Celebrata oggi, 10 giugno la festa del patrono San Pantaleone, protettore della città e della diocesi di Crema. La giornata si è aperta, in mattinata, con un convegno sul fine vita, promosso dalla diocesi con l'Amministrazione comunale, la Fondazione Benefattori Cremaschi e l'Asst Ospedale Maggiore di Crema; organizzazione a cura della Commissione diocesana per la Pastorale della Salute guidata da don Simone Valerani.
In serata (alle ore 21) la solenne celebrazione in Cattedrale, cui hanno partecipato come da tradizione anche le autorità civili e militari, il presidente della Provincia, gli esponenti del volontariato, gli operatori sanitari e i sindaci cremaschi, protagonisti dell'abituale omaggio della cera votiva.
Prima della celebrazione, il vescovo Daniele li ha ricevuti nella sala rossa dell'episcopio, per un cordiale saluto. Ha cercato di conoscerli ad uno ad uno e ha detto loro: “Mi auguro che guardandovi nel vostro lavoro, le nuove generazioni siano invogliate a fare politica e a farsi amministratori. Come nella vocazione sacerdotale è l'esempio che suscita la vocazione.”
A seguire, la processione all'interno della Cattedrale per la Santa Messa solenne, presieduta da monsignor Gianotti e concelebrata da parecchi sacerdoti diocesani, con l'animazione musicale guidata dalla Polifonica Cavalli diretta dal maestro Alberto Dossena.
Appena il corteo liturgico ha raggiunto il presbiterio, il vescovo si è recato nella cappella di San Pantaleone per incensarne l'immagine. Poi l'Eucarestia è proseguita con le letture della Parola di Dio e l'omelia del vescovo, il quale ha ricordato il romanzo di Camus “La Peste”.
“Siamo qui per ricordare – ha commentato – che non c'è nessuna contraddizione tra l'essere santi e l'essere medici, nonostante le parole del protagonista della “Peste”, riguardo a «tutti gli uomini che, non potendo essere santi e rifiutandosi di ammettere i flagelli, si sforzano di essere dei medici»; e, naturalmente, ciò ci permette di ricordare non c'è nessuna contraddizione, in sé, tra l'essere santi e l'essere politici, amministratori, insegnanti, operai, agricoltori, impiegati e altro.
E siamo qui anche per ricordare che l'uomo è sempre esposto al rischio della peste; che la sua condizione di vita, cioè, è sempre e in tanti modi minacciata dal «terrore e della sua instancabile arma.”
E ha aggiunto, parlando di San Pantaleone: “Più di tutti si è immerso nell'umanità colpita dalla peste della malattia, ma anche in quella del peccato, delle divisioni, dell'ingiustizia. Lo ha fatto perché si è sentito mandato a testimoniare e compiere il desiderio di vita piena, che Dio ha per l'uomo; e lo ha fatto comprendendo che si trattava di dare non «qualcosa» – fossero pure «cose» importanti come il perdono o la riconciliazione – ma la sua stessa vita.”
Al momento dell'offertorio si è ripetuta la tradizione offerta dei ceri da parte di ciascun sindaco e al termine della Messa il vescovo Daniele ha benedetto con la reliquia del Santo.