Questo è stato il tema del dibattito che ha seguito la conclusione dei lavori della Festa dedicata al Piano nazionale digitale della scuola italiana, organizzata qualche giorno fa (18-21 gennaio) a Bologna.
LA PROPOSTA PER POSIZIONARE LA SCUOLA ITALIANA NELL’ERA DIGITALE
Il Piano nazionale scuola digitale del Miur intende lanciare una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale. Si tratta, quindi, di un piano articolato in intenti e azioni concrete che dovrebbe condurre a una riforma “culturale e di sistema” dell’intero processo di apprendimento dei nostri studenti. L’obiettivo “digitale” è ambizioso e più volte definito col termine di “sfida”.
USO IMPROPRIO DEI SMARTPHONE
In verità la sfida può avere dei risvolti pratici poco gestibili e addirittura deleteri e contrari al processo stesso di apprendimento. Le scuole sono già molto in difficoltà a causa dell’invasione di questi mezzi durante i momenti di studio in classe. Molti istituti sono stati costretti a produrre circolari o avvisi nei quali segnalavano l’uso improprio dei cellulari durante le verifiche o anche nei momenti ludici e ricreativi in classe con risvolti a volte piuttosto sgradevoli (foto scattate illecitamente, registrazioni video e audio non autorizzate, eccetera).
Per poter utilizzare i cellulari nella realizzazione di un nuovo stile di apprendimento, occorrerebbe una gestione più consapevole e sana del mezzo stesso, che i ragazzi oggi non hanno ancora assimilato.
MOLTI PEDAGOGISTI CONTRARI ALL’UTILIZZO DEGLI SMARTPHONE PER L’APPRENDIMENTO
Molti pedagogisti si dichiarano contrari a questa sperimentazione, che definiscono priva di fondamento metodologico. Contestualmente evidenziano i cortocircuiti educativi dei nostri anni e il pesante impatto che gli smartphone stanno avendo nella vita dei nostri adolescenti e delle famiglie.
Il problema, poi, non è soltanto quello di trovare una strada di conciliazione fra uso inconsapevole e uso regolato degli smartphone. Ci si domanda se questi nuovi stili di apprendimento siano davvero efficaci. Come negare che i processi cognitivi dei nostri ragazzi stiano cambiando e che probabilmente siamo di fronte a un passaggio “evolutivo” nella storia dell’umanità. Ma i contenuti nel sapere non sono tutti trasmissibili nelle forme consentite dal digitale e, soprattutto, ciò che marca antropologicamente l’attuale processo di comunicazione è la “liquidità”. Tutto diventa liquido, attraverso la rete e il virtuale.