Come ogni anno, nel periodo delle vacanze estive vi proponiamo alcune mete spirituali. Iniziamo con un caratteristico Santuario, situato alle pendici dell’Alben, nella valle del Riso, su una collinetta a quota 954 metri tra i monti bergamaschi. È la Madonna del Frassino di Oneta. Località assolutamente suggestiva, che si raggiunge percorrendo una buona parte della valle Seriana e, prima di raggiungere Ponte Nossa, imboccando – a sinistra – appunto la Val del Riso. Si percorre una strada di montagna per circa 9 chilometri e si arriva al parcheggio del Santuario, dopo aver superato il villaggio di Oneta.
Dal parcheggio, qualche centinaio di metri a piedi in mezzo al bosco, per raggiungere il complesso: il Santuario, le case del custode e del pellegrino con relativo ristorante, la fontana del miracolo, il monumento ai Caduti. Un luogo di preghiera, di pace e di immersione nella natura, grazie a un paesaggio stupendo. La località viene chiamata “frassino”, da cui il nome del Santuario, forse perché un tempo in loco sorgeva appunto un maestoso frassino, di cui oggi non esiste più traccia.
Il Santuario, con una semplice facciata a capanna, s’affaccia sulla valle come da un balcone. Sul piccolo portale d’ingresso, un tondo con l’immagine dell’apparizione della Madonna alla giovane Petruccia. Davanti alla facciata una struttura in ferro porta una grande scritta: AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINUS TECUM.
Il miracolo
In questo angolo solitario delle montagne bergamasche, la Madonna si sarebbe resa presente con un evento straordinario, testimone una giovane ragazza. Le informazioni che abbiamo sull’episodio ci vengono dagli atti della Visita pastorale del vescovo Lippomane (1536) e successivamente da quelli della visita di San Carlo Borromeo (1575). Vi si legge che un’immagine della Madonna, dipinta sulla parete di una fontana, iniziò a sanguinare in un anno non precisato. Ne fu testimone una donna (i testi non riportano il nome) che, con un panno di lino, raccolse le lacrime di sangue sgorgate dagli occhi dell’immagine miracolosa. Il sangue rimasto impresso sul panno venne interpretato come una prova dell’apparizione.
Su queste scarne notizie la tradizione popolare ha costruito, lungo i secoli, un racconto devozionale senza garanzie storiche. Innanzitutto la donna fu identificata come una giovane pastorella di 14 anni, di nome Pierina Carobbio, chiamata familiarmente Petruccia.
La ragazza si recava ogni giorno in quel luogo isolato con le sue pecore. Un giorno, inginocchiata ai piedi di un grande frassino, si raccomandò alla Madonna perché la liberasse da un forte dolore agli occhi. La Madonna le apparve, la confortò, poi tinse con alcune gocce di sangue il velo di Petruccia indicandole di portarlo agli occhi che subito guarirono. La tradizione indica anche ora e data dell’evento: le quattro del pomeriggio del 2 luglio 1512.
Non possiamo avere nessuna garanzia storica di questo racconto, ma cogliamo la grande devozione che vi sta dietro e che ancor oggi dà significato al santuario di Oneta. Una situazione che troviamo in tanti altri santuari italiani e del mondo. Ciò che conta (e non è anche questo un miracolo?) è il grande amore per la Madre di Gesù da parte del popolo di Dio.
Il santuario
Al tempo del miracolo esisteva in loco un piccolo oratorio campestre con due arcate chiuse da una cancellata. A pochi metri sorgeva un fabbricato provvisto di cisterna con un portico che si apriva sulla facciata, sotto il quale vi era una fonte a cui si accedeva scendendo quattro gradini.
Nel 1524 venne costruita una chiesa nuova a fianco dell’oratorio. Nel 1615 venne ampliata e si costruì anche il primo campanile a torre. Attorno al 1650 la chiesetta originaria venne inglobata nel Santuario più grande, che nel 1725 assunse l’aspetto attuale. Nella parete sud sono ancora visibili gli archi del vecchio oratorio.
Purtroppo nel 1938, nell’ambito dei lavori di ampliamento del piazzale venne distrutto l’edificio del fonte miracoloso che sorgeva sul lato sud del santuario. Nei recenti lavori di ripristino (2009) è stata individuata la posizione della fonte, sono state ritrovate le fondazioni ed è tornata alla luce la cisterna per la raccolta dell’acqua. L’area è stata delimitata da una cancellata: un’epigrafe spiega il ritrovamento.
Arte e fede
Come s’è detto il Santuario è molto semplice nelle linee architettoniche. Una struttura a capanna, con una sobria facciata al centro della quale si apre il portalino d’ingresso con semplice trabeazione.
Nei restauri del 2002 si è riportata alla luce la meridiana, datata 1762, e la scritta latina posta sotto il tondo affrescato (di Giovanni Brighenti) con la scena dell’apparizione (Ci metteremo in adorazione là dove si sono posati i suoi piedi).
L’interno del Santuario è di taglio classico, a tre navate con due file di archi sorretti da pilastri; sopra vi corre una trabeazione che regge la volta a vele. Davanti al presbiterio, sopraelevato e delimitato da una bella cancellata in ferro battuto, l’edicola che racchiude la scena dell’apparizione: la Madonna consegna a Petruccia il velo con tre gocce di sangue. Presente anche una pecorella. Il gruppo è stato realizzato dagli artigiani del legno di Ortisei nel 1964, in occasione del 50° anniversario dell’incoronazione della Madonna, sostituendo quello del 1876 ormai degradato (restaurato, si trova ora nella chiesa della frazione Scullera).
Molto interessante l’antica devozione della “scoperta”. L’immagine della Madonna veniva tenuta nascosta da un velo: il pellegrino chiedeva che venisse “scoperta” cioè resa visibile, il che avveniva poco alla volta, mentre si recitavano preghiere mariane.
Numerose le opere d’arte che abbelliscono il Santuario. Prima fra tutte il bellissimo polittico della Visitazione, posto nella parete dell’abside, realizzato su tavole di legno a tre scomparti: nella parte centrale è raffigurata La visita di Maria a sant’Elisabetta, nello scomparto di sinistra San Giuseppe, in quello di destra San Zaccaria; sopra, una lunetta con l’Eterno Padre circondato da angioletti. La pala (databile a dopo il 1545) è opera di Gerolamo da Santa Croce (1490 ca-1556) nato a San Pellegrino, ma inserito nel mondo artistico veneziano, alla scuola di Gentile e Giovanni Bellini e poi di Cima da Conegliano, dei quali assorbì lo stile. Pittore molto fecondo e ben apprezzato al suo tempo.
Nella navata centrale ammiriamo quattro affreschi attribuiti a Giovanni Brighenti, insigne pittore di Clusone (1784-1861), eseguiti negli anni 1830-35. L’artista lasciò numerosi affreschi nelle chiese della Val Seriana, di Bergamo fino a Lecco. Questi del santuario del Frassino sono i seguenti: sopra la porta principale La Natività di Maria, subito dopo Lo Sposalizio di Maria con S. Giuseppe, all’ingresso del presbiterio L’Assunzione di Maria e L’Annunciazione sull’arco trionfale, infine L’Incoronazione e La Gloria di Maria in cielo sopra l’altare maggiore. Ai lati del presbiterio, sopra il cornicione, si vedono in due ricchi medaglioni: Ester che da Assuero implora perdono al suo popolo e Giuditta in atto di troncare la testa ad Oloferne.
Sopra le arcate della navata centrale sono visibili quattro medaglioni o cammei rappresentanti Maria Regina degli Angeli, Salute degli infermi, Regina degli Apostoli e dei Vergini. Tutte le arcate sono adorne di simboli biblici illustranti Maria, le sue virtù e le sue glorie.
Sull’altare della navata di destra, dedicato a S. Giovanni Battista, è posta la tela dell’Incoronazione di Maria e i santi Sebastiano e Giovanni Battista (1720 circa). È attribuita ad Antonio Cifrondi (1656-1730), artista di stile tardo-barocco, nativo di Clusone molto attivo nella sua città e in val Seriana.
La pala del corrispettivo altare della navata di sinistra, dedicato a S. Francesco, è di modesto autore. Raffigura Il dono delle stigmate e la presenza, in basso a sinistra, di una Leone di S. Marco indica come alcune famiglie di Oneta avessero stretti rapporti commerciali con Venezia.
L’altare maggiore è tutto in marmo, opera dei Fantoni di Rovetta e reca ai lati due splendidi angeli adoranti scolpiti in marmo bianco di Carrara da Grazioso Fantoni (1713-1798) nel 1760. Come è noto, i Fantoni sono stati un’importante famiglia bergamasca di scultori intagliatori e architetti. Il coro ligneo in noce del 1709 venne eseguito da Giacomo Morzenti di Vertova: è stato restaurato nel 1988.
Nella chiesa troviamo numerose altre tele. Sulla parete di sinistra: Agar nel deserto, di scuola veneta del ‘700 Il sogno di Giacobbe, di autore ignoto anch’esso di scuola veneta del ‘700; La Vergine Immacolata, di autore ignoto. Sulla parete di destra: Davide con il capo reciso di Golia opera seicentesca di autore ignoto; Madonna del Rosario, con i santi Domenico e Rita da Cascia, opera settecentesca di autore ignoto; La Natività del ‘700, di autore ignoto; Sacra Famiglia, del Settecento, di buon pennello.
Incoronata
Il 19 luglio 1914 la statua della Madonna del Frassino venne solennemente incoronata. Tre anni prima, quando giunse da Roma il decreto, il parroco don Canova affidò al giovane pittore Battista Poloni di Martinengo il restauro e la decorazione del Santuario. Rifatto anche il pavimento dalla ditta Ghilardi di Bergamo. La corona, in oro fino, ornata di gemme e pietre preziose, fu eseguita dal cesellatore Giovanni Corti di Bergamo.
Tutto era pronto per la solenne cerimonia. Ma, il giorno stabilito, il vescovo di Bergamo mons. Radini Tedeschi non potè partecipare perché gravemente ammalato. Venne il suo segretario personale, don Angelo Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII, e partecipò alle celebrazioni presiedute dal card. Ferrari, metropolita di Milano. Per ricordare il grande papa buono, nel piazzale del Santuario è stata posta una sua grande statua in bronzo.
Altra solenne festa del santuario è quella della Madonna del Carmelo: la statua viene portata in processione sull’ampio piazzale, percorrendo per due volte un itinerario circolare attorno al santuario.
LE GRAZIE
Numerose le attestazioni di grazie ottenute dai devoti della Madonna del Frassino di Oneta, tramite le tradizionali tavolette votive. Purtroppo quasi tutte queste testimonianze della pietà popolare sono andate disperse, quello che rimane è solo una piccolissima parte e sono conservate nella cosiddetta “sala dei preti”.
Ricordiamo infine che la casa del custode, dove trova sede anche la cancelleria, venne costruita nel 1620. Nel 1987 si provvide ai restauri. La casa del pellegrino già citata nel 1575 nei verbali di San Carlo Borromeo ha subito un ultimo adeguamento nel 2002.
Nel 1982 il Gruppo Alpini Oneta-Cantoni ha realizzato un monumento dedicato ai Caduti di tutte le guerre nel luogo occupato in precedenza da una struttura absidata affrescata con l’immagine dell’Apparizione, entro la quale trovava posto una fontanella.