Jader Bignamini, cremasco d’origine, direttore residente dell’Orchestra Sinfonica di Milano LaVerdi, è uno dei direttori d’orchestra più quotati al mondo. È un orgoglio per la nostra città. È stato nominato nuovo Direttore Musicale della Detroit Symphony Orchestra a partire dalla stagione 2020/2021. Succede a Leonard Slatkin, direttore da 2008 al 2018.
Jader Bignamini è nato a Crema nel 1976, sposato con figli, risiede oggi a Scandolara Ripa d’Oglio.
Maestro, come ha iniziato il suo percorso nel mondo della musica?
“Ho iniziato il mio percorso nella banda di Ombriano a 9 anni. Avevo visto l’immagine di un bambino che suonava un clarinetto e mi è piaciuto. Ho quindi espresso il desiderio di studiare quello strumento.
Quando sono arrivato alla banda, ho studiato appunto il clarinetto e mi sono subito innamorato della musica, dello stare insieme, del fare concerti. Poi mi sono iscritto al Conservatorio a 14 anni. A 15-16 mi è piaciuta l’idea di dirigere un’orchestra. Mi ricordo che a casa ascoltavo musica e la dirigevo con le bacchette del ristorante cinese. Di fatto, a 19 anni, nel 1996, mi è stata fatta la proposta di dirigere la banda perché il direttore si era ritirato: ovviamente ho preso al volo l’occasione. Vivevo il tutto con grande passione, non l’ho mai preso quell’impegno come un lavoro. Nel 1997 sono entrato come clarinettista all’Orchestra La Verdi di Milano.”
Come è avvenuto il debutto nel “grande mondo” della musica?
“Nel 2010 sono stato nominato direttore assistente dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano. Nel marzo dell’anno successivo ho diretto il concerto per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita ufficiale a Milano, e in diretta televisiva. A questo punto mi sono dedicato totalmente alla direzione e ho abbandonato lo strumento: non è possibile studiare entrambi! In seguito, da assistente, sono diventato direttore associato de La Verdi, infine direttore residente, il che comporta una collaborazione con alcuni concerti ogni anno.”
Come ha funzionato poi il lancio sulla scena internazionale?
“A La Verdi ho trovato il management necessario. Il mondo della musica funziona con un’agenzia che ti propone alle grandi orchestre e l’importante è essere riconfermati quando si viene chiamati per dirigere un concerto.
Sono riuscito ad arrivare alle orchestre di Dallas, Houston e San Diego… Infine a Detroit. Il percorso è molto lungo, dura tanti anni, le orchestre provano diversi direttori finché si arriva alla nomina.”
Cosa è dunque successo a Detroit?
“A Detroit mi hanno chiamato, un anno fa, a sostituire il direttore per una Turandot. L’orchestra è rimasta innamorata di me e io innamorato di loro: un’orchestra di altissimo livello, con musicisti molto umili e professionali, ne è uscito un concerto bellissimo. Poi sono tornato a ottobre, per la IV Sinfonia di Malher e, dopo due giorni, mi hanno proposto la carica di direttore: tutta l’orchestra mi ha votato – e questo è stato molto bello – poi l’avvallo della dirigenza. A Detroit sono partiti da una rosa di una ventina di nomi e alla fine hanno scelto me.”
Un grande complesso musicale la Detroit Simphony Orchestra.
“La Detroit Simphony Orchestra è la quarta orchestra degli Stati Uniti per importanza. Organizza una stagione sinfonica con circa 20 concerti, una decina di programmi pop e una stagione jazz. L’orchestra è formata da una novantina di elementi stabili e si affronta tutto il repertorio sinfonico da Bach ai giorni nostri. Il mio debutto nella prossima stagione 2020/21, avverrà a dicembre con la Nona sinfonia di Beethoven.”
Che posto ha oggi la musica classica nella nostra cultura?
“Se i giovani vengono educati fin da piccoli ad ascoltare buona musica, non per forza sinfonica ma musica ben fatta, l’orecchio si abitua ad ascoltare, si forma un certo background culturale e nasce il desiderio e il piacere di venire a teatro per ascoltare musica. Come fanno i miei figli che l’amano tanto.
Questa cultura nei Paesi d’Europa, negli Stati Uniti e in Asia è molto diffusa perché lì l’educazione musicale viene attivata nelle scuole già per i bambini.
Dove l’educazione musicale non viene attivata in modo importante nelle scuole, ciascuno si educa alla musica a titolo privato. La cultura musicale è inevitabilmente meno diffusa e quindi non si sente l’esigenza di ascoltare musica e non la si va a cercare perché non se ne può capire la bellezza. È un po’ come imparare una lingua: se la possiedo, cerco il più possibile di parlarla, altrimenti mi accontento solo di ciò che capisco.
Il lavoro dovrebbe essere fatto fin dalla scuola dell’infanzia, in modo serio e approfondito. In Italia c’è poco pubblico giovane perché c’è poca educazione musicale. Mia moglie segue una banda giovanile dove suonano anche i miei figli: tutti i bambini coinvolti sono appassionati di musica e vengono ai concerti.”
So che lei apprezza molto anche il Jazz. Qual è il segreto di questa musica?
“Sì, sono appassionato. È un genere che mi sarebbe piaciuto suonare. Qualche volta l’ho fatto, ma non mi sento in grado di eseguirlo adeguatamente. Ho sempre invidiato la libertà dell’improvvisazione: cosa che un direttore di musica classica fa fatica ad acquisire. Ma ascoltare gruppi di altissimo livello è impressionante proprio per la loro preparazione nell’improvvisare, nel creare sintonia tra loro e con il pubblico. Il jazz è una grande musica, con una libertà che quella classica non permette.”
Con quali autori classici si sente maggiormente in sintonia?
“Mi trovo bene quando ho tanti orchestrali sul palco e quindi mi pacciono i compositori russi, Thaikovskij, Rachmaninov e Stravinskij. Amo i compositori tedeschi che utilizzano una grande orchestra, in particolare Wagner; per lo stesso motivo, apprezzo molto il Requiem di Verdi. I miei compositori prediletti sono dai romantici fino al XX secolo.
Nell’opera amo Puccini e Verdi, ho diretto anche l’opera russa (per la quale ho dovuto imparare la lingua): Thaikovskij ha scritto dei grandissimi capolavori. Nell’opera tedesca amo tutte quelle di Wagner e di Strauss: opere poco conosciute, ma notevoli e vanno proposte. In Italia il pubblico fa più fatica a capirle, vista la barriera della lingua. Ma è importante promuoverle.”
Ho sempre invidiato voi direttori che siete in grado di gustare la musica in modo infinitamente superiore a noi profani.
“Certo. Noi abbiamo questa capacità che viene allenata ogni giorno. L’unica cosa che, ogni tanto, potrebbe diventare un fattore negativo è che il direttore d’orchestra è abituato a vedere quanto non va in una esecuzione, in vista di migliorarla… È una sorta di deformazione professionale che ci portiamo appresso anche quando ascoltiamo altra musica.”
Torna volentieri a Crema?
“Ho un rapporto di affetto con Crema, vi ho passato molti anni. Torno dai miei genitori e mi piace andare ad ascoltare ancora i ragazzi della banda di Ombriano.”