“Il mio suggerimento è che si trovino modalità e soluzioni capaci di tutelare la salute fisica e spirituale dei cittadini”. Interviene così Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, in merito al comunicato dei vescovi italiani reso noto ieri sera dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, sull’attuazione della Fase 2.
Come valuta la posizione dei vescovi?
“La posizione assunta dai vescovi nel comunicato è corretta. Ci sono due aspetti da considerare. Il primo riguarda le limitazioni che vengono apportate ai diritti costituzionali. Non solo devono essere limitate nel tempo (e in questo caso non lo sono) ma anche ragionevoli e proporzionali rispetto al sacrifico che viene richiesto. Sembra si ecceda nella limitazione.
L’altro aspetto riguarda l’attività del governo. All’esecutivo infatti spetta ovviamente stabilire tutte le condizioni necessarie per garantire la tutela sanitaria dei cittadini, ma non vietare o escludere la possibilità di esercitare in pubblico il culto e la celebrazione eucaristica, con le cautele necessarie. Cosa questa che i vescovi avranno provveduto ad elaborare.”
Non siamo, comunque, anche in materia di Concordato?
“Il Concordato mantiene la distinzione delle competenze dello Stato e della Chiesa e prevede la reciproca collaborazione, che in questo caso mi sembra si sia avviata ma non concretizzata. E sembra che lo Stato intenda stabilire quali atti di culto si possono fare e quali no.”
Cosa si sente di suggerire…
“Il mio suggerimento è che si trovino modalità e soluzioni atte a garantire da una parte un controllo sanitario adeguato, capace di prevenire eventuali contagi o diffusione del virus, dall’altra ci sia la possibilità per i sacerdoti di poter celebrare la messa, feriale o festiva, sempre nel pieno rispetto delle indicazioni del governo a cominciare dalla distanza sociale e dal numero di presenze in rapporto alla dimensione della chiesa, per evitare affollamenti. In questo modo sarà possibile tutelare la salute fisica e spirituale dei cittadini. Credo che due le cose non siano incompatibili.
L’APPOGGIO DELLA COMMISSIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’UNIONE EUROPEA
“La durezza delle misure che si sono dovute adottare per fronteggiare l’emergenza sanitaria – unita al laicismo e alla secolarizzazione nelle nostre società – ha condotto in non pochi casi a mettere in dubbio il servizio della Chiesa come essenziale e a non rispettare la libertà di religione e di culto, accantonando o dimenticando il ruolo chiave della religione nelle società europee”.
Raggiunto dal Sir, il segretario generale della Comece, don Manuel Barrios Prieto, spiega così le ragioni che hanno spinto oggi la Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea ad appoggiare il disaccordo espresso ieri dai vescovi italiani in una nota pubblicata dopo la conferenza stampa di Giuseppe Conte e la presentazione del Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri sulla Fase 2.
“In questo senso – aggiunge il segretario generale della Comece -, trattandosi di un diritto fondamentale e di una necessità reale per molte persone, soprattutto in questa pandemia, la riapertura delle chiese e del culto pubblico, nel rispetto delle norme di cautela sanitaria, dev’essere posta in essere dall’autorità civile in modo chiaro e non arbitrario, nel pieno rispetto dell’ambito di competenze delle istituzioni ecclesiali e in dialogo con esse”.
Libertà di religione e di culto e ruolo della Chiesa nelle società civili sono al cuore dell’impegno della Comece presso le istituzioni europee. Don Barrios Prieto conferma: “Nel contesto della sempre più crescente attenzione dell’Unione europea per il rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto negli Stati membri, il monitoraggio del rispetto di questo diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel più ampio ambito delle politiche anti Covid-19 e del processo di ritorno alla normalità, può essere oggetto di un contributo importante da parte dell’Ue e così auspichiamo”.