VIOLENZA SULLE DONNE: In Lombardia 49 centri attivi, crescono i casi e il coraggio di denunciarli

violenza contro le donne

Il terzo rapporto sulle donne vittime di violenza domestica, che si sono rivolte nel 2017 alle strutture attive in Regione Lombardia, è on line sul portale di Regione Lombardia. Un’iniziativa dell’assessorato alle Politiche per la famiglia, genitorialità e pari opportunità in collaborazione coi Centri antiviolenza.
Si tratta della prima relazione realizzata col nuovo sistema informativo dell’Osservatorio regionale antiviolenza.

TERZA RELAZIONE ANNUALE

La violenza contro le donne in Lombardia: i dati dei centri antiviolenza 2017 rileva 5.892 donne che si sono rivolte per violenza domestica a uno dei centri antiviolenza, abilitati all’inserimento dei dati nel sistema. Un dato arricchito da quante si sono rivolte al Soccorso violenza sessuale e domestica della clinica Mangiagalli (Svsed), che ha raccolto a parte anche i casi di violenza sessuale a opera di sconosciuti o di persone esterne alla rete familiare. Si tratta di 288 vittime, un numero molto sopra la media dei centri, al quale perciò è stata riservata un’analisi separata.

L’AUTORE DELLA VIOLENZA DOMESTICA

In quasi i due terzi dei casi, il 64,1%, l’autore della violenza domestica è il partner (coniuge, convivente o fidanzato) e nel 27% l’ex partner. Se per le violenze da estranei  il 39,9% dei maltrattanti è causato da sconosciuti, nel 33% l’autore è una persona nota e appartenente alla cerchia amicale (amico famiglia, conoscente, amico, collega, datore di
lavoro). Più di un quarto delle donne, il 25,7% invece non indica l’autore della violenza.

CARATTERISTICHE SOCIO-ANAGRAFICHE DELLE VITTIME

Le caratteristiche socio-anagrafiche delle donne prese in carico nel 2017 sono coerenti con le rilevazioni passate e le indagini dell’Istat. Emerge tuttavia una significativa differenza tra le donne vittima di violenza domestica e le vittime di estranei. Nel primo caso si tratta di italiane (61,5%), quasi tutte adulte (90% con piu’ di 25 anni), coniugate o conviventi (52%), con figli/figlie (il 61% ha almeno un figlio/figlia minorenne). Le donne vittime di violenza sessuale da parte di estranei sono nella maggioranza dei casi giovani (il 54,1% hanno meno di 25 anni), in larga parte nubili (81,6%) e senza figli (80,7%). Solo il 54,6% di loro è italiana, il 45% è straniera, sia Ue (12%) che extra-Ue (33,6%).

LA CONDIZIONE SOCIO-ECONOMICA

La possibilità delle donne di essere economicamente autonome rispetto al partner o alla
famiglia di origine è considerata cruciale per sostenere il percorso di uscita dalla violenza. Per questo i centri pongono particolare attenzione alla loro condizione lavorativa ed economica.
Quasi la metà delle donne (il 48,5%) non ha un proprio reddito da lavoro, perchè disoccupate (30,2%) o casalinghe/inattive (5,9%) o studentesse (9,4%). La percentuale di occupate è ancora inferiore tra le donne vittime di violenza sessuale da estranei: sono per lo più studentesse (37,3%) e occupate solo nel 30,5% dei casi, rispetto al 54,9% di quelle vittime da violenza domestica.
I pochi dati disponibili sul reddito annuo delle donne prese in carico confermano la scarsa o inesistente autonomia economica. Il 40,6% non ha un proprio reddito da lavoro e solo il 4,3% dichiara un’entrata superiore ai 25 mila euro l’anno. Tra quelle registrate extra-sistema, più giovani e meno occupate, la quota di quante non hanno reddito raggiunge il 91%.

COME SI SONO ATTIVATE E COSA CERCANO

La gran parte di quante si sono rivolte ai centri (il 77,1%) ha preso contatto tramite telefono o sms, nel 14,9% dei casi sono andate direttamente in sede. Solo il 6,4% di loro è arrivata attraverso altri servizi territoriali, dalla rete familiare e/o amicale. Il primo contatto mira ad ottenere informazioni generiche (56%) o legali (nel 36%). Più della metà di esse (54,5%) chiedono di essere ascoltate, il 19,6% chiede sostegno psicologico, segno della solitudine di cui soffrono. Il 71% delle donne vittime di violenza sessuale da parte di estranei si è recata direttamente invece al pronto soccorso della Clinica Mangiagalli per le prime cure mediche, nella quasi totalità dei casi (il 92%) la loro richiesta è di assistenza sanitaria.