Vivere la comunione, accogliere la missione:
quale futuro per la Chiesa cremasca?
“Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la ‘parresìa’ [cioè il coraggio, l’audacia] di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria.”
Il vescovo Daniele, ieri sera, ha voluto aprire la sua relazione, nella prima serata del Convegno diocesano, in una San Bernardino affollata, citando le parole di papa Francesco e la testimonianza del martire Pierre Claverie, un domenicano francese, vescovo di Orano in Algeria, che con coraggio ha voluto restare vicino al suo popolo dilaniato dalla guerra civile, fino a morire per Cristo.
Vivere la comunione, accogliere la missione: quale futuro per la Chiesa cremasca? Questo il tema della relazione di mons. Gianotti, preceduta dall’introduzione di don Gabriele Frassi, delegato per la pastorale diocesana, che – all’inizio dell’incontro – ha porto al vescovo Daniele gli auguri di buon compleanno.
Una comunione che si concretizza in modo particolare nell’obiettivo delle Unità Pastorali, il segno del futuro della nostra diocesi. “Ma vorrei che fosse ben chiara una cosa: ciò che mi sta a cuore – ha subito chiarito il vescovo Daniele – non sono le Unità Pastorali intese come un problema di ingegneria ecclesiastica; e neppure come una riorganizzazione del ‘servizio pastorale’ nel nostro territorio, di fronte al cambiamento dei tempi. Ciò che mi sta a cuore – e che vorrei stesse a cuore a tutta la nostra diocesi – è di rendere sempre più viva e vigorosa, la passione per il Vangelo di Gesù; è di raccogliere tutte le nostre energie per il grande desiderio del Regno di Dio testimoniato da Gesù; è la speranza che possiamo sentire in noi la bellezza del disegno di Dio di ricapitolare ogni cosa in Cristo, perché l’umanità intera sia trasfigurata dall’amore di Dio Padre manifestato in Cristo e comunicato a noi nel dono dello Spirito”.
Il lavoro di verifica e discernimento a cui il vescovo chiama la Chiesa di Crema nell’anno che si apre, dovrà essere fatto con la saggezza dello scriba del Vangelo, con flessibilità e con coraggio, “ma tutto questo vale la pena solo se porteremo in ciascuno di noi, e in tutte le nostre comunità, la stessa passione di Gesù per la venuta del Regno del Padre suo, la stessa audacia che ha portato i discepoli a seguire Cristo e a diffondere il Vangelo fino ai confini della terra”.
LA PARROCCHIA DI ERI E DI OGGI
Rifacendosi al testo La Chiesa di Crema sul territorio: prospettive e orientamenti, proposto al Consiglio presbiterale nell’aprile scorso, mons. Gianotti è ritornato sul tema della parrocchia, indicandone i motivi del suo successo nel passato e anche nel presente, principalmente il fatto “che nella parrocchia prende forma la Chiesa aperta a tutti, capillarmente presente nel territorio e prossima alla vita delle persone. Espressione più immediata della Chiesa come ‘popolo’, formata da persone diverse per età, sesso, condizione sociale o intellettuale.”
Una comunità per la missione. Ma mentre nel passato, in una società generalmente cristiana, la missione era considerata quella nei Paesi lontani, “il Vaticano II ha ricordato che la missione è una realtà costitutiva della Chiesa, fa parte della sua natura; oggi, poi – cambiata profondamente la situazione – ne avvertiamo l’urgenza in modo speciale.”
Insomma, la parrocchia deve diventare missionaria nel suo stesso territorio. E “perché questo avvenga – ha aggiunto il Vescovo – c’è bisogno di ridare fiato a un altro elemento: quello dell’ascolto condiviso e orante della Parola di Dio. Sono convinto che un più forte impegno di ascolto orante e condiviso della Parola di Dio, come ci è data nella Scrittura e in particolare nei Vangeli, possa rinnovare la vita delle nostre parrocchie e possa aiutare le future unità pastorali.”
Alle prese con una grande mobilità, la parrocchia necessita di aprirsi a un orizzonte più vasto, infine – e questo è un elemento fondamentale – è necessario “ripensare la vita della comunità cristiana come realtà nella quale lo Spirito suscita una grande varietà di chiamate, di doni e di servizi, per il bene di tutti. Si tratta di riconoscere la natura carismatica della Chiesa” e valorizzarla.
GUARDARE AL DOMANI
Avanzando alcune prospettive per il futuro, il vescovo Daniele ha considerato la parrocchia “come un talento da trafficare, e non semplicemente da conservare nell’immobilità.”
Per costruire questo futuro, la nostra diocesi ha dei vantaggi: le dimensioni ridotte che facilitano le comunicazioni e il rapporto tra le persone, un numero di sacerdoti ancora sostenibile, la disponibilità e generosità di tanti laici che già si impegnano per la vita buona delle nostre parrocchie.
“Ci sono le condizioni – ha continuato mons. Gianotti – per affrontare la sfida che ho richiamato fin qui: come aprire un futuro alla bella e importante tradizione parrocchiale, nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, perché tutta la nostra Chiesa ritrovi sempre meglio la passione per il Vangelo, il desiderio di viverlo lietamente e seriamente, per testimoniarlo in parole e opere nel nostro mondo.”
Ed ecco le scelte principali su cui puntare secondo il vescovo Daniele, per creare maggior comunione al servizio della missione di testimoniare il Vangelo. Innanzitutto le Unità Pastorali. “Si tratta – spiega il Vescovo – di riconoscere le nuove sfide che la missione affidata dal Signore alla Chiesa incontra oggi, e di rispondervi attraverso una rinnovata comunione e corresponsabilità: che non riguarda solo le parrocchie, ma investe le persone, le associazioni, le vocazioni.” Ed ecco la proposta di circa venti unità pastorali nelle quali dovrà articolarsi la nostra Chiesa.
“L’Unione Pastorale – ha spiegato mons. Gianotti – è l’unione stabile di più parrocchie vicine, che coprono un determinato territorio, dove cioè si sviluppa in modo omogeneo la vita quotidiana delle persone nelle sue dimensioni fondamentali.”
L’Unione Pastorale si caratterizza per il fatto che le parrocchie che la costituiscono condividono: un progetto pastorale unitario di testimonianza e annuncio del Vangelo; i doni e le risorse costituite dalle persone, alle quali lo Spirito conferisce carismi diversi; determinate attività e iniziative; le strutture e le risorse anche materiali di cui dispongono le singole parrocchie.
La responsabilità pastorale delle Unioni Pastorali è affidata, ai presbiteri, ordinariamente con un parroco moderatore, con la presenza di un Consiglio pastorale dell’Unione e di un’équipe pastorale formata dai presbiteri, dagli eventuali diaconi, e dai responsabili degli ambiti di vita pastorale condivisi (idea sulla quale vi sono obiezioni, ma il Vescovo è disponibile a confrontarsi), una commissione economica di Unità Pastorale, di aiuto per tutto ciò che riguarda la gestione pratica di edifici, strutture, beni economici ecc.; ma che non sostituisce i Consigli per gli affari economici delle singole parrocchie.
Il Vescovo ha anche indicato alcuni concreti ambiti di condivisione pastorale e ha concluso: “Vorrei però suggerire, almeno come provocazione, un’altra prospettiva. È troppo ‘sognare’ che le Unioni Pastorali possano arrivare ad articolarsi in piccole comunità, più ‘a misura d’uomo’, caratterizzate dalla possibilità per le persone di ritrovarsi regolarmente intorno alla Parola di Dio e alla preghiera fraterna, che poi si aprirà senz’altro anche alle forme di carità più diffusa e capillare? L’ascolto costante, condiviso e orante della Parola di Dio era e probabilmente è ancora troppo assente dalla parrocchia; ritengo che da una scelta di questo tipo potrebbe derivare un autentico rinnovamento ecclesiale.”
UN ANNO DI LAVORO SINODALE
Fin qui la relazione del Vescovo che poi ha dato il calendario per un anno di lavoro sinodale sul documento che verrà preparato sulla scorta dell’intervento de vescovo, corredato da domande utili alla riflessione.
A livello di base il lavoro durerà fino a marzo poi due momenti di una assemblea diocesana, per riflettere comunitariamente sul documento e su quanto emerso dalla base.
Il primo momento più lungo, il 6 Aprile e in secondo momento più breve il 17 maggio. Tra i due appuntamento il consiglio pastorale diocesano sarà chiamato a riflettere per raccogliere idee e mozioni che – ha detto mons. Gianotti – potranno anche essere messe ai voti.
UN PROGETTO GIOVANI
Al termine don Stefano e Luca, per superare l’attuale crisi, hanno presentato una nuova idea di oratorio che propone oratori centrali e oratori periferici. Al proposito è stato distribuito un documento.
Si farà una sperimentazione di due anni per trarre le fila del discorso nel terzo anno.