L’emendamento che raddoppia i contributi alle paritarie nel Decreto Rilancio, portandolo dal 150 a 300 milioni, è stato firmato da tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, esclusi i 5Stelle, fermi ancora a vecchie posizioni ideologiche.
Al proposito, interessante la lettera inviata ad Avvenire dal presidente dei deputati Pd Graziano del Rio, e la lettera inviata dal segretario della Lega Matteo Salvini, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Pubblichiamo i due testi apparsi sul quotidiano Avvenire.
LETTERA DI DELRIO
Caro direttore,
quando, a metà maggio, si levò dalle scuole paritarie il grido d’allarme a fronte degli stanziamenti previsti dal Decreto Rilancio, ritenuti insufficienti per far fronte alle gravi difficoltà causate dall’epidemia, assicurai l’impegno del Partito democratico in Parlamento al fine di incrementare quelle risorse. Oggi, con l’approvazione del raddoppio degli stanziamenti che passano da 150 a 300 milioni, possiamo dire che lo sforzo promesso di venire incontro alle esigenze denunciate con così forte preoccupazione ha avuto un chiaro riscontro. Qui non si tratta di porre bandierine o rivendicare primogeniture: è uno stile che noi non amiamo praticare e lasciamo ben volentieri ad altri. Anzi, mi sento di ringraziare tutti i colleghi di tutte le forze parlamentari che hanno consentito di raggiungere questo traguardo.
Con questo aiuto al sistema delle scuole pubbliche paritarie si vuole consentire, come già avviene per le statali, di affrontare serenamente la riapertura di settembre ed evitare che una parte di esse si trovi nella impossibilità di far tornare in classe i propri studenti. Non è stato facilissimo trovare un’intesa. È inutile nasconderlo. Il Parlamento aveva pochissime risorse a disposizione. Ma considero positiva questa esperienza per due ragioni. La prima ragione richiama il senso dell’istituzione posta a fondamento della nostra architettura repubblicana, il Parlamento.
È nel Parlamento che, attraverso l’esercizio del confronto e della competizione ideale, si trovano le sintesi nell’interesse degli italiani e non dell’uno o dell’altro soggetto: certo occorre un atteggiamento che mi piace definire ‘costituente’, evocando quello spirito di libertà e adesione ai valori supremi della comunità che contraddistinse i nostri padri quando, pur acerrimi avversari politici, seppero scrivere assieme la Costituzione che Dossetti definì «la più bella del mondo »; ma è solo con il Parlamento, e nel Parlamento, che questo spirito può trovare la sua espressione. La seconda ragione è che, proprio la discussione su come sostenere di più le paritarie, ha consentito di riportare al centro dell’interesse e dell’attenzione la insostituibile funzione di questi istituti che sono presidio della libertà di scelta educativa come – e nessuno mai dovrebbe dimenticarlo – troppo spesso unica ‘tenda’ presente in quelle periferie geografiche ed esistenziali ancora così tanto diffuse nel nostro Paese. Andavano e vanno dunque sostenute anche per il risparmio che consentono allo Stato – calcolato in circa settemila euro ciascuno per i circa 900mila alunni tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie – ma non si perda di vista la straordinaria opera sociale e culturale che questa scuola ha iscritta nella propria missione: una nazione che sa mettere a valore la ricchezza di opportunità e di scelte che fioriscono al proprio interno è sicuramente una nazione più forte, prospera, inclusiva, aperta alle novità e al futuro.
E fedele ai princìpi costituzionali. Un’ultima considerazione, più in generale, sul sistema scolastico nazionale. Le linee guida di recente concordate con Regioni ed enti locali, con le risorse assicurate dal governo per riaprire le aule in sicurezza ed efficienza, devono consentire a famiglie, studenti e operatori della scuola di guardare con fiducia alla ripresa di settembre. Ed è molto importante che proprio nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, da noi sollecitato alla Camera, abbia ribadito la centralità della scuola nell’azione del governo.
Varrà la pena, credo, riflettere però sui troppi silenzi di questi mesi, nel dibattito pubblico, sul valore della scuola, come se non fosse la grande infrastruttura su cui far rinascere il Paese, come se le scuole di ogni ordine e grado, le scuole pubbliche di ogni tipo, statali e paritarie, non giochino un ruolo determinante non solo per l’acquisizione dei saperi formali ma per l’acquisizione dei valori su cui si fonda la nostra comunità. Con meno scuola la comunità nazionale è più debole perché l’educazione è forse il compito più importante nella democrazia, perché il peggior pericolo della democrazia è l’ignoranza: l’ignoranza del valore degli altri, l’ignoranza delle istituzioni, l’ignoranza dei beni comuni.
La vera rivoluzione del Paese nasce dalla scuola, dalla valorizzazione del personale scolastico, dalla lotta strenua alla dispersione scolastica che deve essere, come la lotta alla disoccupazione, al centro delle nostre preoccupazioni. Ricordo bene come rimasi colpito leggendo sulla tomba di Oliver Tambo, uno dei padri del nuovo Sudafrica, tre semplici parole: « Education, Education, Education ». Un Paese senza pace, nella miseria e nell’analfabetismo desiderava ricostruire, usando i suoi pochi mezzi, fondandosi sull’educazione. Per tutti, ogni bambino e adulto. Solo così si costruiscono cittadini. Solo così si costruisce un futuro solido e sereno.
Presidente del gruppo dei deputati del Pd
LETTERA DI SALVINI A MATTARELLA
Signor Presidente della Repubblica,
mi rivolgo a lei grazie ad “Avvenire” per un appello che ritengo urgente. La scuola in Italia corre un grave pericolo. In primis la scuola statale che ancora attende proposte concrete e certe sul suo futuro, sia dal punto di vista delle regole, sia per quanto riguarda la vera e propria emergenza legata alle strutture, spesso obsolete e inadeguate. Non possiamo permetterci di arrivare alle scadenze di settembre con le poche (e a tratti confuse) idee che finora hanno caratterizzato il dibattito nella maggioranza di Governo, mentre i nostri vicini di casa francesi stanno chiudendo l’anno scolastico proprio in questi giorni. Parigi ha imposto l’obbligo di frequenza, a eccezione dei licei, con un protocollo sanitario alleggerito.
Anche per questo, presidente Mattarella, mi permetto di rivolgermi a lei, già ministro della Pubblica Istruzione e che ora rappresenta la più alta espressione delle nostre istituzioni. Le chiedo di valutare se esistano margini per accelerare una scelta politica in tempi brevi da parte della maggioranza. Non entro nel merito delle misure da adottare, perché è giusto che l’iniziativa competa al Governo, più semplicemente sottolineo l’urgenza delle sofferenze che quotidianamente mi vengono testimoniate dai cittadini che incontro. Madri, padri, insegnanti, studenti, personale ausiliario sono sempre più preoccupati per il vuoto insostituibile lasciato nei processi di coesione e di crescita di un Paese. Qualcosa di più di un luogo di trasmissione della conoscenza, la scuola è soprattutto incubatrice di identità culturale e nazionale, senso di appartenenza, solidarietà, vera integrazione di tutti oltre ogni steccato sociale e culturale. Permette una maturazione sia umana che professionale degli studenti finalizzata alla loro emancipazione come cittadini consapevoli di se stessi e del mondo.
L’ultima rilevazione Eurostat del 2017 ha reso pubblico il dato drammatico di un’Italia retrocessa a penultima in Europa, davanti soltanto alla Romania nella lista dei Paesi con maggior numero di laureati. Ma la stessa crisi percorre i risultati della scuola primaria e secondaria.
Non possiamo infatti dimenticare che l’Italia spende complessivamente meno del 4% del Pil per scuole e università. Tutto questo nonostante i dati rivelino con chiarezza come l’investimento in conoscenza e formazione dei nostri ragazzi abbia una diretta ricaduta sullo sviluppo economico e industriale del Paese.
Al di là dei numeri e delle cifre sulla scarsità degli investimenti, occorre denunciare con forza quanto la nostra scuola sia minacciata dall’indifferenza della politica per il suo ruolo e i suoi processi interni. Non possiamo continuare a delegare alla buona volontà e alla competenza dei nostri presidi e dei nostri docenti (a cui recentemente ha rivolto un pensiero affettuoso anche papa Francesco) lo sviluppo e il miglioramento di una scuola sempre più affaticata e che riemerge confusa e smarrita dopo l’emergenza del coronavirus.
È proprio nei tempi di crisi che si rivela il ruolo irrinunciabile della scuola, vero pilastro della identità e dello sviluppo dell’Italia.
Questo ruolo formativo ed educativo, di garanzia del diritto allo studio, viene svolto anche grazie al concorso della scuola paritaria. Non va vista soltanto nell’ottica del contributo che dà al nostro sistema nazionale d’istruzione, ma anche come espressione della vitalità e della pluralità culturale del nostro Paese e della libertà delle famiglie di potere indirizzare l’educazione dei propri figli secondo i principi culturali e religiosi che le ispirano e che sono il retaggio ineludibile di tutta la nostra storia.
Questa libertà è sancita solennemente dalla Costituzione nell’articolo 33, che ricorda altresì come «la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare a esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali». È davvero sconcertante vedere come oggi la crisi conseguente a una gestione dissennata dell’emergenza coronavirus abbia colpito proprio uno dei punti di forza del nostro sistema.
Dalla scuola cattolica è venuto l’impulso all’emancipazione e allo sviluppo in epoca di gravissima crisi sociale ed economica del nostro Paese. Come non pensare al ruolo svolto da san Giovanni Bosco nell’Ottocento, secolo travagliato di rivoluzioni industriali e di lotta per i diritti sociali, contro lo sfruttamento e l’assenza di sicurezza sul lavoro. Quel sacerdote formatosi in una Torino piena di contraddizioni ebbe l’idea profetica di far passare per la formazione e la professionalizzazione dei ragazzi la via che li portasse ad una piena maturazione, non solo come buoni cristiani.
Aggiungo, signor Presidente, che gli spazi in disuso offerti dalle scuole paritarie offrono un’opzione concreta e subito disponibile per accogliere almeno in parte un milione di alunni: parlo delle ragazze e dei ragazzi che non potranno rimanere nei loro istituti per via delle aule troppo piccole e dei parametri sul distanziamento fisico imposti dal Comitato tecnico-scientifico.
Come leader dell’opposizione ho il dovere di essere costruttivo. E quindi colgo l’occasione anche per segnalare che, proprio grazie alle proposte della Lega, il finanziamento per le scuole paritarie (inizialmente di 150 milioni) è arrivato a 300 milioni. Una buona notizia: è un investimento sul futuro dei nostri figli, che va accompagnato da altri impegni di spesa e soprattutto da altre buone idee e soluzioni per i troppi precari.
Confido, Presidente, che la maggioranza e il Governo rivedano posizioni e atteggiamento fin qui tenuti.
Matteo Salvini
egretario nazionale della Lega