TRIPLICE VITTORIA DI MACRON

Il 7 maggio 2017 – giorno dell'elezione di Emmanuel Macron come nuovo Presidente della Repubblica francese – segna un momento importante per la Francia, per l'Europa, per la democrazia.
È, in primo luogo, una vittoria della Francia su se stessa. La Francia è, oggi, un Paese minato dal pessimismo, sempre in autocritica, pronto all'autogol. Leggere la stampa francese è un esercizio scoraggiante: tutto sembra andar male, i servizi pubblici non funzionano, la sanità sarebbe devastata, a scuola non si imparerebbe nulla. Vengono sottolineate soltanto le notizie negative. Certo le difficoltà non mancano, il livello della disoccupazione è molto alto, numerose fabbriche chiudono, la miseria si vede in strada. Però basta recarsi in qualche Paese anche vicino per capire che il discorso della critica sistematica non corrisponde alla realtà.
Durante la campagna elettorale, i candidati estremisti hanno ripetuto senza sosta questi temi, raccontando una Francia perdente, che esce della storia, che ha paura di tutto e di tutti.
Invece, il 7 maggio, i francesi hanno votato, con un'ampia maggioranza, un giovane nemmeno quarantenne, il Presidente più giovane della storia della Repubblica; hanno scelto un capo che rappresenta l'audacia, la volontà, l'apertura; hanno scelto la Francia che vince, che dialoga con il mondo, che non ha paura.

Il 7 maggio è, inoltre, una vittoria dell'Europa.
Fra tutti i candidati del primo turno, Macron era il solo realmente europeista.
L'unico che esprimeva una volontà profonda di dare un nuovo slancio all'Europa comunitaria ormai impegolata in istituzioni mal pensate e frenata dal populismo e da un nuovo nazionalismo che negano i principi fondatori dell'Ue. Le critiche durissime di Macron rivolte ai governi della Polonia e dell'Ungheria, esprimono la sua preoccupazione di mantenere l'Unione europea all'interno delle intuizioni dei padri fondatori, cioè lo spirito di apertura sul mondo e la solidarietà tra le regioni e tra i popoli.
In questo senso l'elezione del 7 maggio è anche una vittoria contro il ritorno del nazionalismo, cioè l'odio per l'altro, per ogni alterità. È una buona notizia per il vivere insieme, in società ormai molto diversificate, multiculturali, multireligiose. Subito dopo l'annuncio dei risultati dell'elezione, il nuovo presidente eletto ha raggiunto la famosa corte del museo del Louvre con la piramide dell'architetto Ieoh Ming Pei, simbolo della modernità. Con grande solennità, è arrivato al suono dell'inno europeo – l'Inno alla Gioia -, composizione di Beethoven, cui è seguito l'inno francese, La Marseillaise.
La valenza simbolica è forte e annuncia la volontà di approfondire l'unità dell'Europa, di costruire politiche comuni nuove e impegnative per far vivere davvero l'Unione europea a livello mondiale.

Il 7 maggio è, infine, una vittoria della democrazia contro le ideologie estremiste, totalitarie. Al primo turno, i francesi avevano scelto principalmente – quasi la metà degli elettori – i candidati più ostili all'Europa ed estremisti. L'uno, Jean-Luc Mélenchon, è ammiratore di Chavez e della “neodemocrazia” venezuelana e delle vecchia “democrazia” cubana; l'altra, Marine Le Pen, ha rivelato chiaramente il suo volto neofascista, con vocabolario e attitudini volgari e violenti. Tutta la campagna elettorale è stata di una violenza estrema, almeno nei discorsi, con dibattiti ridotti a ingiurie contro Macron. La cui elezione mostra che, alla fine, il rispetto democratico dell'avversario vince.

Soprattutto, la vittoria di Macron è una vittoria della democrazia perché vuole rompere con l'opposizione frontale tra destra e sinistra.
Vuole costruire un nuovo metodo di governo fondato sulla necessaria cooperazione tra tutti i democratici, intende rompere le dighe che dividono da tanto tempo gli uomini di buona volontà.
Non abbiamo ancora una distanza storica sufficiente per dare un giudizio complessivo sull'elezione di Emmanuel Macron alla Presidenza della Repubblica francese. Ma, senza dubbio, tale evento ha salvato il Paese e l'Europa, dall'avventura. Dopo il Brexit e l'elezione di Trump negli Stati Uniti, numerosi osservatori avevano annunciato il peggio per l'Europa. Ma il peggio non è mai certo quando la volontà, il coraggio e l'audacia permettono di resistere e di aprire nuove strade. Dopo l'Austria e i Paesi Bassi, la Francia dice no agli estremismi, all'odio, alla chiusura delle frontiere. La data del 7 maggio è certamente già da ritenere importante nella nostra storia contemporanea.

* Jean-Dominique Durand