BINENGO: INAUGURATI I RESTAURI

Inaugurati questo pomeriggio alle ore 15, i restauri dello splendido santuario del Binengo, sulle rive del Serio, nella parrocchia di Sergnano. Un luogo anticamente di passaggio – come ha detto la dott. Eva Coti Zelati introducendo l'incontro – lungo una via che collegava il Cremasco con il territorio bergamasco. Un santuario in cui viene venerata la Madonna (la leggenda ricorda il ritrovamento nel fiume della bellissima statua policroma del Quattrocento) e i santi cui erano devoti i lavoratori della terra, protettori dei raccolti e delle epidemie. Un santuario che risale al XVI secolo, e venne affrescato tra la fine del XVI e l'inizio del XVII da maestranze della scuola di Aurelio Busso.
Il prof. Cesare Alpini, esperto d'arte cremasca, ha illustrato gli affreschi, riportati all'originale bellezza con un nuovo restauro, opera di Carlo Novali. Ha poi avanzato alcune ipotesi: scettico sulla datazione tradizionale della statua della Madonna, si è soffermato maggiormente sulle due statue che l'affiancano di Gioacchino ed Anna.
Ha affermato che in loco esisteva già un insediamento longobardo, rivelato dal toponimo che termina in -engo (Bin-engo), mentre il nome del paese, Sergnano, rivela una fondazione romana: incontro di due popoli che hanno fatto fatica a dialogare nel lontano primo millennio.
Soffermandosi su un lacerto di affresco della “Fuga in Egitto” nella volta del presbiterio, certamente di Aurelio Buso, ha affermato che l'intero ciclo pittorico va attribuito alla scuola del grande artista cremasco morto nel 1585. Il santuario viene infatti costruito subito dopo ed ha notevoli somiglianze con altri santuari locali: gli affreschi in particolare richiamano quelli esistenti al Marzale e nella chiesetta di Sant'Ippolito a Quintano. Insomma, una scuola che operava nell'intero nostro territorio.
Alpini ha avanzato anche l'ipotesi di un riferimento al Federico Zuccari (1536-1609) per quanto riguarda l'affresco che raffigura la Madonna che appare a San Francesco, conosciuto dall'estensore del dipinto attraverso un'incisione di Francesco Vanni.
Infine i due “strappi” da una delle due cappelle della chiesa parrocchiale e collocati in santuario sarebbero da attribuire al giovane Barbelli.
È intervenuto anche il restauratore Novali che ha condotto il paziente lavoro lungo tre anni, per illustrare brevemente le tecniche usate in un restauro succeduto a quello del 1985 per migliorare ancor più la resa degli antichi affreschi, coperti nel passato da calce bianca a seguito di pestilenze, calce tolta con spatole (immaginabili i risultati!) ai primi del Novecento.
All'inizio della breve cerimonia, don Giuseppe Pagliari, presidente della Commissione d'Arte Sacra della diocesi, ha letto un breve messaggio del vescovo Daniele, impossibilitato a partecipare.
Al termine il saluto del parroco don Francesco Vailati, al quale va il merito dell'opera, assieme all'intera comunità. Il tutto s'è concluso con un rinfresco.