VENERDÌ SANTO: IL PELLEGRINAGGIO DELLA CROCE PER LE VIE DELLA CITTÀ

LA CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE

Venerdì Santo, giorno doloroso della morte di Gesù sulla Croce. Tutti i cristiani hanno vissuto intensamente la giornata di oggi nella preghiera. La liturgia non prevedeva la celebrazione della santa Messa (non la si celebra neppure domani, Sabato Santo, giorno dell’attesa della risurrezione di Gesù), ma una particolare liturgia della Passione del Signore. Il Vescovo l’ha celebrata in cattedrale (a porte chiuse), alle 15, l’ora della morte di Gesù sulla croce. Liturgia trasmessa in diretta via streaming sul sito di RadioAntenna5 e sul canale YouTube de Il Nuovo Torrazzo.

Tre i momenti della celebrazione: l’ascolto della Parola, l’adorazione della Croce, la Comunione eucaristica.
Il primo atto è stata comunque una prostrazione di Vescovo e concelebrati, davanti all’altare spoglio, in assoluto silenzio, in segno di profondo dolore. Momento che tocca il cuore per la sua intensità.
È seguita la lettura del profeta Isaia (quarto canto del Servo di Jahwé), di un brano della lettera agli Ebrei e della Passione secondo la versione dell’Evangelista Giovanni. Il Vescovo ha commentato che “Gesù non è stato solo vittima di una condanna ingiusta: è stato respinto, abbandonato, tradito, rinnegato. Ma poi Dio ha preso le parti di quest’uomo e risuscitandolo da morte ha mostrato che Gesù era dalla parte giusta, e, proprio quel Dio che sembrava averlo dimenticato, ora lo rendeva vittorioso…” (Il testo integrale dell’omelia sotto le foto di questo servizio).
La liturgia è continuata con la preghiera universale nella quale sono state introdotte sue invocazioni, una per padre Gigi e una per la liberazione dal Coronavirus. Poi l’adorazione della Croce, che il vescovo Daniele ha scoperto dal velo viola che l’avvolgeva, cantando tre volte: Ecco il legno della croce al quale fu appeso Cristo, salvatore del mondo. Venite adoriamo. Per primo, quindi, a piedi scalzi, ha baciato la Croce di Gesù, seguito dai pochi sacerdoti presenti. La liturgia si è conclusa con la comunione, attingendo al pane consacrato il Giovedì Santo. 

LA PEREGRINATIO CRUCIS

Al termine della celebrazione, attorno alle ore 16, il vescovo Daniele ha proposto un gesto estremamente significativo: un “pellegrinaggio della Croce” che ha prolungato nelle vie del centro storico il ricordo della Passione e morte di Gesù e la venerazione per la Croce, “che è per i cristiani segno del perdono, della misericordia e dell’amore di Dio per l’umanità”.  Mentre di solito, nei pellegrinaggi, sono le persone a muoversi verso un centro di pellegrinaggio, si è trattato qui di una peregrinatio Crucis, nel quale è stata la Croce ad andare verso i fedeli e a muoversi nelle vie della città. Portando dunque la croce e alternandosi con alcuni giovani, mons. Gianotti ha percorso un lungo itinerario, sostando in alcuni luoghi significativi e pregando brevemente, in ciascuno di essi, per un’intenzione particolare.

1) È partito da piazza Duomo e, lungo le vie Battisti, Tadini e Zurla, ha raggiunto la RSA “C. Lucchi”, sostando in preghiera per gli anziani: “Signore Gesù, ti preghiamo per tutti i nostri anziani: aiutali ad accogliere con amore la volontà del Padre, ponendosi ogni giorno nelle sue mani misericordiose. La tua grazia sia per loro fonte di gioia e serenità, e li sostenga specialmente nei momenti della solitudine e della malattia. Insegnaci ad accogliere il loro tesoro di memoria, di esperienza, di saggezza. Ricompensa tutti coloro che sono vicini ai nostri anziani con amore e cura, con affetto e cortesia. Guardando a te, gli anziani possano orientare lo sguardo anche verso il compimento della vita terrena, al di là della quale sarai tu, per loro e per tutti, risurrezione e vita eterna.” 

2) Dalla RSA il Vescovo è ritornato in via Bottesini, dove, davanti al Centro San Luigi, s’è fermato in preghiera per i giovani: “Signore Gesù, tu hai preso per mano il ragazzo morto, figlio della vedova di Nain: dalla tua Croce gloriosa, prendi per mano tutti i nostri bambini, ragazzi e giovani. Dona a loro il desiderio gioioso di rialzarsi sempre, di accogliere la tua amicizia, di mettere la loro gioia ed energia a servizio del bene, nella società e nella Chiesa; fa’che trovino sempre in te l’amico fedele, che li conduce alla pienezza della vita. Ricompensa tutti coloro che si adoperano per l’educazione dei ragazzi e dei giovani, dà loro la gioia di raccogliere i frutti del loro impegno generoso.” 

3) Percorrendo poi via Cavour e via Civerchi ha sostato in preghiera davanti al Centro Pastorale/Rifugio San Martino, dove ha pregato per i poveri: Ti contempliamo sulla Croce, Signore Gesù, povero tra i poveri: tu umiliato, spogliato di tutto, abbandonato dagli amici, respinto dalle folle e deriso dai capi; tu, crocifisso tra i malfattori, scartato come una cosa inutile. Tu, più di tutti noi, sai che cosa significa essere poveri e dimenticati; sii per il povero speranza e rifugio, e dalla tua Croce insegnaci ad aprire le braccia e il cuore, per accogliere chi è nella povertà e camminare con lui verso condizioni di vita degna, riconoscendo nel povero il tuo stesso volto.”  

4) Mons. Gianotti ha poi raggiunto piazza Garibaldi, lungo le vie Civerchi e Mazzini, dove ha sostato in preghiera per le famiglie: “Dalla tua Croce guarda, o Signore, le nostre case, i nostri palazzi e condomini; ma guarda, sopratutto, alle famiglie che vi abitano. Aiutale a sopportare con pazienza, e anche con fantasia, i lunghi giorni nei quali sono costrette in casa. Sostieni l’amore reciproco degli sposi, la dedizione dei genitori verso i figli e la fiducia dei figli nei confronti dei genitori. Nel tuo amore fedele, sii vicino alle famiglie più in crisi e in difficoltà, e dona conforto alle famiglie colpite dalla morte di una persona cara, perché anche la memoria riconoscente di chi ora vive in Dio le sostenga e le rafforzi.”  

5) Risalito lungo via Mazzini, all’incrocio delle “quattro vie” ha sostato pregando per il mondo del lavoro: “Signore Gesù, sei stato conosciuto come un lavoratore, un carpentiere. Hai sperimentato l’impegno dell’uomo per sostenersi nella vita di ogni giorno e per collaborare all’opera della creazione. Guarda alle tante croci che segnano, specialmente in questo nostro tempo, chi come te sta lavorando, ma anche chi non può lavorare. Insegnaci a essere solidali gli uni con gli altri, e a operare nel mondo con rispetto per il creato, cercando il bene di tutti e la crescita non solo dell’economia, ma di una società più giusta e fraterna, perché ciascuno possa collaborare, attraverso il suo ingegno e l’opera delle sue mani, alla nascita di cieli nuovi e di una terra nuova.” Percorrendo poi via Matteotti, il vescovo si è fermato all’incrocio con via Goldaniga ringraziando e benedicendo gli operatori de Il Nuovo Torrazzo e di Radio Antenna5 per il lavoro che stanno facendo.

6) Proseguendo il Vescovo è arrivato davanti al “Kennedy”, dove ha pregato per gli ammalati: “Signore Gesù, tu ti sei preso cura degli ammalati che si stringevano attorno a te, che cercavano di toccare anche solo il lembo del tuo mantello, con la fiducia di essere guariti. Sii vicino ora, con la tua misericordia, agli infermi di questo nostro tempo, così segnato dalla malattia. Sostieni la loro speranza, allevia le loro angosce, aiutali nella pazienza che le cure richiedono. Dona conforto soprattutto a quelli che si sentono più soli, dimenticati, lontani dai loro cari. E a quanti giungono alla soglia della vita terrena, apri le porte del Paradiso, perché nel tuo abbraccio incontrino il volto del Padre tuo, che ci dona pienezza di vita.”  

7) Di seguito, lungo via A. Magri, via G. Vailati e via Medaglie d’Oro, mons. Gianotti ha raggiunto il Centro di Spiritualità (dove sono ospitati alcuni dei medici e infermieri cubani che stanno lavorando all’ospedale) e ha pregato per i medici e gli operatori sanitari: “Signore Gesù, medico delle anime e dei corpi, fa’ scendere sui medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, e su tutti quelli che si prendono cura degli ammalati, i benefici della tua passione gloriosa. Possano sperimentare la ricompensa che tu hai promesso a quanti servono e visitano i malati; nell’esercizio del loro lavoro di cura, sentano la tua presenza; alla loro competenza professionale, sappiano unire il senso di umanità e compassione, che ancora di più li rende testimoni e strumenti dell’amore con il quale circondi chi è nella sofferenza. E siano con te, in Paradiso, tutti quelli che hanno donato la loro vita nel servizio agli ammalati.” 

8) Raggiungendo poi via XX settembre, il Vescovo ha sostato davanti alla chiesa della SS.ma Trinità pregando per le comunità cristiane: “Signore Gesù, dona conforto e speranza a tutti i tuoi discepoli, e alle nostre comunità. Da tempo esse non possono riunirsi intorno a te, per lodare il Padre, accogliere la tua parola, ricevere il perdono, nutrirsi di te, Pane vivo, e fare esperienza di essere il tuo Corpo, presente nel mondo. Confortaci con la certezza che tu non sei mai lontano da noi, e che il tuo Spirito sempre ci accompagna e ci sostiene; e fa’ che anche le privazioni di questi giorni rinnovino in noi la certezza e l’impegno di essere tua Chiesa, segno e strumento della salvezza che doni al mondo.” 

9) Da qui il Vescovo si è recato la Cattedrale, sostando sotto l’arco del Torrazzo e pregando per la città e per chi ha incarichi di governo e per gli amministratori: “Signore Gesù, re della pace, con la tua Croce hai offerto al mondo la benedizione del Padre tuo e hai abbattuto i muri di divisione.  Illumina i nostri governanti e amministratori, sostienili nella  ricerca del bene comune, dona loro saggezza nel gestire questa situazione difficile. Alimenta nel cuore di tutti i cittadini il desiderio di  una maggiore fraternità, e di una più forte e sincera collaborazione  alla costruzione di una società sempre più attenta alla dignità di ogni  uomo e donna, e al bene di tutto il creato. E dona i nostri giorni la tua pace.” 

La peregrinatio Crucis è stata trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube de Il Nuovo Torrazzo, sul sito della diocesi www.diocesidicrema.it e molti sono stati i fedeli che si sono collegati per seguire in preghiera.

OMELIA DEL VESCOVO DANIELE PER LA CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE

Ci sono situazioni nelle quali siamo tentati di pensare che tutto sia in perdita, situazioni nelle quali «non c’è più niente da fare», e l’unica cosa che rimane, forse, è sperare in tempi migliori, perché dal presente non possiamo ricavare niente.

È molto probabile che un pensiero di questo genere sia venuto in mente anche a quei discepoli di Gesù, uomini e donne, che sono stati testimoni della sua fine, umanamente forse degna di compassione ma, per il resto, ingloriosa, avvilente.

Gesù non è stato solo vittima di una condanna ingiusta: è stato respinto, abbandonato, tradito, rinnegato… Le parole del «Canto del servo del Signore», che abbiamo ascoltato nella prima lettura, descrivono benissimo il disastro della sua fine: «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima» (Is 53, 3).

Ecco, quest’ultima frase è perfetta per capire in che contesto Gesù è morto: «Era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima». E chi qualche stima aveva pure mantenuto per il profeta venuto da Nazaret, non ha avuto la forza o la possibilità di opporsi in modo efficace; tutto quel che ha potuto fare è stato rimanere lì, vicino alla croce, o darsi da fare per procurare una sepoltura minimamente dignitosa a questo condannato.

Una situazione in pura perdita, dicevo. Che poi, certo, i discepoli di Gesù hanno potuto capire meglio alla luce di ciò che hanno sperimentato dopo, grazie all’esperienza dell’incontro con Gesù vivente al di là della sua morte. Sì, lì, sul Golgotha, c’è stata la sconfitta: ma poiDio ha preso le parti di quest’uomo condannato e crocifisso, e risuscitandolo da morte ha mostrato che Gesù era dalla parte giusta, e proprio quel Dio che sembrava averlo dimenticato, ora lo rendeva vittorioso…

La nostra fede ci aiuta a meditare tutto questo, ma anche a fare un passo in più: un passo che riconosciamo compiuto in modo particolare nel vangelo di Giovanni, di cui abbiamo ascoltato il racconto di passione.

E il passo è questo: riconoscere che la passione, conclusa con la morte ignominiosa sulla croce, non è un «prima» da dimenticare, di fronte al «poi» della risurrezione, ma è essa stessa parte della «gloria» nella quale Dio fa entrare il suo Figlio fatto obbediente fino alla morte.

Lo sguardo del quarto evangelista sulla passione di Gesù (ma in realtà, in qualche misura, lo si trova anche negli altri evangelisti) ha proprio questa caratteristica: sa vedere la «gloria» del Figlio di Dio già presentein ciò che umanamente sembra appunto solo un male, solo «perdita»… In questo modo, tanti particolari, che possono sembrare trascurabili, o addirittura inutili, si illuminano di una luce nuova.

Perché – per prendere solo un esempio – quel colpo di lancia, che si accanisce inutilmente sul corpo di Gesù già morto (cf. Gv 19, 31-37)? Perché questo sfregio ulteriore, questo gesto che sembra di crudeltà gratuita, superflua? Torna ancora l’idea che sia pura perdita, una cosa insensata, vana. Ma lo sguardo della fede vede qui ancora un volta il dono, la grazia che scaturisce in abbondanza; vede – come poi dirà più esplicitamente la meditazione della fede cristiana – la Chiesa che nasce dal Cristo, vede i «fiumi di acqua viva» dello Spirito, che sgorgano dal Signore crocifisso…

Ciò che nella Passione del Figlio di Dio noi, nella luce dello Spirito, possiamo vedere con la chiarezza della fede, ci è dato di scorgerlo anche in altre situazioni. A volte è proprio solo lo sguardo umano che non riesce a penetrare oltre l’immediato; altre volte, la grazia di Dio fa brillare qualche luce in ciò che sembra soltanto oscurità.

Credo che sia anche l’esperienza dell’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto nelle settimane scorse, e che ancora stiamo vivendo, con le altre emergenze che ne derivano – economica, sociale, lavorativa… Anche lì, in ciò che forse consideriamo solo un grande e inutile male, abbiamo potuto scorgere scintille di compassione, di carità autentica, di preoccupazione per l’altro… insomma, di quella carità, di quell’amore, in virtù del quale Cristo ci ha amato, e ha dato se stesso per noi (cf. Gal 2, 20).

Nessuna situazione, posta nelle mani di Dio, è mai in pura perdita, in pura negatività. La passione d’amore del Signore è riscatto offerto a tutti e tutto, senza che nulla sia escluso. Nulla andrà perduto, di ciò che il Padre ha affidato al suo Figlio (cf. Gv 6. 39 s.). Tutto Egli porta con sé, sul legno della Croce, perché tutto torni al Padre e sia glorificato in Lui.