Oggi il Papa ha tenuto il suo primo discorso pubblico in Bangladesh, durante l’incontro con le autorità, il Corpo diplomatico e la società civile. Prima di lui solo Papa Paolo VI (1970) e Papa Giovanni Paolo II (1986) avevano fatto visita a questo paese.
Francesco chiama “Golden Bengal” il Bangladesh perchè “un Paese tutto avvolto da una vasta rete fluviale e di vie d’acqua, grandi e piccole. Siamo di fronte a una nazione che si sforza di raggiungere un’unità di linguaggio e di cultura nel rispetto per le diverse tradizioni e comunità”.
“Nel mondo di oggi, nessuna singola comunità, nazione o Stato, può sopravvivere e progredire nell’isolamento – il monito del Papa – In quanto membri dell’unica famiglia umana, abbiamo bisogno l’uno dell’altro e siamo dipendenti l’uno dall’altro”. Spiega poi che il presidente Sheikh Mujibur Rahman ha compreso e cercato di applicare questo principio. Ha infatti immaginato una società moderna, pluralistica e inclusiva, dove regnasse libertà, pace e sicurezza. La soluzione per superare le diversità è un dialogo sincero, che guarda al futuro per costruire unità per il bene comune.
Successivamente il Pontefice ha affrontato la questione degli immigrati, che nei mesi scorsi sono affluiti numerosi dallo Stato di Rakhine. La società del Bangladesh con generosità e solidarietà ha provveduto per offrire a loro un riparo temporaneo e necessità primarie per la vita. “È necessario che la comunità internazionale – ha proseguito – attui misure efficaci nei confronti di questa grave crisi, non solo lavorando per risolvere le questioni politiche che hanno condotto allo spostamento massivo di persone, ma anche offrendo immediata assistenza materiale al Bangladesh nel suo sforzo di rispondere fattivamente agli urgenti bisogni umani”.
“In un mondo dove la religione è spesso mal utilizzata al fine di fomentare divisione (chiaro riferimento alla reazione dopo l’attentato terroristico del 2016 a Dacca), è necessaria una testimonianza della sua forza di riconciliazione e di unione. Dunque insieme pregheremo per la pace e riaffermeremo il nostro impegno a lavorare per la pace”.
In Bangladesh regna un clima di completa armonia tra i seguaci di varie religioni. Per tale motivo esiste un dialogo interreligioso che consente a tutti di esprimere liberamente le più profonde convinzioni e contribuisce a promuovere i valori spirituali – base per una società giusta e pacifica.
Per quanto riguarda la comunità cattolica il Papa è convinto che “anche se relativamente piccola,cerchi di svolgere un ruolo costruttivo nello sviluppo del Paese, specialmente attraverso le loro scuole, le cliniche e i dispensari”. La Chiesa apprezza la libertà della nazione di praticare la propria fede e nelle sue scuole cerca di promuovere la cultura dell’incontro. L’auspicio: “Sono certo che, in accordo con la lettera e lo spirito della Costituzione nazionale, la comunità cattolica continuerà a godere la libertà di portare avanti queste buone opere come espressione del suo impegno per il bene comune”.
Francesco chiama “Golden Bengal” il Bangladesh perchè “un Paese tutto avvolto da una vasta rete fluviale e di vie d’acqua, grandi e piccole. Siamo di fronte a una nazione che si sforza di raggiungere un’unità di linguaggio e di cultura nel rispetto per le diverse tradizioni e comunità”.
“Nel mondo di oggi, nessuna singola comunità, nazione o Stato, può sopravvivere e progredire nell’isolamento – il monito del Papa – In quanto membri dell’unica famiglia umana, abbiamo bisogno l’uno dell’altro e siamo dipendenti l’uno dall’altro”. Spiega poi che il presidente Sheikh Mujibur Rahman ha compreso e cercato di applicare questo principio. Ha infatti immaginato una società moderna, pluralistica e inclusiva, dove regnasse libertà, pace e sicurezza. La soluzione per superare le diversità è un dialogo sincero, che guarda al futuro per costruire unità per il bene comune.
Successivamente il Pontefice ha affrontato la questione degli immigrati, che nei mesi scorsi sono affluiti numerosi dallo Stato di Rakhine. La società del Bangladesh con generosità e solidarietà ha provveduto per offrire a loro un riparo temporaneo e necessità primarie per la vita. “È necessario che la comunità internazionale – ha proseguito – attui misure efficaci nei confronti di questa grave crisi, non solo lavorando per risolvere le questioni politiche che hanno condotto allo spostamento massivo di persone, ma anche offrendo immediata assistenza materiale al Bangladesh nel suo sforzo di rispondere fattivamente agli urgenti bisogni umani”.
“In un mondo dove la religione è spesso mal utilizzata al fine di fomentare divisione (chiaro riferimento alla reazione dopo l’attentato terroristico del 2016 a Dacca), è necessaria una testimonianza della sua forza di riconciliazione e di unione. Dunque insieme pregheremo per la pace e riaffermeremo il nostro impegno a lavorare per la pace”.
In Bangladesh regna un clima di completa armonia tra i seguaci di varie religioni. Per tale motivo esiste un dialogo interreligioso che consente a tutti di esprimere liberamente le più profonde convinzioni e contribuisce a promuovere i valori spirituali – base per una società giusta e pacifica.
Per quanto riguarda la comunità cattolica il Papa è convinto che “anche se relativamente piccola,cerchi di svolgere un ruolo costruttivo nello sviluppo del Paese, specialmente attraverso le loro scuole, le cliniche e i dispensari”. La Chiesa apprezza la libertà della nazione di praticare la propria fede e nelle sue scuole cerca di promuovere la cultura dell’incontro. L’auspicio: “Sono certo che, in accordo con la lettera e lo spirito della Costituzione nazionale, la comunità cattolica continuerà a godere la libertà di portare avanti queste buone opere come espressione del suo impegno per il bene comune”.