SONO BAMBINI! NON SCHIAVI! Questo il leit-motiv della veglia comunitaria celebrata nella chiesa dell'Istituto Buon pastore in via Carlo Urbino, questa sera, nella terza GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA E RIFLESSIONE CONTRO LA TRATTA DI PERSONE.
Numerosa la partecipazione soprattutto di religiose, dato che papa Francesco – che l'ho voluta – ha incaricato l'Unione Internazionale delle Superiore Generali e dei Superiori Generali di promuoverla, in memoria di santa Bahkita, giovane sudanese vittima della tratta che, una volta liberata, si è consacrata nelle comunità delle Madri Canossiane.
Nella veglia, presieduta da don Simone Valerani, si sono dati i numeri tragici del fenomeno della tratta.
Nel mondo ci sono 168 milioni di bambini che lavorano. Più della metà, 85 milioni, sono impiegati in lavori pericolosi.
20 milioni di bambini sono impiegati nelle industrie di abbigliamento, tappeti, giocattoli, fiammiferi e sigarette. L'agricoltura rimane di gran lunga il principale settore che impiega lavoro minorile (98 milioni, che corrisponde al 59%), il problema non è trascurabile neppure nei servizi (54 milioni) e nell'industria (12 milioni), la maggioranza senza contratto di lavoro. Molti bambini lavorano in aziende agricole che producono cacao, caffè, cotone, gomma naturale e altre coltivazioni. (ILO)
. L'Asia e il Pacifico hanno il maggior numero, con circa 78 milioni, cioè il 9,3% dei bambini lavorano. E' l'Africa Sub-sahariana che presenta la maggior incidenza di bambini lavoratori con circa 59 milioni, cioè il 21% del totale. (ILO)
. Ci sono 13 milioni di bambini lavoratori in America Latina e Caraibi. Nel Medio Oriente e Nord Africa sono 9,2 milioni. (ILO)
. Ogni anno, 22 mila bambini muoiono in incidenti lavorativi. 9% nell'industria, incluse miniere e cave, nell'industria manifatturiera ed edile. (ILO)
. Il numero dei bambini coinvolti in conflitti armati è aumentato di circa 300 mila unità negli ultimi dieci anni. L'età media dei bambini soldato è di 14 anni. Il 40% dei bambini soldato è costituito da femmine. (ILO)
. Nel mondo sono 2 milioni i bambini sfruttati nella prostituzione nel mercato globalizzato del commercio sessuale. (UNICEF)
. Ogni anno altri milioni di bambini in tutto il mondo sono similmente sfruttati sessualmente, nella prostituzione o pornografia, la maggioranza ingannati e costretti a forza a questa situazione con false promesse e poca conoscenza dei rischi. (UNICEF)
. Circa 1 su ogni 10 ragazze sotto i 20 anni, ad un certo punto della loro vita, sono obbligate ad avere relazioni sessuali o altri atti sessuali contro la loro volontà. (UNICEF)
Di seguito è stata anche letta la seguente testimonianza:
Joyce aveva solo 16 anni e proveniva da un piccolo villaggio, che aveva lasciato quando morirono il suo papà e la sua mamma e lei, con le lacrime negli occhi e nel cuore, seguì sua nonna in una zona molto più lontana, ma sempre in Nigeria.
Lei iniziò, da subito, a dare una mano a sua nonna per farla sorridere e per farle vendere le piccole cose che aveva in un minuscolo negozio, che pareva un guscio di noce; la nonna non riusciva a mandarla a scuola perché i pochi soldi che arrivavano servivano giusto per mangiare e perché il suo aiuto, al negozio, era necessario e Joyce, che avrebbe voluto tanto studiare e crescere, non smise mai, comunque, di sorridere e di lavorare.
Cucinava, lavava, faceva tutti i lavori di casa e, solo alla fine della giornata, quando tutto era buio e c'era silenzio, sognava e non sognava grandi cose, perché immaginava solo di poter studiare, di poter uscire con le amiche, di poter giocare e, alla fine, perché no, anche di potersi innamorare, trovando il tempo di amare.
Un giorno, però, si avvicinò a Joyce, una signora con due pezzi di vetro al posto degli occhi, che sorridendole e accarezzandola, le promise un buon posto di lavoro in un ristorante, in Burkina Faso; si fermò a parlare con Joyce per diverso tempo e, sentiti i suoi sogni, la convinse quando le disse che al ristorante avrebbe potuto lavorare solo la sera e che il resto del giorno l'avrebbe potuto dedicare alla scuola e allo studio.
Joyce infilò in una borsa qualche vestito, un po' di paura e della magliette di speranza e partì con la signora, ma alla nonna non disse nulla, perché era certa che lei non le avrebbe mai dato il permesso.
Il viaggio fu lungo e pericoloso, ma arrivarono in Burkina Faso e la signora portò Joyce in una piccola casa, con altre cinque ragazze; la fece riposare per due giorni, ma una notte la prese e la buttò per strada, obbligandola a prostituirsi e facendole indossare un abito stravagante e un velo di vergogna.
All'iniziò Joyce si rifiutò, lottò e smise di mangiare, ma era sola, senza un soldo, senza nessuno intorno che gli sorridesse e si arrese alla signora e al desiderio di uomini, che non si spaventavano dei suoi 16 anni; alcuni, anzi, la cercavano e la volevano e ogni rapporto con uno di loro era uno strappo della sua anima.
A volte, riprovava a ribellarsi, ma il compagno della signora, la picchiava, la violentava e la costringeva a rimettersi per strada, minacciando lei e anche la sua nonna di morte e lei, per strada, riandava piena di lividi e vuota dentro.
Dopo qualche mese di questo inferno, pur non avendo nulla in mano e pur non conoscendo la lingua del posto, Joyce decise di scappa- re, pensando che qualunque posto del mondo sarebbe stato, comunque, meglio di quello in cui era costretta a fare il non amore per soldi; mentre tutte le compagne di casa dormivano, Joyce riuscì a prendere le chiavi dalla tasca della signora, che si metteva a riposare proprio vicino alla porta, uscì correndo e in quel momento, pur essendo stanca, sporca di uomo, consumata e sola, le sembrò di volare.
Rimase per tre giorni nascosta in mezzo ad alcuni cespugli e la fame, il freddo, la compagnia di topi e il silenzio non erano nulla rispetto a quello che lei aveva già vissuto.
Iniziò a camminare per strada e incontrò uno studente, con il sole ne- gli occhi, che stava andando alla facoltà e cercò di spiegargli la sua storia.
Il giovane, all'inizio, non capì una parola, ma vide le lacrime di Joyce e le lacrime parlano tutte le lingue del mondo.
Lui non voleva perdere per nulla al mondo le lezioni troppo importanti di quella giornata e allora le diede la mano e la portò con lui a lezione; Joyce gli era seduta accanto e, pur non conoscendo né lui né nessun altro e pur non capendo una parola di quello che il professore diceva, era felice come non lo era mai stata prima di quella meravigliosa normalità: si sentiva una studentessa e sino a quel momento aveva studiato solo dolore.
Verso sera, il ragazzo la seguì con più attenzione, vide i suoi disegni e ascoltò i suoi silenzi e si rese conto che la ragazza era vittima della tratta; la portò, così, da un'assistente sociale perché la portasse in una casa di accoglienza; Joyce fu ricevuta con sorrisi e abbracci, molti dei quali regalati da ragazze che avevano sofferto come lei e Dio solo sa quanto si capisca meglio la sofferenza di qualcuno, avendo sofferto allo stesso modo.
La curarono, la fecero riposare e quando fu pronta, così pronta che sembrava un'altra Joyce, la riportarono in Nigeria insieme ad un'altra ragazza, che come lei era stata sfruttata.
Ricevette anche una somma di denaro, che le permise di aprire nel suo villaggio un piccolo negozio, dove lavora ancora; ha conosciuto un ragazzo, che senza sapere e senza chiederle niente, ha iniziato ad amarla, pur non avendola potuta sfiorare, per i primi mesi, neanche con un dito che Joyce aveva paura perfino degli aliti degli uomini.
Ora lei e lui sono amore e lei, mentre la nonna la guarda, sorridendo seduta su una poltrona di ricordi, vende prodotti per la casa, cibo e bevande e ogni sera, quando chiude il negozio, regala scatole di aghi, fili e sogni a tutte le ragazze che la vanno a trovare con le anime strappate.
La Veglia ha avuto anche un momento di speranza quando, nella preghiera dei fedeli si è affermato che dal 2000 a oggi è diminuito di un terzo il numero dei bambini lavoratori.
Cambiare è possibile!