culle del diritto, dell’arte, del pensiero, della civiltà” che “le dittature” fecero precipitare “in un universo tetro, senza libertà e senza umanità. Una dimensione fatta di odio e di paura che, inevitabilmente, portò alla soppressione fisica di chi veniva definito diverso e scatenò – per brama di conquista e di potenza – il più micidiale e distruttivo conflitto che la storia dell’uomo rammenti”.
“La circostanza che i dittatori trovino nelle loro popolazioni, per qualche tempo, larga approvazione e ampio consenso non attenua per nulla la responsabilità morale e storica dei loro misfatti. Un crimine, e un crimine contro l’umanità, resta tale, anche se condiviso da molti, aggiungendo alla infamia la colpa di aver trascinano in essa numerosi altri”, la sottolineatura di Mattarella, secondo cui “questa constatazione, persino ovvia – ma talvolta posta in discussione – ci obbliga piuttosto, ancora una volta, a fare i conti senza infingimenti e con coraggio, con la storia nazionale. E a chiamare gli eventi con il loro vero nome”.